Fotografia grandangolare (obiettivo 10-24mm) di un paesaggio che mostra una faglia geologica attiva come quella di Izmir in Turchia, con strumentazione scientifica (rilevatore di gas e sonda) posizionata sul terreno arido per il monitoraggio dei gas del suolo (radon/thoron). Luce del tardo pomeriggio che crea lunghe ombre, messa a fuoco nitida su tutta la scena per evidenziare sia la strumentazione che le caratteristiche geologiche, cielo parzialmente nuvoloso.

Il Respiro della Terra: Radon, Thoron e i Segreti Nascosti della Faglia di Izmir

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, quasi un’indagine geologica, nelle profondità della terra, o meglio, nel suo respiro. Parleremo di gas nobili un po’ speciali, il Radon (²²²Rn) e il Thoron (²²⁰Rn), e di come ci aiutano a “sentire il polso” di una delle zone più geologicamente attive della Turchia: la Faglia di Izmir.

Immaginate una cicatrice sulla crosta terrestre, una linea dove le placche tettoniche si muovono, accumulano stress e, a volte, lo rilasciano sotto forma di terremoti. La Faglia di Izmir è proprio una di queste zone “calde”, e capire cosa succede laggiù è fondamentale, specialmente per una città densamente popolata come Izmir.

Ma cosa c’entrano Radon e Thoron?

Questi due non sono gas qualunque. Sono gas radioattivi naturali, prodotti dal decadimento di elementi come l’Uranio e il Torio presenti nelle rocce. Il bello è che, essendo gas, possono muoversi attraverso le fratture del terreno e arrivare fino in superficie. Pensateli come dei messaggeri che ci portano notizie dal sottosuolo.

Il Radon (²²²Rn) ha un’emivita (il tempo che impiega per dimezzare la sua radioattività) di circa 3,8 giorni. Questo gli dà abbastanza tempo per viaggiare anche da sorgenti profonde prima di decadere. Il Thoron (²²⁰Rn), invece, è molto più “frettoloso”, con un’emivita di soli 55,6 secondi. Questo significa che riusciamo a misurarlo in superficie solo se proviene da sorgenti molto vicine, più superficiali.

Capite già dove voglio arrivare? Studiando le concentrazioni di entrambi e, soprattutto, il loro rapporto (²²²Rn/²²⁰Rn), possiamo farci un’idea della profondità da cui provengono questi gas e, di conseguenza, capire meglio i processi che avvengono lungo la faglia. Un rapporto alto suggerisce una provenienza più profonda (il Radon ha avuto il tempo di arrivare, il Thoron no), mentre un rapporto basso indica sorgenti più superficiali.

La Nostra Missione sulla Faglia di Izmir

Nell’ambito di un progetto di ricerca (il TUBITAK project 121Y404, per i più curiosi), ci siamo concentrati su un segmento specifico della Faglia di Izmir: quello tra Balçova e Narlıdere. Quest’area è particolarmente interessante (e preoccupante) perché attraversa zone molto urbanizzate.

Studiare una faglia in città non è semplice. Asfalto, cemento, edifici… trovare punti accessibili per misurare i gas del suolo è stata una sfida. Abbiamo dovuto selezionare 5 aree principali (Teleferik—TEL, Pınarbaşı—PN, Narlıdere—NAR, Aziz Sancar—AS, e Kutas—KUT) lungo il segmento, cercando di coprirlo il più uniformemente possibile. In totale, abbiamo effettuato misurazioni in 147 punti.

Come abbiamo fatto? Abbiamo usato uno strumento super sensibile, il Durridge RAD7, che è capace di distinguere tra Radon e Thoron analizzando i loro “figli” radioattivi. Abbiamo inserito una sonda nel terreno, a circa 50-70 cm di profondità (per evitare interferenze dall’atmosfera), e abbiamo “aspirato” i gas del suolo. Per essere sicuri che i dati fossero affidabili, abbiamo seguito un protocollo preciso: misurazioni solo in periodi secchi (l’umidità può dare fastidio allo strumento e alterare i flussi di gas), controllo dell’umidità interna dello strumento e “pulizia” del rilevatore prima di ogni misura.

Fotografia macro (obiettivo 60-105mm) di una sonda scientifica in acciaio inossidabile inserita nel terreno bruno e roccioso per la raccolta di gas del suolo come radon e thoron. Messa a fuoco precisa sulla punta della sonda e sulla texture del suolo circostante, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli, alta definizione.

Cosa Abbiamo Scoperto: Il Linguaggio dei Gas

I risultati sono stati davvero interessanti! Le concentrazioni di Radon variavano da 440 a ben 32.233 Becquerel per metro cubo (Bq/m³), mentre quelle di Thoron andavano da 328 a 29.367 Bq/m³. In media, abbiamo trovato più Thoron che Radon. Questo, come avevamo già osservato in uno studio precedente su un altro segmento della stessa faglia (Pınarbaşı), suggerisce che gran parte del gas rilasciato proviene da sorgenti relativamente superficiali.

