Visualizzazione microscopica ad alta definizione di cellule di melanoma maligno anorettale, obiettivo macro 100mm, con dettagli precisi sulle cellule atipiche pigmentate e non pigmentate, illuminazione controllata per evidenziare la morfologia nucleare e citoplasmatica.

Melanoma Anorettale: L’Incredibile Ritorno Dopo 12 Anni di Silenzio

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una storia medica davvero particolare, una di quelle che ci ricorda quanto il nostro corpo e le malattie possano essere imprevedibili. Ci siamo trovati di fronte a un caso che ha dell’incredibile: una recidiva di melanoma maligno anorettale (AMM) ben 12 anni dopo l’intervento chirurgico iniziale. Sembra quasi fantascienza, vero? Eppure è successo.

Cos’è il Melanoma Maligno Anorettale (AMM)? Una Bestia Rara e Aggressiva

Prima di tuffarci nel caso specifico, facciamo un passo indietro. Il melanoma maligno anorettale, o AMM, è una forma di cancro piuttosto rara. Pensate che rappresenta meno dell’1% di tutti i melanomi maligni. Purtroppo, oltre ad essere raro, è anche parecchio aggressivo: la sopravvivenza a 5 anni si aggira intorno a un misero 19.2%. Non proprio incoraggiante, diciamocelo.

La diagnosi non è semplice perché i sintomi iniziali – sanguinamento anale, presenza di una massa, alterazioni dell’alvo, dolore – sono poco specifici e possono essere confusi con disturbi più comuni. Questo spesso ritarda la diagnosi e, di conseguenza, l’inizio del trattamento, che è principalmente chirurgico. A volte si associa anche la dissezione dei linfonodi.

Le opzioni chirurgiche principali sono due:

  • Resezione addomino-perineale (APR): Un intervento radicale che rimuove colon distale, retto e sfintere anale, portando a una colostomia permanente.
  • Escissione locale: Un approccio più conservativo.

Nel nostro caso, però, è stata eseguita una resezione intersfinterica (ISR), un intervento meno comune che mira a preservare lo sfintere anale esterno e, quindi, la funzione defecatoria. Una scelta importante per la qualità di vita del paziente.

La Storia della Paziente: 12 Anni di Tranquillità Apparente

La protagonista di questa vicenda è una donna di 80 anni. Dodici anni fa, le fu diagnosticato un AMM primario nel basso retto. La lesione, di circa 20×13 mm, era localizzata a 4 cm dal margine anale e presentava una depressione centrale nerastra, ben visibile in endoscopia. Gli esami strumentali (clisma opaco, TC, PET, RMN) confermarono la presenza della lesione senza evidenza di invasione dei tessuti circostanti o linfonodi ingrossati, ma con un accumulo significativo alla PET (SUV max 6.4-8.6).

L’esame istopatologico e l’immunoistochimica (positività per S-100, CD57, Melan A) confermarono la diagnosi di melanoma maligno anorettale. Nonostante fosse stata inizialmente proposta una resezione addomino-perineale (APR), la paziente rifiutò l’idea della colostomia permanente. Optammo quindi per una resezione intersfinterica (ISR) laparoscopica con dissezione bilaterale dei linfonodi laterali. L’esame patologico del pezzo operatorio classificò il tumore come pT1, pN1a, M0, pStage IIIA (secondo l’ottava edizione UICC), con margini di resezione negativi. Le analisi immunoistochimiche sul pezzo confermarono la diagnosi (positività per HMB-45, S-100, CD57, Melan A).

Dopo l’intervento, la paziente seguì un percorso terapeutico adiuvante piuttosto intenso: cinque cicli di chemioterapia combinata (dacarbazina, nimustina, vincristina, interferone-beta) e somministrazioni locali di interferone-beta nella zona perianale per ben cinque anni, con frequenza decrescente. Il follow-up prevedeva TC ogni sei mesi ed endoscopie del basso tratto gastrointestinale ogni due anni. L’ultima endoscopia risaliva a quattro anni prima della ricomparsa del problema.

Immagine macro ad alta definizione di cellule di melanoma anorettale visualizzate al microscopio, illuminazione controllata, obiettivo macro 100mm, focus preciso sui dettagli cellulari atipici e sulla pigmentazione melaninica sparsa.

Il Fulmine a Ciel Sereno: La Recidiva Tardiva

E qui arriva la parte sorprendente. Dodici anni dopo il primo intervento, la paziente si ripresenta nel nostro ospedale. Il motivo? Un fastidio nella regione anorettale. All’esame fisico, notiamo una massa emorragica che protrude dall’ano. I marcatori tumorali erano tutti nella norma.

L’endoscopia del basso tratto gastrointestinale rivela una lesione nera ed elevata proprio sul sito dell’anastomosi, sopra il margine anale. Anche il clisma opaco conferma una lesione rilevata di circa 2 cm. La TC mostra un’area iperassorbente nel sito anastomotico e linfonodi ingrossati nelle vicinanze. La RMN evidenzia una lesione circonferenziale nel canale anale con segnale iperintenso in T2 e un linfonodo ingrossato vicino. La PET fa il resto, mostrando un accumulo anomalo intenso (SUV max 15.3) nella lesione anastomotica e linfonodi pararettali con accumulo più lieve.

