Immagine concettuale fotorealistica che mostra un cervello stilizzato parzialmente immerso in un ambiente di realtà virtuale luminoso e astratto, con linee di dati digitali che ne emergono collegandosi a punti luminosi, obiettivo macro 85mm, alta definizione, illuminazione drammatica che evidenzia la fusione tra neurologia e tecnologia VR avanzata.

Commozione Cerebrale: La Realtà Virtuale Scende in Campo per una Diagnosi Rivoluzionaria!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona tantissimo e che potrebbe davvero cambiare le carte in tavola nel mondo della medicina sportiva e non solo: la diagnosi della commozione cerebrale. Sapete, quella subdola lesione cerebrale traumatica lieve (mild TBI) che colpisce tantissimi atleti, militari, ma anche persone comuni a seguito di cadute o incidenti.

Il Problema: Perché Serve Qualcosa di Nuovo?

La commozione cerebrale è un vero rompicapo. Si verifica spesso, ma diagnosticarla e gestirla è incredibilmente difficile. Pensate che negli Stati Uniti, rappresenta l’80% di tutte le lesioni cerebrali traumatiche tra i militari e tra l’80% e il 90% dei 1.6-3.8 milioni di infortuni cerebrali legati allo sport e alle attività ricreative ogni anno. Il problema? È sfuggente. I sintomi possono variare tantissimo da persona a persona, non esiste un marcatore biologico affidabile e visibile con le tecniche di imaging tradizionali come TAC o Risonanza Magnetica (che peraltro costano un occhio della testa!). Anche le tecniche più avanzate come PET o fMRI funzionale, pur promettenti, sono poco disponibili.

Ci si affida ancora molto all’esame clinico: il medico osserva i movimenti oculari, l’equilibrio, la coordinazione e si basa sui sintomi riferiti dal paziente. Ma qui casca l’asino: il medico può notare solo le anomalie più evidenti e i pazienti, specialmente gli atleti, tendono a sottostimare o non riportare i sintomi per paura di essere messi fuori gioco. Questo significa che molte commozioni cerebrali, soprattutto quelle con deficit più sottili, rischiano di non essere diagnosticate correttamente. E una diagnosi mancata o tardiva non solo ritarda il recupero, ma aumenta il rischio di ulteriori infortuni.

Negli anni si sono sviluppate tecnologie per aiutare: test neurocognitivi (come l’ImPACT), sistemi per valutare l’equilibrio, strumenti per analizzare i movimenti oculari. Hanno dato qualche risultato, ma spesso richiedono un test “baseline” (cioè una misurazione fatta *prima* dell’infortunio) per essere davvero utili, limitandone l’applicazione su larga scala. Inoltre, la loro affidabilità nel mondo reale, fuori dal laboratorio, è stata messa in discussione. Insomma, c’era un bisogno disperato di uno strumento più oggettivo, quantitativo, capace di scovare anche le disfunzioni neurologiche più fini e che non dipendesse necessariamente da un baseline.

La Nostra Soluzione: Entra in Scena la Realtà Virtuale!

Ed è qui che entriamo in gioco noi, con un’idea che sfrutta una tecnologia affascinante: la realtà virtuale (VR). Abbiamo pensato: e se potessimo ricreare i test clinici neurologici in un ambiente virtuale immersivo, usando sensori avanzati per misurare le risposte del paziente con una precisione impossibile per l’occhio umano?

È nato così il progetto VIST Neuro-ID (Virtual Immersive Sensorimotor Test for Neurological Impairment Detection). L’idea è semplice ma potente: far indossare al paziente un visore VR (nello specifico, usiamo l’HTC Vive Pro Eye, dotato di eye-tracking Tobii) e sottoporlo a una serie di test specificamente disegnati per mettere alla prova diverse funzioni cerebrali colpite dalla commozione cerebrale:

  • Controllo oculomotorio (come gli occhi seguono un oggetto, come scattano da un punto all’altro)
  • Riflessi vestibolari (legati all’equilibrio e all’orientamento spaziale)
  • Controllo posturale ed equilibrio (quanto si “oscilla” stando fermi)
  • Tempi di reazione (semplici e complessi)
  • Funzioni esecutive e propriocezione cervicale

Il tutto mentre il visore e altri sensori raccolgono una marea di dati quantitativi: movimenti oculari precisi (latenza, accuratezza, stabilità della fissazione, dimensione pupillare), oscillazioni posturali nei tre piani dello spazio, velocità e correttezza delle risposte.

