Ritratto fotografico, obiettivo 35mm, di una donna di mezza età dall'espressione pensierosa ma serena, che guarda fuori da una finestra. Luce naturale morbida, leggero effetto duotone blu e grigio, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo, simboleggiando la riflessione sulla gestione a lungo termine di una condizione cronica come l'epilessia e la comparsa inaspettata di effetti collaterali.

Epilessia: Quando la Cura Nasconde un’Insidia Tardiva (Valproato e Lamotrigina)

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di affascinante e un po’ sorprendente nel mondo della neurologia, in particolare nel trattamento dell’epilessia. Sapete, l’epilessia è una condizione neurologica che colpisce milioni di persone, anche qui in Italia e, ovviamente, in Cina, dove si stima ci siano circa 9,6 milioni di pazienti e 40.000 nuovi casi ogni anno.

La Terapia Combinata: Un’Arma a Doppio Taglio?

Per gestire le crisi epilettiche, spesso si usano farmaci specifici. Due tra i più comuni, anche per la loro efficacia e costo contenuto, soprattutto nella popolazione cinese, sono il valproato (VPA) e la lamotrigina (LTG). Sono considerati farmaci ad ampio spettro e la loro combinazione è spesso vincente nel ridurre la frequenza delle crisi, con effetti collaterali relativamente contenuti. Sembrerebbe la coppia perfetta, no?

Beh, quasi. C’è un dettaglio importante: la lamotrigina viene metabolizzata principalmente nel fegato. Il valproato, però, agisce come un “freno” per alcuni enzimi epatici. Questo significa che può rallentare il metabolismo della lamotrigina, facendola rimanere nel corpo più a lungo e aumentandone potenzialmente la concentrazione nel sangue. E quando la concentrazione sale troppo, possono comparire effetti indesiderati.

Di solito, questi effetti collaterali – come eruzioni cutanee, sonnolenza, mal di testa, vertigini – si manifestano all’inizio della terapia o quando si aumenta la dose. È un fenomeno abbastanza noto e monitorato dai medici. Ma cosa succede se gli effetti collaterali si presentano molto più tardi, quando ormai si pensa che la terapia sia stabile e ben tollerata?

Il Caso Che Ha Sorpreso Tutti

Ed è proprio qui che entra in gioco un caso clinico interessante, che ci fa riflettere. Parliamo di una donna di 54 anni, con una storia di epilessia generalizzata da ben 30 anni. Dopo vari tentativi con altri farmaci usati in modo irregolare e con scarso successo (aveva ancora una crisi al mese), nell’ultimo anno era passata a una combinazione stabile di valproato sodico (1000 mg al giorno) e lamotrigina (200 mg al giorno). E finalmente, niente più crisi! Un successo, direte voi.

E lo era, fino a cinque mesi dopo l’ultimo aggiustamento della terapia. Improvvisamente, la paziente ha iniziato a manifestare sintomi strani circa un’ora dopo aver preso i farmaci: vertigini, andatura incerta (quella che i medici chiamano atassia) e tremori posturali (cioè tremori che compaiono mantenendo una posizione). Questi sintomi duravano circa sei ore e poi sparivano, ma col tempo peggioravano, arrivando a limitare seriamente la sua vita quotidiana.

Immagine macro di due tipi diversi di pillole antiepilettiche, una bianca (rappresentante il valproato) e una gialla (rappresentante la lamotrigina), su una superficie neutra e pulita. Illuminazione controllata da studio, alta definizione dei dettagli, obiettivo macro 100mm, per evidenziare la texture delle pillole e simboleggiare la terapia farmacologica combinata.

Indagini e Diagnosi: Il Colpevole Nascosto

Al momento del ricovero, i suoi parametri vitali erano normali. L’esame neurologico, però, ha rivelato qualche problema: memoria e capacità di calcolo ridotte, nistagmo verticale (movimenti involontari degli occhi verso il basso), tremore posturale e imprecisione nei test di coordinazione (atassia). Altri esami, come la risonanza magnetica cerebrale e gli esami del sangue di routine, erano normali. L’elettroencefalogramma mostrava delle anomalie diffuse, ma non scariche epilettiformi tipiche delle crisi.

Escluse altre malattie che potessero causare atassia cerebellare, l’attenzione si è concentrata sui farmaci, data la stretta correlazione temporale tra l’assunzione e la comparsa dei sintomi. E qui arriva la chiave: il monitoraggio delle concentrazioni dei farmaci nel sangue.