Ma la vera chiave di lettura sta nel rapporto ²²²Rn/²²⁰Rn. Nella maggior parte dei punti (circa l’81%), questo rapporto era inferiore a 1, confermando l’origine superficiale. Tuttavia, in 28 punti (il 19%), il Radon superava il Thoron, con un rapporto maggiore di 1. Questi sono i punti che ci incuriosiscono di più!

Anomalie: Quando la Terra “Alza la Voce”

Per capire meglio, abbiamo fatto un’analisi statistica più avanzata, cercando le cosiddette “anomalie”, cioè valori di concentrazione significativamente più alti della norma. Abbiamo identificato dei valori soglia (10.000 Bq/m³ per il Radon e 13.000 Bq/m³ per il Thoron) e abbiamo guardato cosa succedeva al rapporto ²²²Rn/²²⁰Rn proprio in questi punti anomali.

Abbiamo distinto tre casi:

  • Solo Radon anomalo: In quasi tutti questi casi (10 su 11), il rapporto ²²²Rn/²²⁰Rn era > 1. Questo è un forte indizio che queste anomalie provengono da sorgenti di gas più profonde, magari attivate da movimenti tettonici in profondità.
  • Solo Thoron anomalo: Qui, tutti i casi mostravano un rapporto ²²²Rn/²²⁰Rn < 1. Data la breve vita del Thoron, queste anomalie sono probabilmente legate a fratturazioni o processi molto superficiali lungo la faglia.
  • Sia Radon che Thoron anomali: In questa situazione, la maggior parte dei rapporti era < 1, suggerendo un contributo dominante da sorgenti superficiali. Tuttavia, il fatto che entrambi i gas siano anomali potrebbe indicare un processo tettonico più complesso che coinvolge sia la parte profonda che quella superficiale della faglia.

Ritratto di un geologo o scienziato (obiettivo prime 35mm) sul campo, inginocchiato vicino a una faglia geologica visibile nel terreno. Sta esaminando attentamente i dati su un tablet robusto, con un'espressione concentrata. Lo sfondo mostra il paesaggio arido della Turchia occidentale. Profondità di campo ridotta per focalizzare sul soggetto, luce naturale del tardo pomeriggio.

Analizzando le diverse aree di campionamento, abbiamo notato che le zone di Teleferik (TEL) e Aziz Sancar (AS) mostravano alcuni punti con rapporti ²²²Rn/²²⁰Rn particolarmente alti. Questo suggerisce che in quelle specifiche aree potrebbero esserci delle vie preferenziali (fratture più aperte?) che permettono ai gas profondi di risalire più efficacemente. Studi precedenti, ad esempio sull’Etna, hanno collegato alti rapporti ²²²Rn/²²⁰Rn a un’elevata fuoriuscita di CO₂ dal suolo, interpretandola come un segnale di gas profondi che risalgono velocemente lungo faglie attive.

Perché Tutto Questo è Importante?

Questo studio, confrontato anche con quello precedente sul segmento di Pınarbaşı, ci dice molto su come “funziona” la Faglia di Izmir. Ci conferma che il rapporto ²²²Rn/²²⁰Rn è uno strumento potente per distinguere tra processi superficiali e profondi. Identificare aree con un rapporto elevato, specialmente se associato ad anomalie di Radon, potrebbe aiutarci a individuare le zone della faglia dove lo stress si sta accumulando in profondità o dove le fratture permettono una comunicazione più diretta con sorgenti profonde.

Anche se non possiamo ancora “prevedere” i terremoti con precisione, monitorare nel tempo queste emissioni di gas e i loro rapporti potrebbe fornirci segnali precursori importanti. Capire se l’attività proviene dal profondo o è solo superficiale è cruciale per valutare il rischio sismico.

Insomma, studiando il “respiro” invisibile della Terra attraverso Radon e Thoron, stiamo imparando a decifrare i messaggi che ci invia dalle sue profondità. È un lavoro fondamentale per la sicurezza di chi vive sopra queste faglie attive, come gli abitanti di Izmir. La nostra ricerca spinge verso la necessità di un monitoraggio continuo dei gas del suolo, un passo in più per convivere più consapevolmente con il nostro pianeta dinamico.

Fotografia paesaggistica grandangolare (obiettivo 10-24mm) della città di Izmir al tramonto, con le luci della città che iniziano ad accendersi. In primo piano, il terreno aspro che suggerisce la presenza della faglia sottostante. Lunga esposizione per catturare le scie luminose e ammorbidire il cielo, messa a fuoco nitida sull'intera scena, colori caldi.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *