Visualizzazione artistica al microscopio di una sfera di insulina con un deposito di rame metallico (Cu0) di circa 100 micron al suo interno, circondato da tessuto adiposo sottocutaneo. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare il contrasto tra il rame rossastro e il tessuto biologico giallastro/bianco.

Un Tesoro Nascosto nel Diabete: Rame Metallico nelle “Sfere di Insulina”!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi! Oggi voglio raccontarvi una storia che sembra uscita da un romanzo di fantascienza, ma che invece è frutto di una ricerca scientifica serissima e, lasciatemelo dire, assolutamente affascinante. Parliamo di diabete, di insulina e di una scoperta che ha lasciato a bocca aperta anche noi ricercatori: la presenza di rame metallico puro all’interno di quelle che chiamiamo “sfere di insulina”.

Il Mistero delle “Sfere di Insulina”

Forse non tutti sanno cosa siano queste “sfere di insulina”. In pratica, quando una persona con diabete si inietta l’insulina per lungo tempo nello stesso punto, a volte si formano degli aggregati sottocutanei. Questi “grumi”, o sfere, sono costituiti principalmente da insulina che ha perso la sua forma originale, aggregandosi in strutture chiamate amiloidi. Il problema è che se si continua a iniettare l’insulina in queste sfere, il farmaco non riesce a raggiungere bene il flusso sanguigno, rischiando di causare iperglicemia. È un po’ come cercare di annaffiare una pianta versando l’acqua su una pietra impermeabile invece che sulla terra!

Queste formazioni sono considerate un segno dell’invecchiamento, dove peptidi sintetici esterni (come l’insulina) possono causare un “misfolding” delle proteine, cioè un loro errato ripiegamento. Sebbene di solito non scompaiano da sole, alcuni frammenti più piccoli di queste sfere, gli oligomeri, possono addirittura essere tossici per le cellule in coltura.

Un Caso Clinico Sotto la Lente

La nostra storia si concentra su una paziente, una donna sulla quarantina con diabete di tipo 1, che si iniettava insulina lispro dal 2005. Nel 2016, le è stata rimossa una di queste masse sottocutanee dall’addome. Già un esame preliminare aveva mostrato qualcosa di strano, una colorazione particolare (positività al Rosso Congo, che indica la presenza di amiloidi) in alcune zone. Questo ci ha incuriosito e abbiamo deciso di andare a fondo, analizzando ben 21 di queste sfere di insulina prelevate da diversi pazienti tra il 2005 e il 2020.

Indagine Hi-Tech: Come Abbiamo Scoperto il Rame

Per capire la struttura dettagliata di queste sfere, abbiamo messo in campo un vero e proprio arsenale tecnologico. Immaginate un team di detective scientifici che usa ogni strumento a disposizione:

  • Osservazioni macroscopiche e al microscopio ottico.
  • Spettrometria Raman per analizzare la composizione chimica.
  • Spettrometria di massa MALDI-TOF per identificare le proteine.
  • Microtomografia computerizzata a raggi X (µCT), una specie di TAC super dettagliata.
  • Microscopia elettronica a scansione con spettroscopia a dispersione di energia (SEM-EDS) per vedere la morfologia e gli elementi chimici presenti.
  • Microscopia elettronica a trasmissione (TEM) per osservare le strutture fibrose ultrafini.

È stato proprio grazie a questa analisi “multistrato”, connettendo le informazioni ottenute da diverse angolazioni e ingrandimenti, che abbiamo fatto la scoperta più incredibile.

La µCT ha rivelato la presenza di numerosi puntini molto luminosi all’interno di una delle sfere di insulina della nostra paziente. Erano come piccole stelle in una galassia biologica! Concentrandoci sul puntino più grande e brillante, abbiamo usato il SEM-EDS per capire di cosa fosse fatto.

Immagine macro ad alta definizione di un campione biologico, forse una sezione di tessuto adiposo, analizzato al microscopio elettronico a scansione (SEM). Si intravedono strutture fibrose e piccole particelle brillanti. Illuminazione controllata, messa a fuoco precisa su una particella specifica. Obiettivo macro 100mm.