I risultati sono stati illuminanti:

  • I livelli di valproato erano nel range terapeutico (tra 50 e 100 μg/mL).
  • I livelli di lamotrigina, invece, erano superiori al range terapeutico (che è 3-14 μg/mL), sia al picco (18.67 μg/mL) che alla valle (14.93 μg/mL).

Bingo! Era la lamotrigina la probabile responsabile, nonostante il dosaggio fosse considerato standard per la terapia combinata. L’interazione con il valproato aveva portato a un accumulo tardivo.

La Soluzione? Semplice ed Efficace

La strategia è stata logica: ridurre leggermente la dose di lamotrigina da 200 mg a 150 mg al giorno, mantenendo invariato il valproato. Ebbene, nel giro di una settimana, i sintomi sono scomparsi! E, cosa fondamentale, non si sono ripresentate crisi epilettiche.

Un nuovo controllo dei livelli ematici ha confermato l’ipotesi: ora anche i livelli di lamotrigina erano rientrati nel range terapeutico (picco 13.54 μg/mL, valle 12.19 μg/mL). A tre mesi di distanza, la paziente stava bene, era autonoma e continuava a non avere crisi.

Fotografia in stile documentaristico, obiettivo 35mm, che mostra un medico dall'aspetto premuroso mentre esamina attentamente i risultati di un esame del sangue su un tablet, con grafici di concentrazioni farmacologiche visibili sullo schermo. Luce soffusa da una finestra laterale, profondità di campo ridotta per focalizzare l'attenzione sul medico e sul tablet, simboleggiando l'importanza del monitoraggio.

Perché Accade? E Cosa Impariamo?

La lamotrigina agisce sui canali del sodio nelle cellule nervose, aiutando a calmare l’iperattività cerebrale che causa le crisi. Come detto, il valproato ne rallenta l’eliminazione. Questo effetto è noto, tanto che di solito si raccomanda di usare dosi di lamotrigina più basse (circa il 50% in meno) quando la si associa al valproato.

Tuttavia, la maggior parte degli effetti collaterali noti, come abbiamo visto, compare presto. Casi di reazioni avverse tardive, come quella descritta, sono rari ma esistono. Uno studio precedente (Thome-Souza et al.) aveva riportato casi simili, con sintomi che comparivano da 9 mesi fino a 2 anni dopo l’ultimo aggiustamento della dose, includendo atassia, vertigini, ma anche tic e problemi nei movimenti oculari. Anche in quei casi, una piccola riduzione della lamotrigina era stata risolutiva.

Questo caso specifico, però, è interessante perché documentato nella popolazione cinese, dove forse non era stato segnalato prima, suggerendo possibili differenze legate all’etnia che meritano ulteriori studi.

Il meccanismo esatto dietro questi sintomi tardivi (soprattutto tremori e atassia) non è chiarissimo. Si ipotizza un coinvolgimento nella modulazione della dopamina (un neurotrasmettitore importante per il movimento) o un’azione sulle vie nervose del cervelletto, l’area del cervello cruciale per la coordinazione. Addirittura, uno studio suggerisce che l’uso a lungo termine di lamotrigina potrebbe essere associato a una riduzione del volume del cervelletto.

Il Messaggio Chiave

Cosa ci insegna questa storia? Che anche quando una terapia combinata come valproato e lamotrigina sembra funzionare perfettamente e stabilmente da mesi, non bisogna abbassare la guardia. Le reazioni avverse possono manifestarsi anche molto tempo dopo l’inizio o l’ultimo aggiustamento.

Questo sottolinea l’importanza fondamentale del monitoraggio periodico delle concentrazioni dei farmaci nel sangue. Non è solo utile all’inizio, ma anche nel lungo termine. Permette di individuare precocemente potenziali accumuli tossici prima che causino problemi seri e di personalizzare la terapia in modo ancora più fine, garantendo che i livelli rimangano efficaci ma sicuri.

Quindi, un appello ai medici e, perché no, anche ai pazienti e ai loro familiari: massima attenzione anche nelle terapie consolidate. A volte, una piccola modifica, guidata da un semplice esame del sangue, può fare una grande differenza nella qualità della vita, senza compromettere il controllo delle crisi epilettiche.

Fonte: Springer

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