Un primo piano emotivo di un partner che tiene la mano della partoriente in sala parto, entrambi i volti mostrano un misto di trepidazione e amore. Luce soffusa, obiettivo da ritratto 35mm, bianco e nero con un leggero effetto film noir per enfatizzare l'intensità del momento.

Compagni di Parto: Finalmente una Voce al Loro Benessere (Grazie a un Nuovo Questionario!)

Ehi, amici! Oggi voglio parlarvi di un argomento che, secondo me, non riceve mai abbastanza attenzione: il benessere di chi sta accanto alla donna durante il parto. Sì, parlo proprio di loro, i “birthing partners”, che siano compagni, mariti, amiche, sorelle… figure fondamentali che vivono un turbinio di emozioni spesso messe in secondo piano. Ma le cose stanno per cambiare, e vi racconto come!

Pensateci un attimo: il parto è un’esperienza pazzesca, un vero e proprio rito di passaggio. E non solo per la mamma! Anche per chi è lì a offrire supporto, è un momento che può segnare un prima e un dopo, influenzando il benessere psicologico a breve e lungo termine. Eppure, per anni, la ricerca si è concentrata quasi esclusivamente sulla partoriente. Giustissimo, per carità, ma ci siamo un po’ dimenticati di chi le stringe la mano, le sussurra parole di incoraggiamento, e vive con lei ogni singola contrazione.

Ma perché è così importante il benessere di chi accompagna?

Beh, la risposta è più complessa di quanto si pensi. Un’esperienza di parto positiva e condivisa può rafforzare incredibilmente la relazione di coppia e facilitare l’adattamento alle sfide della genitorialità. Al contrario, un’esperienza negativa può lasciare strascichi pesanti: ansia, sintomi depressivi post-parto (sì, anche per i partner!), e in alcuni casi, persino un vero e proprio disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Avete letto bene, anche chi assiste può vivere il parto come un trauma.

Studi hanno dimostrato che i papà, ad esempio, possono sentirsi meno prioritari e quindi meno inclini a cercare supporto. Durante la pandemia di Covid-19, poi, questa sensazione si è acuita, con molti partner esclusi o limitati nella loro possibilità di supportare attivamente, compito che loro stessi ritengono fondamentale. E non è finita qui: un’esperienza di parto negativa per il partner può influenzare persino l’attaccamento al bambino. Insomma, è un effetto domino che coinvolge tutta la famiglia.

Il problema è che, fino ad ora, mancavano strumenti sistematici per indagare i bisogni e le sensazioni di queste figure di supporto. C’era qualche studio qualitativo, qualche questionario focalizzato solo sui papà alla prima esperienza, ma nulla di veramente completo e inclusivo.

Entra in scena il WOPEG: il questionario che dà voce ai “supporter”

Ed è qui che arriva la bella notizia, quella che mi ha spinto a scrivere questo articolo! Un gruppo di ricercatori ha sviluppato e, soprattutto, validato un questionario specifico per valutare il benessere delle persone di supporto durante il parto. Si chiama WOPEG (WOhlbefinden von BegleitPErsonen während der Geburt), pensato in lingua tedesca, ma con la speranza che possa aprire la strada a strumenti simili a livello internazionale.

La cosa fantastica di questo questionario è che è stato pensato con un linguaggio inclusivo, per rivolgersi a tutte le persone di supporto, indipendentemente dal genere o dal tipo di relazione con la partoriente. Finalmente!

Lo sviluppo è stato un processo accurato:

  • Prima hanno scandagliato la letteratura scientifica e condotto interviste qualitative per identificare i domini chiave del benessere durante il supporto al parto. Ne sono emersi quattro principali: sentimenti intensi, il ruolo del supporto, il supporto da parte dello staff medico e il “diventare padre” (poi generalizzato).
  • Poi hanno creato una marea di domande (ben 89 inizialmente!) basate su questi domini.
  • Hanno fatto dei pre-test cognitivi, chiedendo ai partner di valutare la chiarezza e la rilevanza delle domande, e hanno consultato esperti per la validità dei contenuti.
  • Infine, un test pilota ha permesso di affinare ulteriormente lo strumento, riducendo le domande a 31, quelle più “discriminanti” e significative.

