Radiochirurgia Stereotassica Ripetuta: Una Seconda Chance per le Fistole Durali Residue
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento affascinante e un po’ di nicchia nel campo della neurochirurgia: le fistole arteriovenose durali intracraniche, o più semplicemente DAVF. Sembra un nome complicato, vero? In pratica, si tratta di connessioni anomale tra arterie e vene nella dura madre, la membrana più esterna che riveste il nostro cervello. Pensate a un groviglio di tubi dove il sangue non scorre come dovrebbe.
Queste DAVF rappresentano circa il 15% di tutte le malformazioni vascolari cerebrali e possono causare un bel po’ di problemi. Il flusso sanguigno anomalo può portare a ipertensione venosa, ovvero un aumento della pressione nelle vene, che a sua volta può dilatare i capillari a monte. Le cause? Non sono chiarissime, ma si pensa possano essere legate a infiammazioni, trombosi (coaguli di sangue) o traumi dei seni durali (i grandi canali venosi del cervello). Un’altra teoria suggerisce che una ridotta perfusione di sangue (ipoperfusione) possa stimolare la creazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi).
Perché le DAVF sono un problema?
Il rischio principale associato alle DAVF, soprattutto a quelle definite “ad alto grado”, è l’emorragia intracranica. Il tipo di drenaggio venoso è cruciale per determinare il rischio. Usiamo la classificazione di Borden per capire quanto sia “pericolosa” una fistola:
- Grado 1 (basso rischio): Il drenaggio venoso è normale, senza reflusso nelle vene corticali (quelle sulla superficie del cervello). Spesso queste forme sono asintomatiche o causano sintomi lievi e possono avere un decorso benigno. A volte basta tenerle sotto controllo.
- Grado 2 o 3 (alto rischio): C’è un drenaggio venoso corticale. Queste forme richiedono quasi sempre un intervento diretto a causa del rischio elevato di sanguinamento o deficit neurologici.
I sintomi più comuni che portano alla diagnosi? Spesso sono acufeni (quel fastidioso ronzio nelle orecchie), problemi agli occhi, mal di testa o, nei casi più seri, debolezza muscolare o altri deficit.
Come si trattano le DAVF?
Abbiamo diverse frecce al nostro arco:
- Microchirurgia: Un intervento chirurgico classico per chiudere la connessione anomala.
- Embolizzazione: Una procedura endovascolare in cui si iniettano materiali per “tappare” la fistola dall’interno dei vasi sanguigni.
- Radiochirurgia Stereotassica (SRS): Un trattamento non invasivo che usa radiazioni altamente focalizzate per chiudere la fistola nel tempo.
Spesso si usano queste tecniche in combinazione. La SRS, in particolare la Gamma Knife Radiosurgery (GKRS), si è dimostrata efficace, specialmente per le DAVF a basso rischio, con tassi di obliterazione completa (cioè chiusura totale della fistola) che vanno dal 50 all’80% in pazienti selezionati. È fantastico, vero? Un raggio di luce (beh, radiazioni!) che risolve il problema senza bisturi.

