Immagine fotorealistica di un endoscopio avanzato all'interno dello stomaco, che illumina un piccolo tumore neuroendocrino (G-NET) sulla mucosa gastrica. La visuale è chiara, con dettagli della superficie del tumore e della mucosa circostante. Prime lens 35mm, depth of field, illuminazione medica brillante e focalizzata.

Tumori Neuroendocrini Gastrici: E Se l’Endoscopia Fosse la Chiave (Anche per Quelli Più Grandicelli)?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che, da appassionato del mondo medico e delle sue evoluzioni, mi affascina parecchio: i tumori neuroendocrini gastrici, o G-NET, come li chiamano gli addetti ai lavori. Magari ne avete sentito parlare, magari no, ma sappiate che la loro diagnosi è in aumento, un po’ perché siamo diventati più bravi a cercarli con gli esami endoscopici, un po’ perché questi esami si fanno sempre più spesso. E meno male, direi, perché una diagnosi precoce fa sempre la differenza!

Ora, cosa sono esattamente questi G-NET? Immaginate delle cellule specializzate nella mucosa del nostro stomaco, chiamate cellule enterocromaffini-simili. Ecco, i G-NET nascono proprio da lì. Un tempo li chiamavano “carcinoidi”, un termine che suonava un po’ meno preoccupante, ma oggi la comunità scientifica è concorde: tutti i G-NET vanno considerati tumori maligni, indipendentemente dalla loro dimensione. Certo, non tutti si comportano allo stesso modo, ma la prudenza non è mai troppa.

La cosa un po’ subdola dei G-NET è che spesso non danno sintomi specifici, o almeno non subito. Niente campanelli d’allarme eclatanti, niente sindrome da carcinoide (quella classica con vampate e diarrea, per intenderci) nella maggior parte dei casi. Risultato? Spesso vengono scoperti “per caso”, durante una gastroscopia fatta per altri motivi. E qui entra in gioco il tema di oggi.

La Grande Domanda: Endoscopia Sì o Endoscopia No?

Tradizionalmente, le linee guida dicono: se il G-NET è piccolo, sotto i 10 mm, via libera alla resezione endoscopica. Cioè, lo togliamo direttamente durante la gastroscopia, senza bisogno di bisturi e chirurgia tradizionale. Ma che succede se il tumore è un po’ più grande? Qui la faccenda si complica e, vi dirò, c’è ancora un bel dibattito aperto.

Ecco perché mi ha colpito uno studio retrospettivo, condotto in un singolo centro di riferimento, che ha voluto vederci chiaro sulla fattibilità della resezione endoscopica diagnostica per i G-NET di grado 1 o 2 (cioè quelli meno aggressivi). Hanno analizzato i dati di 31 pazienti, diagnosticati tra il 2009 e il 2023. Pensate, il follow-up medio è stato di quasi 39 mesi, quindi un bel po’ di tempo per osservare cosa succedeva.

I risultati? Davvero interessanti! La dimensione media dei G-NET era di 4.9 mm, e la stragrande maggioranza (l’87.1%) era sotto i 10 mm. Ma attenzione, il diametro massimo riscontrato e trattato endoscopicamente arrivava fino a 16 mm! La maggior parte erano tumori di grado 1. E la notizia bomba: nessuno dei pazienti arruolati ha mostrato metastasi ai linfonodi o recidive locali. Nemmeno quei casi (il 19.4%) in cui la resezione non era stata “pulitissima” ai margini (la cosiddetta resezione R1) hanno avuto problemi di metastasi durante il follow-up, e questo senza bisogno di ulteriori interventi chirurgici! Le recidive o i G-NET multipli sono stati osservati solo in pazienti con NET di tipo 1, che hanno questa tendenza.

Le tecniche più “avanzate” di resezione endoscopica, come la resezione mucosa endoscopica modificata (EMR) e la dissezione sottomucosa endoscopica (ESD), hanno mostrato un tasso di resezione completa del 100%. Insomma, dopo la resezione, questi G-NET di grado 1 o 2 non hanno dato segni di diffusione ai linfonodi o metastasi a distanza. Questo studio suggerisce che per i G-NET fino a 16 mm, la resezione endoscopica diagnostica non solo è fattibile, ma potrebbe addirittura essere un trattamento definitivo. Mica male, eh?