Queste 31 domande sono raggruppate in domini specifici, come:

  • L’“informazione” del partner: quanto si sente consapevole di ciò che sta accadendo e di come può aiutare.
  • L’“interazione con lo staff medico”: qui hanno fatto una distinzione importante tra ostetriche e medici, perché le esperienze possono essere molto diverse!
  • Il senso di “appartenenza”: sentirsi parte del processo, capace di soddisfare le proprie aspettative e di supportare la donna.
  • I “sentimenti”: ansia, sopraffazione, preoccupazione per la durata del travaglio o per il dolore della partoriente, la necessità di reprimere le proprie emozioni.

Un partner, uomo sulla trentina, in una sala d'attesa di ospedale, guarda fuori dalla finestra con espressione pensierosa. Obiettivo da 35mm, profondità di campo, illuminazione film noir con toni blu e grigi per accentuare la riflessione e una leggera ansia.

So cosa state pensando: “Ok, bello, ma come facciamo a sapere se questo questionario misura davvero quello che dice di misurare?” Ottima domanda! Ed è qui che entra in gioco la validazione, il cuore dello studio di cui vi parlo.

Come abbiamo capito che funziona? La validazione!

Per validare il WOPEG, i ricercatori lo hanno somministrato online a 175 persone di supporto che avevano assistito a un parto in una clinica tedesca negli ultimi 5 anni. L’età media era di 34 anni, e l’87% erano uomini. La maggioranza supportava la propria partner, ma c’erano anche figlie, sorelle, amiche, persino persone che supportavano rifugiate.

Hanno verificato diverse cose:

  • Affidabilità (consistenza interna): Hanno usato il famoso Alpha di Cronbach. Per farla semplice, misura quanto le domande di una stessa scala “vanno d’accordo” nel misurare lo stesso concetto. I risultati sono stati ottimi (0.93 per l’intero questionario e tra 0.80 e 0.88 per le singole scale), indicando una buona affidabilità.
  • Validità di criterio: Hanno chiesto ai partecipanti di valutare il loro benessere generale durante il parto su una scala da 1 a 10. Poi hanno confrontato questo voto con il punteggio medio ottenuto al questionario. La correlazione era alta (r=0.72), il che significa che il questionario “azzecca” abbastanza bene il livello di benessere percepito.
  • Validità di costrutto (Known-groups validation): Qui si sono chiesti: “Il questionario è capace di distinguere tra gruppi che sappiamo essere diversi?”. Ad esempio, chi assiste a un parto vaginale vive un’esperienza diversa da chi assiste a un cesareo d’urgenza. Ebbene sì, il WOPEG è riuscito a identificare differenze significative nel benessere percepito a seconda della modalità del parto (vaginale, cesareo programmato, cesareo d’emergenza, parto operativo vaginale).

Cosa ci dicono i risultati? Luci e ombre dell’esperienza di supporto

I risultati sono super interessanti! In generale, il livello di benessere riportato è stato alto. La scala con il punteggio più alto è stata quella del “senso di appartenenza”, mentre quella con il punteggio più basso è stata l'”interazione con i medici”. Questo conferma un feedback che i ricercatori avevano già ricevuto: spesso c’è una grande differenza nella soddisfazione verso le ostetriche rispetto ai medici (in Germania, durante un parto fisiologico, è presente principalmente l’ostetrica, il medico interviene solo per complicazioni o alla fine).

Analizzando le differenze tra modalità di parto, sono emerse cose curiose:

  • Chi ha supportato un cesareo programmato si è sentito meglio informato e ha riportato i sentimenti più positivi.
  • Durante un cesareo d’urgenza, i partner hanno valutato molto positivamente l’interazione con ostetriche e medici e il loro senso di appartenenza era il più alto. Questo potrebbe dipendere dal fatto che in emergenza c’è molta azione e interazione tra professionisti. Tuttavia, allo stesso tempo, queste persone hanno riportato i sentimenti più negativi riguardo alla situazione. Un mix agrodolce, insomma.
  • Chi ha supportato un parto vaginale operativo (con ventosa o forcipe, per intenderci) ha valutato come più bassi l’informazione ricevuta, l’interazione con i medici e il senso di appartenenza.

