Realtà Virtuale in Sala Operatoria: Meglio un Libro 3D o un’Immersione Totale per i Nostri Specializzandi?
Amici della scienza e dell’innovazione, oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della formazione medica, un campo dove la tecnologia sta aprendo scenari impensabili fino a qualche anno fa. Parliamo di realtà virtuale (VR) e di come sta cambiando il modo in cui i nostri futuri chirurghi imparano il mestiere. Immaginate di poter “entrare” in una sala operatoria, osservare un intervento complesso o addirittura esercitarvi, il tutto senza rischi per un paziente reale. Sembra fantascienza? Beh, non proprio!
Recentemente, con un team di colleghi, abbiamo condotto uno studio – un “proof of concept”, come diciamo noi ricercatori – per capire quale tipo di VR fosse più efficace per i giovani medici specializzandi. L’obiettivo? Migliorare le loro competenze operative, quelle abilità pratiche che fanno la differenza tra un buon chirurgo e un ottimo chirurgo.
Due Mondi Virtuali a Confronto: IBVR vs TBVR
Abbiamo messo sul ring due contendenti principali: la Image-based VR (IBVR) e la Textbook-based VR (TBVR). Ma cosa significano queste sigle un po’ astruse?
- La IBVR è quella che ti catapulta letteralmente dentro la scena. Utilizza video a 360 gradi, registrati durante interventi reali, creando un’esperienza super immersiva. È come essere lì, spalla a spalla con il chirurgo esperto, potendo guardare ovunque e rivivere i passaggi cruciali. L’idea è che un’esperienza così “reale” possa ridurre il carico cognitivo e aiutare a fissare meglio le procedure.
- La TBVR, invece, è più simile a un libro di testo interattivo, ma in un ambiente 3D. Immaginate di sfogliare le pagine di un manuale virtuale, con testi e immagini, ma potendo interagire con i contenuti tramite controller. È un approccio più strutturato, semi-immersivo, che guida passo dopo passo nell’apprendimento.
La domanda che ci siamo posti era semplice: quale dei due metodi aiuta di più i nostri specializzandi in otorinolaringoiatria e chirurgia testa-collo (ORL-HNS) a imparare le basi e le preparazioni pre-operatorie?
L’Esperimento: Come Abbiamo Messo alla Prova la VR
Abbiamo reclutato dieci giovani medici volontari, tutti alle prime armi con le procedure specifiche che volevamo insegnare. Li abbiamo divisi a caso in due gruppi: uno iniziava con l’IBVR e poi passava alla TBVR, l’altro faceva il percorso inverso. Questo design, chiamato “cross-over”, è furbo perché ogni partecipante prova entrambi i metodi, e possiamo confrontare meglio i risultati.
Durante la prima fase, durata un mese, i partecipanti si sono cimentati in quattro sessioni di apprendimento, usando il modulo VR assegnato. Poi, via in sala operatoria (quella vera!) per mettere in pratica quanto imparato su pazienti reali, ovviamente sotto stretta supervisione. Abbiamo valutato le loro performance con dei quiz, e con sistemi di valutazione specifici come i “Milestone” e i “Direct Observation of Procedural Skills (DOPS)”.
Ma non ci siamo fermati qui! Volevamo capire anche cosa succedeva “dentro” di loro. Così, abbiamo misurato il carico cognitivo (quanto si sentivano mentalmente affaticati), lo stress (tramite la variabilità della frequenza cardiaca, o HRV) e, alla fine, la loro soddisfazione e l’esperienza generale con i due sistemi.
Dopo un mese di “pausa” (wash-out, per evitare che l’esperienza precedente influenzasse troppo la successiva), i gruppi si sono scambiati i moduli VR e hanno ripetuto il training. Alla fine di tutto, interviste di gruppo per raccogliere feedback a caldo e riflessioni.

I Risultati: Sorprese e Conferme
E qui viene il bello! Cosa abbiamo scoperto? Beh, la IBVR ha fatto faville nel migliorare le competenze operative. I punteggi Milestone e DOPS erano significativamente più alti con questo metodo. Questo significa che, quando si trattava di “saper fare” in sala operatoria, l’esperienza immersiva della IBVR sembrava dare una marcia in più.
Però, attenzione, non è tutto oro quello che luccica. Sul fronte della conoscenza pura (i quiz), non c’erano grandi differenze tra i due moduli. E nemmeno per quanto riguarda il carico cognitivo percepito o i livelli di stress misurati con l’HRV. Sembra che entrambi i sistemi siano stati ben tollerati da questo punto di vista.