Capire i G-NET: Una Questione di Tipo e Grado

Per addentrarci un po’ di più, è utile sapere che i G-NET non sono tutti uguali. Vengono classificati clinicamente in tre tipi:

  • Tipo 1: Associato a gastrite atrofica e livelli elevati di gastrina. Solitamente sono piccoli (<10 mm), multipli e hanno una prognosi eccellente. Hanno però un'alta tendenza a ripresentarsi.
  • Tipo 2: Associato a gastrinoma (sindrome di Zollinger-Ellison) o a neoplasie endocrine multiple di tipo 1 (MEN-1), sempre con gastrina alta.
  • Tipo 3: È una forma sporadica, non legata a gastrina alta o atrofia. Questi tendono ad essere più aggressivi, con un tasso di metastasi più alto (circa il 50%) e una sopravvivenza a 5 anni inferiore. Per questi, specialmente se grandi (>10-20 mm) o con caratteristiche “brutte” (ulcerazioni, invasione), si considera spesso la chirurgia radicale.

Lo studio di cui parliamo si è concentrato sui G-NET di grado 1 e 2, che sono quelli a crescita più lenta e meno propensi a dare metastasi. La decisione su come trattarli dipende da tanti fattori: il tipo, il diametro, l’aspetto endoscopico, il grado patologico, l’invasione linfovascolare e la profondità dell’invasione. Un bel puzzle!

Macro fotografia di un endoscopio flessibile con la punta illuminata che si avvicina a una piccola lesione rossastra sulla parete interna dello stomaco, 60mm macro lens, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare la texture della mucosa gastrica.

Il primo passo è sempre misurare i livelli di gastrina nel siero. Se sono alti, si pensa ai tipi 1 e 2. Se sono normali, al tipo 3. Per i G-NET di tipo 1 < 20 mm, di grado 1 o 2 e senza metastasi linfonodali, la resezione endoscopica è la prima scelta. Ma, come dicevo, per quelli tra i 10 e i 20 mm c'è ancora discussione.

L’Endoscopia Diagnostica: Un’Arma a Doppio Taglio (Positivo!)

I progressi nelle tecniche di resezione endoscopica sono stati enormi. Oggi riusciamo a togliere tumori gastrici, anche sottomucosi, in un unico pezzo (“en-bloc”), indipendentemente dalle dimensioni. Il vero nodo cruciale, però, è lo stato dei linfonodi. Né la TAC addominale né l’ecoendoscopia (EUS) riescono a prevederlo con certezza assoluta. Ci si basa quindi sui fattori di rischio. Alcuni, come dimensione del tumore e ulcerazioni, li vediamo con l’endoscopia. Altri, come il grado e l’invasione linfovascolare, li scopriamo solo dopo aver tolto e analizzato il pezzo.

Pensateci: la chirurgia tradizionale per i G-NET comporta più complicazioni e una qualità di vita inferiore rispetto alla resezione endoscopica. E se dopo un intervento chirurgico localizzato si scopre che il tumore aveva fattori di rischio patologici per metastasi, un secondo intervento per togliere i linfonodi può essere complicato. Invece, la resezione endoscopica, come dimostrano studi recenti, ha un rischio di complicanze procedurali più basso.

Lo studio coreano ha proprio voluto valutare se questa “resezione endoscopica diagnostica” fosse una strada percorribile per i G-NET di grado 1-2, specialmente per quelli tra 10 e 20 mm. E i risultati, come abbiamo visto, sono incoraggianti. Anche nei casi di tumori più grandi (fino a 11 mm con ulcerazione o addirittura 19 mm con erosione superficiale, poi risultati essere di 11 mm G2), la chirurgia successiva con asportazione dei linfonodi non ha trovato metastasi. Un paziente con un G-NET di 16 mm con invasione linfovascolare, tolto con EMR e poi operato, non aveva metastasi linfonodali.

Le Tecniche Endoscopiche: Un Arsenale di Precisione

Nello studio sono state usate diverse tecniche endoscopiche, scelte in base alle caratteristiche del tumore e all’esperienza dell’endoscopista (che, vi assicuro, deve essere tanta!):

  • EMR convenzionale (Resezione Mucosa Endoscopica): La più “semplice”, si inietta una soluzione sotto la lesione per sollevarla e poi la si taglia con un’ansa diatermica.
  • EMR modificata:
    • EMR dopo pre-taglio (precutting EMR): Si incide la mucosa attorno alla lesione prima di usare l’ansa.
    • EMR assistita da legatura elastica (band ligation-assisted EMR): Si “aspira” la lesione in un cappuccio, si piazza un elastico alla base e si taglia sotto l’elastico.
    • EMR assistita da cappuccio (cap-assisted EMR): Simile alla precedente, ma si usa un cappuccio per migliorare l’aspirazione e il taglio.
    • EMR sott’acqua (underwater EMR): Si riempie lo stomaco d’acqua, che fa “galleggiare” la mucosa e facilita la presa con l’ansa senza iniezione sottomucosa.
  • ESD (Dissezione Sottomucosa Endoscopica): La tecnica più complessa e precisa. Permette di “scollare” la lesione strato per strato, garantendo margini più ampi e puliti, ideale per lesioni più grandi o difficili.