E qui la sorpresa: quel puntino era un frammento di rame metallico elementare (Cu0), senza ossidazione, grande circa 100 micrometri! Per darvi un’idea, è più o meno lo spessore di un capello umano. E la cosa ancora più sbalorditiva è che, per quanto ne sappiamo, questa è la più grande struttura di rame metallico puro mai trovata all’interno di un organismo vivente, umano incluso!

La Sorpresa: Un Frammento di Rame Puro Grande come un Capello!

Sì, avete capito bene. Non parliamo di ioni di rame, che sono normalmente presenti nel nostro corpo e svolgono funzioni vitali, ma di rame metallico, Cu0, nella sua forma elementare. La sfera di insulina in questione era composta da insulina lispro in stato insolubile, e la microscopia elettronica a trasmissione ha confermato la presenza di strutture fibrose tipiche degli amiloidi. Ma quel pezzetto di rame era lì, incastonato come un gioiello inaspettato.

Abbiamo osservato che la superficie di questo “sassolino” di rame era squamosa e irregolare, con aree nerastre. Nelle zone squamose, l’analisi ha rivelato principalmente rame, con tracce di carbonio e ossigeno probabilmente derivanti dal tessuto biologico circostante. Non c’erano segni evidenti di ossido di rame sulla superficie.

Ma Perché Proprio il Rame? E Cosa Ci Fa Lì?

Questa è la domanda da un milione di dollari! Il rame è un elemento essenziale per la vita: partecipa alla produzione di energia, ci protegge dallo stress ossidativo e interviene nelle reazioni di aggregazione proteica. Il nostro corpo controlla strettamente i livelli di rame; un eccesso può portare a un tipo di morte cellulare chiamata cuproptosi. Normalmente, un adulto ha circa 100 mg di rame nel corpo, concentrato soprattutto nel fegato, cervello e reni.

La scoperta di Cu0 in placche amiloidi era già stata riportata, ad esempio nel cervello di pazienti con Alzheimer, ma si trattava di nanoparticelle, migliaia di volte più piccole del nostro frammento. Come ha fatto un pezzo di rame metallico così grande a formarsi lì?

Un’ipotesi è che le preparazioni di insulina, iniettate dall’esterno, possano alterare l’equilibrio dei metalli nel tessuto sottocutaneo, incluso il rame. È noto che il rame (II) ha una forte affinità per l’insulina aggregata e può persino prevenire la sua auto-aggregazione spontanea, suggerendo proprietà anti-amiloidogeniche. Potrebbe essere che il rame (II) circolante nel sangue (che è leggermente elevato nei pazienti diabetici) si leghi alla sfera di insulina e, in qualche modo, venga poi ridotto a rame metallico (Cu0) all’interno di essa. Immaginiamo che questo processo sia avvenuto lentamente, nel corso dei circa 10 anni di terapia insulinica quotidiana della paziente.

Oltre al grande frammento di rame, abbiamo trovato anche depositi metallici più piccoli (sotto i 10 µm) contenenti proporzioni variabili di rame e zinco, e altri ancora composti principalmente da ferro con tracce di alluminio, silicio, cromo e manganese. Come se non bastasse, le sfere di insulina contenevano anche molte strutture stratificate composte principalmente da calcio e fosforo, simili ai corpi psammomatosi che si trovano a volte nel tessuto mammario, ma più piccole.

Fotografia macro di un piccolo frammento metallico rossastro (rame) di circa 100 micron, incastonato in una matrice biologica amorfa che ricorda il tessuto adiposo. Dettaglio elevato sulla superficie del rame, che appare leggermente scagliosa. Illuminazione da laboratorio, precisa messa a fuoco sul frammento di rame. Obiettivo macro 105mm.

Contaminazione? Abbiamo Controllato Tutto!

