Immagine artistica di un occhio umano con una retina stilizzata visibile attraverso la pupilla, con dettagli intricati degli strati retinici e un pattern a stella nella macula, illuminazione drammatica che enfatizza la struttura, obiettivo macro 85mm, profondità di campo selettiva.

Retinoschisi Foveomaculare Stellata Idiopatica: Un Viaggio Affascinante nel Cuore della Retina

Amici appassionati di scienza e misteri della vista, mettetevi comodi! Oggi vi porto con me in un viaggio un po’ particolare, alla scoperta di una condizione oculare tanto rara quanto intrigante: la retinoschisi foveomaculare stellata idiopatica non ereditaria, o per gli amici, SNIFR (dall’inglese Stellate Nonhereditary Idiopathic Foveomacular Retinoschisis). Lo so, il nome è un vero scioglilingua, ma la storia che cela è affascinante.

Immaginate la retina, quel tessuto meraviglioso in fondo al nostro occhio che cattura la luce e la trasforma in immagini. A volte, per ragioni non del tutto chiare, i suoi strati possono separarsi, un po’ come le pagine di un libro sfogliato male. Quando questa separazione avviene nella zona centrale, la macula, e più precisamente nella fovea (il punto di massima acutezza visiva), parliamo di foveoschisi o retinoschisi foveomaculare. È una condizione che può mettere a dura prova la nostra capacità di vedere i dettagli.

Cos’è esattamente la SNIFR e perché è speciale?

La SNIFR è stata “battezzata” solo di recente come entità clinica a sé stante. Prima, si tendeva a confonderla o ad associarla ad altre forme di retinoschisi, come quella congenita legata al cromosoma X (CXLR), una malattia ereditaria che colpisce quasi esclusivamente i maschi fin dalla giovane età, causando una progressiva degenerazione della vista. La CXLR è dovuta a una mutazione del gene RS1 e presenta caratteristiche ben precise, come la separazione degli strati più interni della retina.

La SNIFR, invece, come descritta inizialmente dal team di Ober, sembrava prediligere le donne, spesso miopi, manifestarsi in un solo occhio e avere un decorso generalmente benigno, con una vista che si manteneva su livelli più che accettabili (attorno ai 20/40, o 5/10 se preferite la notazione decimale). In questi casi, spesso non servono trattamenti invasivi, ma solo controlli periodici con l’OCT (Tomografia a Coerenza Ottica), uno strumento fantastico che ci permette di vedere gli strati della retina in sezione, come una torta a più piani.

Ma la medicina è un campo in continua evoluzione, e nuovi casi clinici hanno iniziato a mostrare un volto diverso della SNIFR: pazienti non miopi, con coinvolgimento di entrambi gli occhi. Ed è proprio di un caso così che voglio parlarvi oggi, un’esperienza che ci ha insegnato molto.

Il nostro caso: una sfida diagnostica e terapeutica

Qualche tempo fa, si è presentata nel nostro ambulatorio una signora di 62 anni. Lamentava una perdita progressiva della vista in entrambi gli occhi, ma la sua storia clinica era del tutto normale: niente diabete, ipertensione o familiarità per malattie oculari particolari. Non assumeva farmaci noti per causare problemi retinici, come la niacina o i taxani. All’esame, la sua acutezza visiva corretta era di 20/30 (circa 6-7/10) in entrambi gli occhi, con un lievissimo difetto di ipermetropia (+0.25 diottrie). La pressione oculare era nella norma.

Un primo ostacolo è stato rappresentato da una cataratta nucleare di secondo grado, che rendeva le immagini diagnostiche un po’ “nebbiose”, costringendoci a più tentativi per ottenere scatti di qualità accettabile. Ma non ci siamo persi d’animo!

L’esame del fondo oculare non ha rivelato anomalie del nervo ottico, come i cosiddetti “optic pits” (fossette ottiche) che a volte si associano a schisi maculari. La fluorangiografia, un esame che usa un colorante per visualizzare i vasi sanguigni della retina, ha escluso infiammazioni, uveiti o perdite di liquido dai vasi. Questo è importante, perché ci dice che l’edema (il gonfiore) che vedevamo era “silente” dal punto di vista angiografico. Anche l’elettroretinogramma (ERG), che misura la risposta elettrica della retina alla luce, è risultato sostanzialmente normale.

Oftalmologo che analizza attentamente una scansione OCT della retina su un monitor ad alta definizione, primo piano sul monitor che mostra strati retinici con cisti e separazioni, luce soffusa da studio medico, obiettivo macro 60mm, alta definizione, messa a fuoco precisa, dettagli degli strati retinici ben visibili.