Ma cosa succede se la prima SRS non basta?
Ecco il punto cruciale. A volte, nonostante la SRS, la fistola non si chiude completamente. Rimane un “residuo”. Che fare allora? Si può tentare con l’embolizzazione o la chirurgia, ma c’è un’altra opzione intrigante: ripetere la radiochirurgia stereotassica. Fino a poco tempo fa, non c’erano molti dati sugli esiti di un secondo trattamento SRS per le DAVF residue.
Ed è qui che entra in gioco uno studio retrospettivo molto interessante, condotto in un unico centro medico accademico tra il 1998 e il 2022. Hanno analizzato i casi di 19 pazienti che hanno ricevuto due trattamenti SRS (specificamente GKRS) proprio per delle DAVF residue. Vediamo cosa hanno scoperto.
I Risultati dello Studio sulla SRS Ripetuta
Il gruppo di pazienti era composto da 12 uomini e 7 donne, con un’età mediana di 53,5 anni. La maggior parte (14) aveva fistole non localizzate nel seno cavernoso (NCS), mentre 5 le avevano proprio lì (CS). Tra le NCS, 8 erano a basso grado (Borden 1) e 6 ad alto grado (Borden 2 o 3). Il follow-up mediano dopo la seconda sessione di SRS è stato di 37 mesi.
E i risultati? Sono decisamente incoraggianti!
- Miglioramento dei sintomi: Ben 16 pazienti su 19 (l’84.2%) hanno riportato un miglioramento sostenuto dei loro sintomi dopo la seconda SRS. Quattro hanno detto che i loro disturbi erano completamente spariti, e dodici avevano solo sintomi residui minimi.
- Obliterazione completa: La chiusura radiologica totale della fistola è stata confermata in 11 pazienti su 19 (il 57.9%). Questo è un risultato notevole per un trattamento “di salvataggio”!
- Sicurezza: Nessun paziente ha avuto un’emorragia intracranica dopo la seconda SRS. C’è stato solo un caso (5.3%) di alterazione sintomatica indotta da radiazioni (un effetto collaterale noto come “radiation-induced change”), che ha richiesto un trattamento medico temporaneo e si è poi stabilizzato.
Interessante notare che i risultati sembrano dipendere dal grado della fistola iniziale. Tra le NCS, l’obliterazione completa è stata raggiunta in 7 pazienti su 8 nel gruppo a basso rischio (87.5%), ma solo in 2 su 6 nel gruppo ad alto rischio (33.3%). Anche il miglioramento sintomatico è stato del 100% nel gruppo a basso rischio contro il 50% in quello ad alto rischio. Questo conferma che le fistole con drenaggio venoso corticale (alto grado) sono più “maligne” e rispondono meno bene alla SRS.

Confronto e Complicazioni
Il tasso di obliterazione del 57.9% dopo la seconda SRS è in linea con alcuni studi precedenti, ma potrebbe sembrare un po’ inferiore rispetto ai tassi di successo della prima SRS (nello stesso ospedale, su un gruppo molto più ampio di 331 pazienti, il tasso di obliterazione a 5 anni era del 57.4%, ma questo include molti casi a basso rischio). Gli autori ipotizzano che la percentuale più alta di casi ad alto grado (Borden 2 o 3) nel gruppo della SRS ripetuta (31.6%) rispetto al gruppo della singola SRS (23.2%) possa spiegare questa leggera differenza.
Parlando di complicazioni, la SRS non è priva di rischi potenziali, come lesioni cerebrali indotte da radiazioni, deficit dei nervi cranici o emorragie (anche se rare). Nello studio sulla SRS ripetuta, l’incidenza complessiva di complicanze legate alla seconda sessione è stata bassa (5.3%, il singolo caso già menzionato). È importante sottolineare che nessuna emorragia si è verificata nel periodo di latenza dopo la seconda SRS in questo gruppo.
Un Approccio Multidisciplinare è Fondamentale
Trattare le DAVF, specialmente quelle complesse (con molti vasi afferenti, drenaggio diffuso o vicine ad aree cerebrali critiche), richiede un approccio di squadra. Neurochirurghi, neuroradiologi interventisti e fisici medici devono collaborare per decidere la strategia migliore caso per caso, valutando attentamente i rischi e i benefici di ogni opzione (chirurgia, embolizzazione, SRS singola o ripetuta). L’embolizzazione offre un effetto immediato, mentre la SRS richiede tempo per agire, ma può essere un’ottima opzione non invasiva, specialmente come trattamento ripetuto.

Conclusioni (Provvisorie ma Promettenti)
Certo, questo studio ha i suoi limiti: è retrospettivo, il numero di pazienti è piccolo e potrebbero esserci stati cambiamenti nelle tecnologie e nell’esperienza nel lungo periodo considerato. Inoltre, non tutti i pazienti hanno eseguito l’angiografia con catetere (il gold standard) per confermare l’obliterazione, affidandosi all’MRI, che comunque è considerata molto affidabile.
Tuttavia, i risultati preliminari sono davvero incoraggianti. La radiochirurgia stereotassica ripetuta sembra essere un approccio sicuro ed efficace per trattare le fistole durali intracraniche residue, portando a un miglioramento dei sintomi nella maggior parte dei pazienti e a una chiusura completa della fistola in oltre la metà dei casi, con un basso tasso di complicanze.
Quindi, se una prima SRS non dovesse bastare, c’è una valida seconda chance all’orizzonte. Una speranza concreta per chi convive con queste complesse malformazioni vascolari. Serviranno studi più ampi e prospettici per confermare questi dati, ma la strada sembra tracciata!
Fonte: Springer