Fotografia sportiva, un giocatore di rugby placcato duramente durante una partita, l'azione è leggermente sfocata per dare senso di movimento, teleobiettivo 200mm, alta velocità dell'otturatore, tracciamento del movimento, luce naturale intensa del campo da gioco.

Il nostro obiettivo è ambizioso: creare un dispositivo medico che non solo rilevi la presenza di deficit neurologici, ma che li quantifichi e identifichi specificamente quali aree o funzioni sono compromesse. Questo permetterebbe ai medici di prescrivere terapie riabilitative mirate (ad esempio, esercizi specifici per problemi oculomotori o vestibolari) e di monitorare i progressi nel tempo. E la ciliegina sulla torta? Vogliamo farlo senza bisogno di un test baseline, grazie all’uso di algoritmi di Machine Learning (ML) che imparano a riconoscere i pattern tipici della commozione cerebrale direttamente dai dati raccolti. Questo aprirebbe le porte a una diagnosi più accessibile, anche per chi non fa sport a livello agonistico o vive in aree meno servite.

Come L’Abbiamo Sviluppato: Un Viaggio Iterativo

Mettere in piedi VIST Neuro-ID è stato un lavoro di squadra incredibile. Abbiamo riunito esperti clinici, data scientist, ingegneri informatici e sviluppatori software. Il processo è stato iterativo: abbiamo tradotto i test clinici tradizionali in esperienze VR, basandoci sulle evidenze scientifiche. Gli sviluppatori hanno creato le prime versioni dei test, noi le abbiamo provate, abbiamo dato feedback dettagliati, loro le hanno modificate, e così via, in un ciclo continuo di miglioramento. Abbiamo curato ogni dettaglio, dalle istruzioni audio (registrate da un doppiatore professionista) e visive, alle animazioni che mostrano come eseguire il test.

Fondamentale è stato anche progettare un’interfaccia per l’esaminatore (il “cruscotto”), visualizzata sul laptop collegato al visore. Questo permette al medico o al tecnico di monitorare in tempo reale cosa vede e fa il paziente, se sta seguendo le istruzioni correttamente (ad esempio, se muove solo gli occhi quando richiesto, o se invece muove la testa) e di intervenire se necessario.

Dopo circa un anno di raccolta dati (tra il 2020 e il 2024 abbiamo coinvolto ben 1008 partecipanti tra i 18 e i 40 anni, per ora solo soggetti sani, “di controllo”), abbiamo analizzato i primi feedback sull’esperienza utente (user experience) e sui fattori umani (human factors). È emerso che alcune istruzioni non erano chiarissime e che il meccanismo per registrare l’intensità dei sintomi (mal di testa, nausea, vertigini, annebbiamento mentale) non era intuitivo.

Così, abbiamo rilasciato una seconda versione del software con istruzioni audio e scritte riviste e accorciate, tutorial pratici per i test più complessi (come i saccadi, movimenti rapidi degli occhi) e un sistema più semplice (una “leva” verticale invece di una “manopola” rotante) per la segnalazione dei sintomi. E i risultati si sono visti!

Ritratto di una giovane donna concentrata mentre indossa un visore VR HTC Vive Pro Eye in un ambiente di ricerca pulito e ben illuminato, obiettivo primario 50mm, profondità di campo media, luce morbida da studio, l'attenzione è sul visore e sull'espressione concentrata della partecipante.

I Primi Risultati: Cosa Abbiamo Scoperto Finora?

I dati raccolti finora sui partecipanti sani (senza commozione cerebrale acuta) ci hanno già dato conferme importanti:

1. È fattibile! Siamo riusciti a tradurre test clinici complessi in un ambiente VR e a svilupparne di nuovi, raccogliendo dati dai sensori a 90 Hz.
2. È sicuro! La preoccupazione poteva essere: “Ma stare nel visore VR non peggiorerà i sintomi?”. I dati dicono di no. La percentuale di partecipanti che ha sperimentato un aumento significativo (>2 punti su una scala da 0 a 10) dei sintomi come mal di testa, nausea o annebbiamento mentale durante i test è stata inferiore al 5%. Solo le vertigini hanno mostrato un’incidenza leggermente maggiore (9.2%), ma questi valori sono perfettamente in linea con quelli riportati per i test clinici tradizionali non strumentati (come il VOMS). Questo suggerisce che il nostro ambiente VR non crea quel fastidioso “motion sickness” tipico di altre esperienze VR, probabilmente perché non c’è discrepanza tra ciò che si vede e ciò che il corpo percepisce. Solo una piccolissima percentuale (<1%) ha chiesto una pausa o ha interrotto i test per i sintomi. 3. L’esperienza utente è migliorata. Con la seconda versione del software, la necessità di intervento da parte dell’esaminatore per spiegare i test si è ridotta drasticamente. Se nella prima versione quasi la metà dei partecipanti aveva bisogno di istruzioni extra per capire come segnalare i sintomi, nella seconda versione questo problema è quasi scomparso. Anche la necessità di interrompere e ripetere un test perché il partecipante non aveva capito le istruzioni è diminuita significativamente, anche se alcuni test (saccadi, visione periferica, controllo neuromotorio cervicale) richiedono ancora un po’ di supporto in circa il 10% dei casi. Stiamo già lavorando per migliorarli ulteriormente!
4. Attenzione ai dettagli! Abbiamo notato una cosa curiosa riguardo al sintomo “fogginess” (annebbiamento). Inizialmente inteso come annebbiamento mentale, un sintomo tipico post-commozione, molti partecipanti (che spesso indossavano mascherine per le norme COVID) hanno riportato “fogginess” riferendosi all’appannamento delle lenti del visore! Questo ci ricorda quanto sia importante la precisione nel definire e raccogliere dati qualitativi.

Visualizzazione astratta e high-tech di dati biometrici provenienti da eye-tracking e sensori posturali, linee luminose e punti dati che fluiscono su uno sfondo digitale scuro, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per enfatizzare la complessità dei dati.

E Adesso? Prossimi Passi e Visione Futura

Siamo entusiasti dei progressi fatti, ma il lavoro è appena iniziato! Ora ci aspetta la fase più succosa:

  • Analisi dei dati e Machine Learning: Puliremo tutti i dati raccolti (anche da pazienti con commozione cerebrale acuta, che stiamo iniziando a reclutare) e li daremo in pasto ai nostri algoritmi di ML per identificare i biomarcatori distintivi dell’infortunio e creare un classificatore affidabile.
  • Perfezionamento continuo: Useremo i risultati dell’analisi e i feedback continui per migliorare ulteriormente il software, le istruzioni, l’interfaccia, seguendo un ciclo di “progetta, documenta, implementa, testa”.
  • Iter regolatorio: Ci confronteremo con la FDA (l’ente regolatorio americano per i farmaci e i dispositivi medici) per definire i passi necessari per l’approvazione come dispositivo medico di Classe II.
  • Validazione clinica: Condurremo studi clinici per dimostrare l’efficacia e l’affidabilità del VIST Neuro-ID nel mondo reale.

La nostra visione va oltre la commozione cerebrale. Crediamo che questo approccio – tradurre test funzionali in VR e analizzare i dati dei sensori con ML – possa essere utile per diagnosticare e monitorare un’ampia gamma di condizioni neurologiche, degenerative o persino legate a fattori comportamentali come l’abuso di alcol o la privazione di sonno.

Questo viaggio ci ha insegnato tantissimo, soprattutto l’importanza della collaborazione multidisciplinare e dell’ascolto reciproco tra clinici, ingegneri e scienziati. Ogni decisione presa ha delle conseguenze, e stiamo imparando continuamente a bilanciare il rigore scientifico con le esigenze pratiche dell’uso “sul campo”.

In conclusione, siamo convinti che la realtà virtuale abbia il potenziale per rivoluzionare il modo in cui affrontiamo la commozione cerebrale e altre sfide neurologiche. Il nostro VIST Neuro-ID è un passo importante in questa direzione, e non vediamo l’ora di mostrarvi i prossimi sviluppi!

Fonte: Springer

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