Una Goccia di Sangue, Mille Segreti Ormonali: La Rivoluzione dei Test a Secco Sta Arrivando?
Basta Aghi? Una Nuova Era per le Analisi del Sangue
Ammettiamolo, chi di noi salta di gioia all’idea di un prelievo di sangue venoso? L’ago, l’attesa, a volte il fastidio… E se vi dicessi che potremmo essere alle soglie di una piccola, grande rivoluzione? Immaginate di poter monitorare importanti proteine endocrine, quelle che regolano crescita, metabolismo e fertilità, con una semplice punturina sul dito, comodamente da casa. Sembra fantascienza? Beh, tenetevi forte, perché sto per raccontarvi di una tecnologia che potrebbe rendere tutto questo realtà: i campioni di sangue essiccato quantitativi, o qDBS (quantitative Dried Blood Spots).
Da sempre, le proteine circolanti nel nostro sangue sono come messaggeri che ci raccontano tanto sulla nostra salute. Tra queste, gli ormoni endocrini sono dei veri e propri direttori d’orchestra per il nostro corpo. Solitamente, per “ascoltarli”, si analizza il plasma o il siero ottenuti da un prelievo di sangue venoso. Ma, come dicevo, non è sempre la passeggiata più piacevole o comoda. Recentemente, però, sono emersi dispositivi per il campionamento capillare quantitativo da una semplice puntura del dito. Una vera manna dal cielo, potenzialmente! Ma funzionano davvero per i test clinici? È quello che ci siamo chiesti.
Il Solito Prelievo: Limiti e Nuove Prospettive
Le routine attuali nella medicina di laboratorio si basano sulla quantificazione di biomarcatori circolanti nel plasma e nel siero preparati da prelievi di sangue venoso. Tuttavia, la flebotomia è una procedura medica che deve essere eseguita da professionisti sanitari qualificati e in strutture sanitarie. Un’alternativa ai campioni clinici ottenuti dal sangue venoso sono i campioni di sangue essiccato (DBS), che possono essere ottenuti dal sangue capillare tramite una puntura sul dito. Un vantaggio dei DBS è che non necessitano del coinvolgimento di personale sanitario, il che aumenta le opzioni per i donatori di campionarsi da soli a casa e può essere fatto in qualsiasi momento opportuno. Il campionamento DBS è stato utilizzato per oltre 60 anni in ambito clinico per lo screening neonatale da quando Guthrie introdusse lo screening per la Fenilchetonuria (PKU) nel 1963, un’applicazione in cui la quantificazione esatta non è necessaria. Tuttavia, i DBS tradizionali lottano con l’incertezza del volume del campione e l’effetto dell’ematocrito. In tali casi, i campioni DBS tradizionali introducono variazioni nel volume del campione di sangue, portando a un’incertezza di misurazione sfavorevole. Per superare questa limitazione, i dispositivi DBS volumetrici consentono un campionamento esatto del volume di sangue. Applicare volumi accurati di campioni al sistema analitico è cruciale poiché le deviazioni tra le quantità attese e caricate influenzano il processo decisionale clinico.
La Nostra Missione: Mettere alla Prova i qDBS con gli Ormoni
Affascinati da queste premesse, ci siamo chiesti: questi qDBS sono davvero all’altezza quando si tratta di quantificare proteine clinicamente rilevanti, come gli ormoni endocrini? Per scoprirlo, abbiamo messo in piedi uno studio comparando campioni di qDBS e campioni di plasma EDTA prelevati da 100 donatori (con una netta prevalenza femminile, il 90%, e un’età compresa tra i 4 e i 78 anni). Ci siamo concentrati su cinque “big” del sistema endocrino, tutti secreti dalla ghiandola pituitaria e cruciali per sviluppo, metabolismo e fertilità:
- L’ormone luteinizzante subunità beta (LHB)
- L’ormone follicolo-stimolante subunità beta (FSHB)
- L’ormone tireostimolante subunità beta (TSHB)
- La prolattina (PRL)
- L’ormone della crescita 1 (GH1)
Abbiamo usato saggi immunologici multiplex, una tecnica sofisticata che, grazie a microsfere magnetiche colorate in modo univoco e anticorpi specifici, permette di misurare più proteine contemporaneamente in un singolo campione. Immaginatela come una sorta di “caccia al tesoro” molecolare ad alta tecnologia! E poi, abbiamo confrontato i nostri risultati con quelli di un laboratorio di chimica clinica accreditato, che usa metodi standard. L’obiettivo? Capire se una goccia di sangue secco può davvero darci le stesse informazioni di una provetta tradizionale, aprendo magari la strada a campionamenti domiciliari più flessibili, meno costosi e meno invasivi.
Per le analisi molecolari, i saggi immunologici sono metodi ben consolidati che consentono di misurare le concentrazioni di singole o diverse proteine nei campioni clinici alla volta. Negli ultimi decenni, le piattaforme immuno-basate sono state generalmente preferite per la diagnosi clinica rispetto alle tecnologie cromatografiche. Offrono routine robuste, semplici, automatizzate e sensibili, producendo saggi ad alto rendimento adatti per misurazioni di routine nei laboratori clinici. Un vantaggio persistente dei saggi immunologici rispetto alla spettrometria di massa (MS) è stata la loro capacità di rilevare proteine circolanti a basse concentrazioni (≤ 1 pg/ml). Una delle diverse tecnologie utilizzate per studiare molte proteine in un unico saggio si basa su particelle codificate a colori. Il multiplexing si ottiene coniugando anticorpi specifici per il bersaglio a microsfere magnetiche codificate a colori in modo univoco e mescolando microsfere create per analiti diversi. La rilevazione parallela viene quindi ottenuta da una molecola reporter fluorescente e un citometro a flusso registra contemporaneamente l’intensità del reporter e l’ID della microsfera. Insieme all’analisi di standard rappresentativi, il metodo ha la flessibilità di quantificare diverse proteine in un unico campione di sangue.
Cosa Abbiamo Scoperto? Sorprese da una Goccia di Sangue
I risultati sono stati, a dir poco, incoraggianti! L’analisi multiplex ha mostrato una quantificazione precisa delle proteine nei qDBS (con un coefficiente di variazione medio, CV, dell’8.3%, che in parole povere significa buona affidabilità). C’era un’elevata concordanza con i livelli plasmatici (correlazione da 0.88 a 0.99), il che è fantastico! Significa che, in linea di massima, quello che vediamo nel qDBS rispecchia ciò che c’è nel plasma.
Certo, qualche differenza c’è. Le concentrazioni di proteine riportate erano da 1.2 a 7.5 volte più alte nel plasma rispetto agli eluati di qDBS. Questo è in parte dovuto al fatto che l’estrazione delle proteine dal dischetto di qDBS (un processo in cui il dischetto viene incubato in un tampone per “liberare” le proteine) comporta una diluizione, e anche perché gli standard di calibrazione usati sono ottimizzati per il plasma o il siero, non specificamente per il sangue essiccato. È come usare un metro pensato per misurare stoffe per misurare invece la farina: funziona, ma con qualche accorgimento e potenziale imprecisione. Abbiamo anche notato che l’accuratezza (il “recupero” delle proteine) dipendeva un po’ dalla matrice (cioè dal “contesto” del campione, sangue intero essiccato vs. plasma liquido) e dalla proteina specifica, con un recupero che variava dall’80% al 225%. Questo ci dice che la “ricetta” per analizzare i qDBS deve essere messa a punto proteina per proteina.
Un dettaglio tecnico: per estrarre le proteine dai dischetti, abbiamo usato un tampone di eluizione e poi abbiamo confrontato questi “estratti” con i campioni di plasma. I campioni di plasma per l’analisi multiplex sono stati diluiti 1:5, mentre gli eluati di qDBS, essendo già il risultato di un’estrazione da 10 µL di sangue in 100 µL di tampone (quindi una diluizione 1:10), sono stati usati non diluiti ulteriormente per il saggio. Nonostante queste differenze di trattamento e diluizione, la correlazione è rimasta alta, il che è un ottimo segno.