Ovviamente, una delle prime cose a cui abbiamo pensato è stata: e se il rame fosse arrivato da fuori? Magari dagli strumenti usati? Abbiamo controllato meticolosamente ogni passaggio. Gli aghi delle siringhe per l’insulina sono di acciaio inossidabile, senza rame. Le lame chirurgiche usate per rimuovere le sfere, pure. Abbiamo persino analizzato la lama usata per tagliare il tessuto (il “colpevole” più probabile in caso di contaminazione) con il SEM-EDS: era di acciaio inossidabile trattato con azoto al plasma, ma nessuna traccia di rame. Anche i solventi e i reagenti usati per processare i campioni non contenevano rame. Inoltre, per evitare contaminazioni esterne, usiamo delle speciali “tasche” protettive durante la preparazione dei tessuti. Quindi, siamo abbastanza sicuri che quel rame si sia formato in vivo, dentro la sfera di insulina.

Il campione di tessuto contenente il rame è stato fissato immediatamente in formalina tamponata al 10% (pH 7.0) per 5 ore, subito dopo l’asportazione, per minimizzare alterazioni. Non ci sono stati reagenti nel processo che potessero influenzare lo stato del rame, il che supporta fortemente l’idea di un accumulo di Cu0 nella sfera di insulina.

Implicazioni Cliniche e Domande Aperte

Questa scoperta solleva un mare di domande. Sebbene non sappiamo ancora il motivo esatto dell’accumulo di Cu0, è possibile che questo rame metallico possa avere un ruolo nel mantenere stabili le preparazioni di insulina aggregata o addirittura avere un effetto catalitico incontrando l’organismo. Potrebbe persino offrire una sorta di protezione locale contro infezioni batteriche o virali, data la nota attività antimicrobica del rame.

È importante sottolineare che i benefici delle preparazioni insuliniche sono immensi e salvano la vita a milioni di persone. Tuttavia, la presenza di Cu0 suggerisce uno stato imprevedibile e instabile dell’accumulo di rame in vivo in queste particolari condizioni. Potrebbe questo rame locale influenzare il metabolismo sistemico del rame? Potrebbe l’eccessivo stress ossidativo indurre ipertrofia degli adipociti o “cuproplasia” (una sorta di crescita anomala legata al rame)?

Le strutture stratificate di fosfato di calcio, simili ai corpi psammomatosi, sono un altro dato interessante. Le microcalcificazioni sono comuni nel cancro al seno e aiutano nella diagnosi precoce. Sappiamo che l’incidenza del cancro al seno è maggiore nelle pazienti diabetiche e che i tessuti tumorali mammari hanno concentrazioni di rame più elevate. Nuove strategie terapeutiche cercano addirittura di indurre la cuproptosi nelle cellule tumorali. Nel nostro studio, depositi di fosfato di calcio sono stati rilevati in 17 sfere di insulina su 21 (81%), e frammenti di rame in tre campioni su quattro analizzati con SEM-EDS.

Al momento, l’effetto sistemico di questo deposito di rame nelle sfere di insulina non è chiaro. Potrebbe essere che il Cu0 rimanga “sequestrato” dagli aggregati di insulina senza un impatto biologico significativo. La paziente del nostro caso principale, infatti, ha continuato la sua terapia insulinica e, stando a quanto riportato fino al 2025 (data di stesura dell’articolo originale), evitando di iniettare l’insulina sempre nello stesso punto, non ha sviluppato nuove sfere di insulina.

Primo piano di un'area di pelle e tessuto sottocutaneo che mostra una leggera ipertrofia o un piccolo nodulo, sito di iniezione di insulina. L'immagine dovrebbe suggerire la problematica delle 'sfere di insulina'. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco il nodulo ma sfocare leggermente lo sfondo. Luce naturale soffusa.

Insomma, questa scoperta ci ricorda quanto ancora ci sia da imparare sul corpo umano e su come interagisce con le sostanze che introduciamo. È un piccolo tassello in un puzzle enorme, ma ogni tassello ci avvicina a una comprensione più profonda. E chissà quali altre sorprese ci riserva il microcosmo del nostro organismo!

Fonte: Springer

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