La sorpresa è arrivata dalla soddisfazione: la TBVR è piaciuta di più! I partecipanti l’hanno trovata globalmente più soddisfacente e hanno riportato un maggiore “piacere edonico” (sì, usiamo anche questi termini!). In pratica, l’esperienza con il “libro virtuale” è stata percepita come più gradevole e stimolante da un punto di vista emotivo. Nonostante questo, la maggioranza (70%) ha comunque avuto un’esperienza positiva con la IBVR, che è stata descritta come più “arricchente”.
Dalle interviste sono emersi due temi chiave: l’usabilità del contenuto didattico (quanto era chiaro e utile) e la facilità di coinvolgimento (quanto era facile “entrare” nell’esperienza e non distrarsi).
Cosa Ci Dice Tutto Questo? Un Approccio Combinato Potrebbe Essere la Chiave
Quindi, chi vince? Forse la domanda è posta male. Questo studio, seppur preliminare, ci suggerisce che IBVR e TBVR hanno punti di forza complementari. La TBVR, con la sua struttura chiara e la sua maggiore “accessibilità” emotiva, potrebbe essere fantastica per gettare le basi, per far familiarizzare i neofiti con le procedure in modo graduale e meno “intenso”. È come imparare l’alfabeto prima di scrivere un romanzo.
Una volta acquisite le fondamenta, la IBVR potrebbe entrare in gioco per affinare le abilità pratiche, per dare quel “tocco di realismo” che prepara meglio allo scenario reale della sala operatoria. Immaginate un percorso: prima studio sul “libro virtuale” per capire i concetti, poi mi immergo nell’intervento a 360 gradi per vedere come si fa davvero e per allenare la mia memoria procedurale e spaziale.
Certo, la IBVR ha mostrato qualche ombra sulla soddisfazione. Forse l’immersione totale può essere un po’ “troppo” all’inizio, o magari il design dell’interfaccia, i suoni, la narrazione possono essere migliorati. Ad esempio, un partecipante ha trovato la voce narrante monotona e soporifera dopo un po’. Piccoli dettagli che, però, fanno la differenza nell’esperienza utente.
Un altro aspetto interessante emerso è che, sebbene il carico cognitivo riportato fosse simile, il gruppo che ha iniziato con la IBVR ha mostrato metriche HRV (SDNN e RMSSD) indicative di un maggiore stress. Questo potrebbe suggerire che iniziare con la TBVR, più “gentile”, potrebbe aiutare gli specializzandi ad adattarsi progressivamente all’ambiente VR, preparandoli meglio per le sfide più complesse e immersive della IBVR.

Limiti dello Studio e Prospettive Future
Ora, siamo scienziati, quindi dobbiamo essere onesti sui limiti del nostro lavoro. Questo era uno studio “proof of concept” con solo dieci partecipanti. Quindi, i risultati sono più che altro delle indicazioni, delle tendenze da esplorare ulteriormente. Non abbiamo considerato l’esperienza pregressa dei partecipanti con la VR, e questo potrebbe aver influito. Anche le immagini usate nei quiz (una mitragliatrice e una balestra, asset di default del software!) potrebbero aver distratto o confuso, e sicuramente le cambieremo in futuro con qualcosa di più attinente!
Inoltre, abbiamo valutato gli effetti a breve termine. Sarebbe interessantissimo vedere se queste competenze acquisite con la VR si mantengono nel tempo e come si traducono effettivamente nella pratica clinica quotidiana a lungo termine. E, naturalmente, l’ambiente VR, per quanto realistico, non potrà mai replicare al 100% la complessità e l’imprevedibilità di una vera sala operatoria.
Nonostante ciò, credo fermamente che studi come questo siano fondamentali. Ci aiutano a capire come progettare al meglio gli strumenti di formazione del futuro. La VR non è una bacchetta magica, ma un potentissimo alleato se usata con intelligenza. La sfida ora è personalizzare sempre di più queste esperienze, magari creando percorsi che combinino il meglio della TBVR e della IBVR, adattandoli al livello di esperienza e allo stile di apprendimento di ogni singolo specializzando.
In conclusione, la strada per integrare al meglio la realtà virtuale nella formazione chirurgica è ancora lunga, ma decisamente promettente. La TBVR sembra ottima per iniziare, per costruire una solida base di conoscenze in modo chiaro e coinvolgente, senza stressare troppo. Poi, la IBVR può subentrare per “fare il salto”, per immergersi nell’azione e affinare quelle abilità pratiche che si acquisiscono solo “vedendo e facendo”, anche se in un mondo virtuale. Un passo alla volta, stiamo costruendo i chirurghi di domani, più preparati, più sicuri e, speriamo, ancora più bravi!
Fonte: Springer