Il Confronto con i Metodi Tradizionali: qDBS alla Prova del Nove
Quando abbiamo confrontato i nostri saggi multiplex su plasma con i dati del laboratorio clinico (usando il sistema Roche Diagnostics Cobas pro), l’accordo è stato ottimo (correlazione da 0.87 a 0.99). E quando abbiamo messo a confronto i dati clinici del plasma con i nostri saggi multiplex su qDBS? Anche qui, una buona correlazione (da 0.76 a 0.98), sebbene leggermente inferiore per il TSHB (r=0.76). Questo ci dice che i qDBS sono sulla strada giusta, ma c’è ancora lavoro da fare per affinare la metodica specificamente per questa matrice e capire le discrepanze, forse dovute a diversi epitopi anticorpali o interferenze.
Un aspetto particolarmente interessante è emerso analizzando i livelli di FSHB e LHB nelle donatrici. Come sappiamo, questi ormoni cambiano con l’età, specialmente con l’avvicinarsi e il sopraggiungere della menopausa (generalmente tra i 45 e i 55 anni). Ebbene, dividendo le donne in gruppi di età (pre-menopausa 55 anni), sia con i qDBS che con il plasma, e con entrambe le metodiche di analisi, abbiamo osservato gli aumenti significativi di FSHB e LHB correlati all’età nelle donne (p < 0.01). Questa è una conferma importante: i qDBS possono cogliere variazioni biologiche clinicamente rilevanti, come quelle legate alla fertilità femminile!
Perché Tutto Questo è Importante? Il Futuro a Portata di Dito
Questo studio, secondo me, apre scenari davvero promettenti. La possibilità di usare i qDBS per quantificare proteine clinicamente informative con saggi multiplex è un passo avanti enorme. Pensate alla comodità: campionamento a casa (anche se nel nostro studio abbiamo usato sangue venoso per caricare le card qDBS, per standardizzare), invio per posta al laboratorio. Questo potrebbe rivoluzionare il monitoraggio di patologie croniche, la medicina personalizzata, gli studi clinici e persino il monitoraggio della fertilità, permettendo di raccogliere campioni nel momento più opportuno, senza stress e costi aggiuntivi.
Certo, come ogni innovazione, c’è bisogno di ulteriore lavoro. Dobbiamo ottimizzare i protocolli specificamente per i qDBS, sviluppare standard di calibrazione dedicati e comprendere meglio gli effetti della matrice del sangue essiccato (che contiene tutte le cellule del sangue, a differenza del plasma che ne è privo). Ad esempio, il sangue intero ha circa il 55% di fluido extracellulare; quindi, ci si aspetterebbe che le concentrazioni nel plasma siano circa 1.8 volte superiori a quelle nel qDBS. I nostri rapporti plasma/qDBS per FSHB, TSHB e PRL erano vicini a questo intervallo (mediana 1.2–1.9), ma per LHB il rapporto era più alto (mediana 7.5), suggerendo interferenze specifiche della matrice DBS per quel saggio. Nonostante queste sfide, la strada è tracciata. I dispositivi qDBS volumetrici offrono una nuova routine per una quantificazione accurata delle proteine, aprendo le porte a una medicina di precisione sempre più accessibile.
La cosa che mi affascina di più è come una tecnologia apparentemente semplice – essiccare una goccia di sangue – possa, grazie all’innovazione (come i dispositivi volumetrici Capitainer®B che abbiamo usato) e alla ricerca rigorosa, diventare uno strumento così potente. Non stiamo parlando solo di comodità, ma di rendere le diagnosi e il monitoraggio più tempestivi, personalizzati e, in definitiva, più efficaci. Il futuro della diagnostica potrebbe davvero essere in una goccia! E chissà, magari un giorno diremo addio, o almeno arrivederci, a molti dei tradizionali prelievi venosi.
Fonte: Springer