La biopsia endoscopica non lascia dubbi: cellule atipiche con alto rapporto nucleo-citoplasma, nucleoli evidenti e depositi di melanina. L’immunoistochimica è positiva per Melan A e parzialmente per HMB-45. Diagnosi: recidiva locale di melanoma maligno anorettale. Una vera doccia fredda dopo così tanto tempo.

Nuovo Intervento, Nuove Scoperte

A questo punto, l’unica opzione era un nuovo intervento chirurgico, questa volta una resezione addomino-perineale (APR) laparoscopica. Durante l’operazione, fortunatamente, non abbiamo trovato metastasi epatiche o disseminazione peritoneale. Abbiamo rimosso il sito anastomotico e il retto residuo.

L’esame macroscopico del pezzo asportato ha rivelato due lesioni elevate: una melanotica (scura) di 15×10 mm e una non melanotica (biancastra) di 30×20 mm. L’esame istopatologico ha confermato la presenza di cellule maligne in entrambe le lesioni, con caratteristiche tipiche del melanoma. La lesione melanotica presentava depositi di melanina sparsi, mentre quella non melanotica era composta prevalentemente da cellule fusiformi atipiche senza melanina evidente. L’immunoistochimica (Melan A positivo, HMB-45 parzialmente positivo) ha confermato la natura melanomatosa di entrambe. La stadiazione patologica è risultata pT2, pN1a, M0, pStage IIIA (UICC 8th edition).

Abbiamo anche eseguito test genetici sui campioni del primo e del secondo intervento. In entrambi i casi, la ricerca della mutazione BRAF V600E/K è risultata negativa. Questo è interessante, perché nei melanomi cutanei questa mutazione è presente nel 40-50% dei casi, mentre nell’AMM sembra essere molto meno frequente (intorno al 7-10% secondo alcuni studi). Non è ancora chiaro se l’assenza di questa mutazione nell’AMM abbia un significato prognostico specifico, dato che l’AMM è già di per sé una malattia a prognosi infausta.

Fotografia di una sala operatoria durante un intervento di resezione addomino-perineale laparoscopica, vista grandangolare 24mm, profondità di campo che mostra il team chirurgico concentrato e le apparecchiature avanzate, atmosfera clinica ma carica di tensione.

Riflessioni su un Caso Fuori dal Comune

Questo caso ci pone davanti a diverse domande. Innanzitutto, la rarità estrema di una recidiva così tardiva. Solitamente, l’AMM recidiva entro il primo anno dall’intervento (mediana 9 mesi). Recidive dopo 10 anni sono eccezionali, quasi inesistenti in letteratura per l’AMM, a differenza del melanoma cutaneo dove, seppur rare (circa 6.4%), sono documentate. I fattori che predispongono a recidive tardive nel melanoma cutaneo (giovane età, sesso femminile, linfonodi negativi, tumore sottile, diagnosi precoce) potrebbero forse applicarsi anche all’AMM, ma servono più dati.

Un’altra domanda è: si tratta di una vera recidiva da lesioni microscopiche residue (“satellite”) lasciate dal primo intervento, o di una lesione *de novo*, un nuovo melanoma insorto nella stessa area? L’istologia simile tra la lesione iniziale e la parte melanotica della recidiva farebbe pensare alla prima ipotesi, ma la presenza della lesione non melanotica e il lungo intervallo di tempo rendono plausibile anche la seconda. Difficile dirlo con certezza.

È possibile che la scelta iniziale della resezione intersfinterica (ISR), che preserva il canale anale (sito preferenziale per l’AMM), abbia contribuito a questa recidiva tardiva? È un’ipotesi da considerare. L’escissione locale ha tassi di recidiva locale significativamente più alti rispetto all’APR (57.7% vs 21.6%).

Cosa Impariamo da Questa Storia?

La lezione più importante che portiamo a casa da questo caso è la necessità assoluta di un follow-up a lungo termine, anzi, lunghissimo, per i pazienti operati per AMM, specialmente se si è optato per interventi chirurgici che preservano l’ano (come l’ISR). Anche dopo molti anni di apparente guarigione, il rischio di recidiva locale non può essere escluso.

Attualmente, quattro mesi dopo il secondo intervento, la paziente sta ricevendo immunoterapia con nivolumab e non mostra segni di recidiva. Incrociamo le dita per lei.

Questo caso sottolinea l’importanza della vigilanza continua e della ricerca per comprendere meglio i meccanismi delle recidive tardive e per definire protocolli di follow-up ottimali per questa malattia rara e insidiosa.

Ritratto di un medico oncologo che esamina attentamente una scansione PET/CT su un monitor ad alta risoluzione, obiettivo prime 35mm, duotono blu e grigio che enfatizza la serietà e la concentrazione, profondità di campo che sfoca lo sfondo dello studio medico.

Fonte: Springer

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