Per escludere la CXLR, abbiamo effettuato il test genetico per le mutazioni del gene RS1, che è risultato negativo. Certo, un pannello genetico più ampio sarebbe stato utile per escludere altre distrofie maculari ereditarie, ma i costi elevati e la mancanza di copertura assicurativa, uniti alla riluttanza della paziente a sostenere ulteriori spese, ci hanno limitato a questa analisi specifica – una limitazione che riconosciamo nel nostro approccio diagnostico.

L’OCT e l’OCT-A: finestre sulla retina

L’esame chiave, l’OCT, ha rivelato la presenza di una schisi intraretinica, cioè una separazione degli strati, a livello dello strato delle fibre di Henle, in entrambi gli occhi. Non c’erano segni di trazione vitreomaculare (quando il vitreo “tira” sulla macula) o di membrane epiretiniche (sottili pellicole che si formano sulla retina). L’OCT Angiografia (OCT-A), una tecnica ancora più sofisticata che permette di vedere il flusso sanguigno nei capillari retinici senza bisogno di colorante, ha mostrato un’assenza di segnale di flusso all’interno degli spazi cistici creati dalla schisi. Questo dato è molto simile a quanto osservato in altri studi sulla SNIFR e la differenzia dalla CXLR, dove invece si possono vedere dei “ponti” vascolari all’interno delle aree di schisi.

Un percorso terapeutico senza risposte

Dopo aver discusso con la paziente le limitate probabilità di miglioramento visivo, abbiamo iniziato un trattamento con dorzolamide in collirio, un farmaco che a volte può aiutare a ridurre il fluido intraretinico. Purtroppo, dopo 9 mesi, le alterazioni cistiche erano ancora lì, immutate. Abbiamo quindi tentato con l’acetazolamide per via orale (il famoso Diamox), un altro farmaco della stessa famiglia, per ulteriori 5 mesi. Ma anche in questo caso, la foveoschisi non ha mostrato segni di miglioramento. All’ultimo controllo, dopo 14 mesi, l’acuità visiva della paziente era scesa a 20/40 (circa 5/10) nell’occhio destro, principalmente a causa della progressione della cataratta, e si manteneva a 20/30 nell’occhio sinistro.

Cosa ci insegna questo caso?

La SNIFR, come abbiamo visto, è una diagnosi “di esclusione”. Bisogna prima escludere tutte le altre possibili cause di retinoschisi maculare: la CXLR, la schisi miopica (ma la nostra paziente era ipermetrope, seppur minimamente), la maculopatia da fossetta del disco ottico, la retinoschisi maculare glaucomatosa, la trazione vitreomaculare e le vecchie occlusioni vascolari. Nel nostro caso, l’esame clinico, l’OCT, la fluorangiografia, l’ERG e il test genetico per RS1 ci hanno permesso di escludere queste condizioni.

Questo caso conferma che la SNIFR può presentarsi in forma bilaterale anche in donne non miopi, un po’ in controtendenza rispetto alle prime descrizioni. E, cosa importante, ci ricorda che gli inibitori dell’anidrasi carbonica (come dorzolamide e acetazolamide), pur essendo una delle poche opzioni terapeutiche tentate, possono non sortire l’effetto sperato. La letteratura scientifica, infatti, riporta risultati contrastanti: alcuni casi di risoluzione completa, ma molti altri, come il nostro, in cui non si osserva un cambiamento significativo.

Altre terapie, come le iniezioni anti-VEGF (farmaci che bloccano la crescita di nuovi vasi sanguigni anomali) o la vitrectomia (un intervento chirurgico per rimuovere il corpo vitreo) con peeling della membrana limitante interna, non hanno dimostrato chiari benefici nella SNIFR non trazionale e, quindi, non sono raccomandate. Fortunatamente, l’intervento di cataratta (facoemulsificazione) sembra essere sicuro e non peggiora la schisi, stando ai casi riportati.

Primo piano di un occhio umano femminile con iride chiara, riflessi di luce sulla cornea, sullo sfondo sfocato si intravede un pattern stellato che simboleggia la retinoschisi foveomaculare, obiettivo macro 100mm, illuminazione controllata, alta definizione, con un leggero effetto bokeh.

In generale, la SNIFR tende ad avere un decorso benigno e autolimitante. Per questo, di solito, è sufficiente una visita di controllo annuale. Certo, ogni caso è una storia a sé, e la ricerca continua a fare passi da gigante per svelare i meccanismi alla base di queste condizioni e, speriamo, trovare terapie sempre più efficaci.

Spero che questo tuffo nel mondo della SNIFR vi sia piaciuto e vi abbia fatto apprezzare ancora di più la complessità e la meraviglia dei nostri occhi. Alla prossima avventura scientifica!

Fonte: Springer

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