È emerso che le tecniche di EMR modificata e l’ESD hanno garantito una resezione completa (R0) nel 100% dei casi trattati con queste metodiche. Questo è fondamentale, perché una resezione R0 significa che il tumore è stato tolto completamente, con margini liberi da malattia. Se l’esame istologico del pezzo tolto conferma che è un G-NET di grado 1 o 2, confinato nella sottomucosa e senza invasione linfovascolare, allora la resezione endoscopica può essere considerata curativa.

Immagine fotorealistica di un campione istologico di tumore neuroendocrino gastrico al microscopio, con cellule colorate in duotono viola e rosa per evidenziare il Ki-67, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione precisa per dettagli cellulari.

Se invece l’esame rivela fattori di rischio (resezione incompleta R2, invasione della tonaca muscolare propria, grado 3), allora è necessario un intervento chirurgico aggiuntivo. Questo approccio “a gradini” mi sembra molto ragionevole, specialmente per i G-NET di tipo 3, perché evita sovra-trattamenti chirurgici che possono impattare sulla qualità di vita del paziente.

Biopsia e Gestione Post-Resezione: Punti Chiave

Un aspetto cruciale è la biopsia endoscopica. Per i G-NET, che spesso si trovano nella mucosa profonda o sottomucosa, ottenere un campione adeguato per la diagnosi e il grading può essere una sfida. Sorprendentemente, nello studio in questione, la biopsia con pinza è stata diagnostica nel 93.5% dei casi! Questo è un dato ottimo, considerando che per altri tumori sottomucosi la resa è molto più bassa. Se si sospetta un NET, bisogna essere meticolosi e, se si vedono lesioni polipoidi iperplastiche multiple, fare più biopsie.

E cosa succede se la resezione endoscopica è R1 (margini microscopicamente positivi)? Se non c’è tessuto tumorale residuo visibile, spesso si opta per un follow-up stretto. Nello studio, i pazienti con resezione R1 (sia tipo 1 che tipo 3) non hanno avuto problemi durante il follow-up. Questo suggerisce che le indicazioni chirurgiche potrebbero essere limitate ai casi con residuo tumorale visibile (R2), invasione muscolare, sospetto di metastasi linfonodali alla TAC o EUS, dimensioni > 16 mm, grado 3 o invasione linfovascolare confermata dopo resezione endoscopica.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti: è retrospettivo, condotto in un singolo centro (quindi con potenziale bias di selezione), il numero di casi è piccolo (31 pazienti) e la durata del follow-up variava. Inoltre, i dati sono relativi alla popolazione coreana, e potrebbero esserci differenze etniche. La bassa incidenza di metastasi linfonodali o invasione linfovascolare non ha permesso analisi statistiche più complesse.

Nonostante ciò, i risultati sono una boccata d’aria fresca! Dimostrano che i pazienti con G-NET di grado 1-2 fino a 16 mm hanno avuto esiti clinici favorevoli. Anche una resezione R1 incompleta non sembra aver impattato significativamente. L’approccio graduale – EMR convenzionale, EMR modificata, ESD e, se necessario, chirurgia – sembra giustificato, bilanciando il rischio di metastasi con quello delle complicanze procedurali.

Per pazienti anziani o con altre malattie importanti, per i quali la chirurgia sarebbe un rischio troppo grande, la resezione endoscopica diagnostica per G-NET di grado 1 o 2 fino a 16 mm diventa un’opzione ancora più preziosa. Certo, le linee guida attuali raccomandano l’endoscopia per G-NET < 10 mm e la considerano per quelli tra 10 e 20 mm. Questo studio porta un mattoncino in più, suggerendo che fino a 16 mm si può stare ragionevolmente tranquilli con l'approccio endoscopico diagnostico/terapeutico.

La strada è ancora lunga e servono studi prospettici multicentrici per confermare questi dati su larga scala. Ma una cosa è certa: l’endoscopia sta giocando un ruolo sempre più da protagonista nella gestione di questi tumori, offrendo soluzioni meno invasive e, come sembra, altrettanto efficaci in casi selezionati. E questo, per noi pazienti, è sempre una splendida notizia!

Fonte: Springer

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