Ricostruzione Maxillo-Facciale 3D: La Rivoluzione su Misura Dopo il Cancro
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante nel campo della chirurgia ricostruttiva, un’area dove tecnologia e medicina si incontrano per ridare letteralmente un volto e una funzione a chi ha dovuto affrontare sfide enormi. Immaginate di dover rimuovere una parte importante della mascella, magari a causa di un tumore. È un intervento chiamato maxillectomia totale, e le conseguenze possono essere pesanti: difficoltà a mangiare, a parlare, cambiamenti nell’aspetto del viso e, non da ultimo, un impatto psicologico notevole.
La Sfida della Ricostruzione
Per anni, ricostruire questi difetti è stata una delle sfide più complesse per noi chirurghi maxillo-facciali. L’obiettivo non è solo “riempire un buco”, ma ridare al paziente la possibilità di masticare, parlare chiaramente, respirare bene e, ovviamente, sentirsi a proprio agio con il proprio aspetto. Bisogna ricreare la separazione tra bocca e naso, dare supporto ai tessuti molli del viso e, se possibile, permettere l’inserimento di una protesi dentale fissa. Un compito davvero arduo, specialmente quando si tratta di riabilitazione dentale. Le tecniche tradizionali, come gli impianti dentali classici (endossei), spesso si scontrano con la mancanza di osso sufficiente, tessuti molli di scarsa qualità o la delicatezza dei lembi liberi vascolarizzati usati per la ricostruzione. Insomma, un percorso a ostacoli.
L’Innovazione: Impianti Sottoperiostei e Stampa 3D
Ma ecco che la tecnologia ci viene in soccorso! Negli ultimi anni, grazie ai progressi nella pianificazione digitale, nel design computerizzato (CAD) e nella manifattura additiva (la famosa stampa 3D), è tornato in auge un tipo di impianto che sembrava un po’ dimenticato: l’impianto sottoperiosteo. A differenza degli impianti endossei che vanno *dentro* l’osso, questi impianti sono delle strutture metalliche customizzate, fatte su misura per ogni singolo paziente, che si appoggiano *sopra* l’osso residuo, sotto il periostio (la membrana che ricopre l’osso).
Questi dispositivi, un tempo meno precisi, oggi grazie alla stampa 3D in metallo (specificamente in lega di titanio Ti6Al4V con sinterizzazione laser diretta di metallo – DMLS) offrono un adattamento perfetto, grande stabilità e ottimi risultati protesici. Sono diventati una soluzione fantastica per riabilitare intere arcate dentali, soprattutto in casi di grave atrofia ossea.
Finora, li avevamo usati principalmente nelle ricostruzioni *secondarie*, cioè tempo dopo l’intervento di rimozione del tumore, quando l’anatomia si è stabilizzata. Ma la vera frontiera, ancora poco esplorata, è usarli nella ricostruzione *primaria*, cioè nello stesso intervento in cui si rimuove il tumore. Le sfide? L’imprevedibilità anatomica intraoperatoria, i cambiamenti dei tessuti nel post-operatorio e la logistica per avere un impianto custom in tempi brevi.

Un Caso Concreto: Tecnologia e Collaborazione al Servizio del Paziente
E qui vi racconto un caso che abbiamo seguito e che illustra perfettamente questa nuova frontiera. Un uomo di 58 anni si è presentato da noi con un carcinoma squamocellulare del palato duro, piuttosto esteso. Dopo tutte le valutazioni del caso e la discussione multidisciplinare, abbiamo deciso per una maxillectomia totale con ricostruzione primaria combinando due tecniche all’avanguardia: un lembo libero osteomiocutaneo di fibula (cioè un prelievo di osso, muscolo e pelle dalla gamba, con i suoi vasi sanguigni) e, appunto, un impianto sottoperiosteo customizzato stampato in 3D.
La pianificazione è stata meticolosa, quasi fantascientifica:
- Abbiamo usato scansioni TC ad alta risoluzione del cranio e del volto per definire esattamente l’area da rimuovere e progettare l’impianto.
- Abbiamo preso impronte ottiche delle arcate dentali e fatto una ceratura diagnostica per assicurarci che l’impianto permettesse una riabilitazione protesica ideale.
- Abbiamo eseguito una TC angiografia degli arti inferiori per studiare l’anatomia vascolare del perone (fibula) e pianificare il prelievo e le osteotomie (i tagli sull’osso).
Tutti questi dati sono stati inviati a ingegneri biomedici specializzati che, usando software avanzati (come Mimics e Geomagic Freeform), hanno creato un modello 3D fedelissimo dell’anatomia del paziente e hanno progettato l’impianto su misura. Questo impianto è stato pensato per adattarsi perfettamente ai margini della resezione pianificata, con fori per le viti di fissaggio e delle “braccia” estese per gestire eventuali piccole variazioni intraoperatorie. Contemporaneamente, sono state progettate delle guide di taglio chirurgiche, anche queste stampate in 3D, per tagliare i segmenti di fibula con precisione millimetrica, in modo che si incastrassero perfettamente nell’impianto.
Dopo una revisione congiunta tra chirurghi e ingegneri, l’impianto è stato stampato in 3D in lega di titanio e trattato termicamente per migliorarne le proprietà meccaniche. Le guide di taglio e i modelli anatomici sono stati stampati in polimeri ad alte prestazioni. Incredibilmente, l’intero processo, dall’acquisizione dei dati all’impianto sterilizzato pronto per la sala operatoria, ha richiesto solo circa dieci giorni! Questo è fondamentale per poter integrare questa tecnologia nei percorsi oncologici primari, senza ritardare l’intervento.
L’Intervento e il Decorso
Durante l’intervento, dopo aver rimosso il tumore (con controllo intraoperatorio dei margini per essere sicuri di aver tolto tutto), abbiamo prelevato il lembo di fibula usando le guide di taglio customizzate. Poi abbiamo posizionato l’impianto sottoperiosteo, che ha fatto da “scheletro” stabile su cui abbiamo fissato i segmenti di fibula con delle viti, attraverso i fori previsti nel design dell’impianto stesso. Abbiamo quindi eseguito la microanastomosi, collegando i piccoli vasi sanguigni del lembo di fibula all’arteria e alla vena facciali per garantirne la sopravvivenza. La parte di tessuto molle del lembo è stata modellata per ricreare il palato e separare la cavità orale da quella nasale.