Un altro dato interessante riguarda la posizione durante il parto. Il senso di “appartenenza” e i “sentimenti” del partner differivano significativamente se la donna partoriva in posizione supina rispetto ad altre posizioni (es. carponi, in piedi). Anche partorire a letto o meno faceva la differenza per i “sentimenti”.

E quali fattori influenzano di più il benessere generale del partner? Secondo le analisi di regressione:

  • Se è la prima volta o un supporto ripetuto.
  • Se la donna è primipara o multipara.
  • Se il parto è vaginale o operativo (cesareo/vaginale operativo).

Curiosamente, variabili socio-demografiche come età, genere o livello di istruzione del partner non sembravano avere un’influenza significativa in questo studio, a differenza di quanto trovato in altre ricerche.

Una ostetrica sorridente e rassicurante, sulla quarantina, parla con una coppia in una sala parto luminosa e accogliente. Il partner, un uomo, ascolta con attenzione e un'espressione più serena. Obiettivo da ritratto 35mm, duotono caldo (es. seppia e crema), profondità di campo per mettere a fuoco l'interazione.

Un passo avanti importantissimo (con qualche precisazione)

Questo questionario, il WOPEG, è davvero un bel passo avanti. Finalmente abbiamo uno strumento che può aiutare a identificare precocemente esperienze negative o addirittura traumatiche per chi supporta il parto. E riconoscere il problema è il primo passo per prevenirne le conseguenze sulla salute mentale.

Pensateci: i giorni subito dopo il parto sono una finestra di opportunità cruciale per intervenire, specialmente per i papà a rischio di depressione post-partum. Il WOPEG potrebbe diventare uno strumento di screening iniziale per capire chi ha bisogno di un supporto extra, di un colloquio, di un aiuto per elaborare l’esperienza.

È importante sottolineare che questo strumento è stato validato su un campione di lingua tedesca. Quindi, la sua applicabilità internazionale andrà testata con traduzioni e validazioni in altri contesti. Inoltre, il campione aveva una percentuale alta di persone con un livello di istruzione elevato, il che è una limitazione da considerare.

Tuttavia, non sminuiamo l’importanza di questo lavoro! Avere uno strumento che si concentra sul benessere dei “supporter” è fondamentale. Queste persone non sono solo un “aiuto” per la donna, ma vogliono essere coinvolte attivamente, e la loro esperienza ha un impatto profondo.

Allora, cosa ci portiamo a casa?

Che il benessere di chi accompagna la donna durante il parto è una cosa seria, serissima! E che finalmente abbiamo uno strumento validato, il WOPEG, che ci permette di misurarlo, capirlo meglio e, si spera, migliorarlo.

Questo questionario non serve solo a “dare un voto” all’esperienza, ma a capire di cosa hanno bisogno queste persone per vivere al meglio un momento così intenso e trasformativo. Può essere la base per offrire un supporto e una consulenza mirati, soprattutto quando l’esperienza non è stata positiva, promuovendo preventivamente la loro salute mentale.

Ricordiamoci che un partner sereno e supportato è una risorsa preziosissima per la mamma e per il neonato, specialmente in situazioni delicate come la depressione post-partum materna. Quindi, ben venga il WOPEG e speriamo che studi come questo aprano la strada a una sempre maggiore attenzione verso tutti i protagonisti di quel miracolo che è la nascita!

Un gruppo diversificato di persone (uomini e donne, età diverse) seduti in cerchio in un ambiente confortevole, come una sessione di debriefing o un gruppo di supporto post-parto. Alcuni parlano, altri ascoltano. Obiettivo zoom 24-70mm per catturare le espressioni di condivisione e sollievo, luce naturale, profondità di campo.

Fonte: Springer

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