Il paziente ha poi seguito un ciclo di radioterapia adiuvante, iniziata circa sei settimane dopo l’intervento per permettere una buona guarigione iniziale. Durante la radioterapia, i monconi transmucosi dell’impianto (le parti che poi supporteranno la protesi) sono rimasti “sommersi” sotto la gengiva per evitare irritazioni. Una volta terminata la radioterapia, abbiamo scoperto i monconi e applicato una protesi provvisoria. Dopo sei mesi, con i tessuti molli ben maturi, è stata realizzata la protesi definitiva.
Risultati e Considerazioni
A due anni dall’intervento, il paziente sta bene, non ha avuto recidive del tumore e non ci sono state complicazioni legate all’impianto. Le valutazioni cliniche e radiografiche mostrano un’integrazione stabile, tessuti molli sani attorno all’impianto e una riabilitazione protesica perfettamente funzionante. La qualità della vita del paziente è migliorata significativamente.
Questo caso dimostra che è fattibile e potenzialmente vantaggioso usare questi impianti customizzati anche in una ricostruzione primaria. Quali sono i vantaggi principali rispetto agli impianti tradizionali in queste situazioni complesse?
- Non richiedono grandi volumi di osso residuo per l’osteointegrazione.
- Il design su misura garantisce un fit preciso e un posizionamento ottimale per la protesi.
- Permettono una riabilitazione funzionale più rapida.
- Evitano interventi chirurgici secondari per innesti ossei o inserimento di impianti nel lembo di fibula, cosa importante specie se serve radioterapia post-operatoria (riducendo rischi come osteoradionecrosi).
- L’integrazione primaria permette di lavorare sull’anatomia “originale” (o quasi) prima che si formino cicatrici e retrazioni, migliorando potenzialmente i risultati protesici.
- L’impianto funge da impalcatura stabile sia per l’osso ricostruito (fibula) sia per la futura protesi.

Certo, ci sono anche degli aspetti da considerare:
- Un rischio potenzialmente maggiore di peri-implantite (infiammazione attorno all’impianto) data l’interfaccia stretta con i tessuti molli.
- Possibile irritazione dei tessuti molli da parte dei componenti esposti.
- La complessità della pianificazione digitale e della fabbricazione, che richiede una stretta collaborazione tra chirurghi, ingegneri biomedici, protesisti e radiologi.
- La stabilità a lungo termine dipende dal fissaggio meccanico e non dall’osteointegrazione diretta, richiedendo un design e un posizionamento impeccabili.
Un punto chiave è la gestione della radioterapia: tenere i monconi sommersi durante il trattamento sembra una strategia efficace per ridurre le complicanze mucose.
Verso il Futuro
Questo caso, seppur singolo, si aggiunge alle evidenze crescenti sul ruolo prezioso degli impianti sottoperiostei prodotti con manifattura additiva nella ricostruzione maxillo-facciale primaria. Offrendo una piattaforma stabile e su misura sia per l’osso che per la protesi, aprono nuove strade per migliorare i risultati per i pazienti, accelerare la riabilitazione e ampliare le possibilità di trattamento in scenari oncologici complessi.
Ovviamente, servono studi più ampi e follow-up più lunghi per confermare questi risultati su larga scala e valutarne la costo-efficacia. Ma la strada intrapresa è decisamente promettente. È la dimostrazione di come l’innovazione tecnologica, guidata da un approccio multidisciplinare e centrata sul paziente, possa davvero fare la differenza.
Fonte: Springer
