Ritratto ravvicinato di un cane Labrador che inclina la testa con espressione interrogativa, guardando un bottone colorato per comunicazione interspecie (AIC) posato su un pavimento di legno. Prime lens, 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo, luce calda e naturale laterale che evidenzia il pelo del cane.

“Pronto Fido?” Perché il tuo cane potrebbe non capire una parola dai dispositivi audio (specialmente quei bottoni!)

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero incuriosito e che riguarda i nostri amici a quattro zampe e la tecnologia. Sappiamo tutti quanto i cani siano bravi a capirci, a leggere le nostre emozioni e a rispondere ai comandi. Ma vi siete mai chiesti se ci capiscono allo stesso modo quando la nostra voce arriva da un altoparlante o, ancora più di moda ultimamente, da quei famosi “bottoni parlanti”? Beh, sembra proprio che la qualità del suono faccia una differenza enorme, e i risultati di una recente ricerca sono piuttosto sorprendenti!

La sfida della comunicazione “filtrata”

Noi umani siamo campioni nel decifrare parole anche quando il suono è disturbato o degradato. Pensate alle telefonate con linea disturbata o a una conversazione in un locale affollato. Ma per i cani? Loro vivono immersi nel nostro mondo linguistico, ma come se la cavano con la tecnologia?

Studi precedenti avevano già suggerito che i cani riconoscono il loro nome anche con rumore di fondo o con un segnale vocale un po’ rovinato. Però, altri studi avevano notato un calo drastico nelle prestazioni quando i comandi venivano dati tramite registrazioni su nastro. Forse mancava qualcosa nel suono registrato rispetto alla voce umana dal vivo.

Oggi, con la tecnologia digitale, abbiamo fatto passi da gigante. Ma i dispositivi commerciali, per essere accessibili e comodi, spesso scendono a compromessi: microfoni non eccelsi, altoparlanti così così, compressione audio che taglia via frequenze… Tutto questo può degradare il suono in modi che noi magari non notiamo parlando, ma che potrebbero essere cruciali per un cane. Ricordiamoci che i cani sentono frequenze molto più alte di noi (fino a 45.000 Hz contro i nostri 20.000 Hz!). I dispositivi sono ottimizzati per l’orecchio umano, non per il loro.

E poi ci sono loro, i bottoni AIC (Augmentative Interspecies Communication), diventati popolarissimi grazie ai social media. L’idea è affascinante: insegnare al cane a premere un bottone con una parola registrata per “dire” cosa vuole. Ma funzionano davvero come pensiamo? Il cane associa il suono alla parola detta da noi o impara solo a premere il bottone giusto nel posto giusto per ottenere qualcosa? E soprattutto, riconosce la parola registrata?

Mettere alla prova le orecchie canine: gli esperimenti

Per capirci di più, un gruppo di ricercatori ha messo in piedi tre studi molto interessanti. L’ipotesi di partenza era semplice: più il suono è degradato, meno i cani capiranno. Hanno confrontato tre modi di comunicare:

  • Voce dal vivo: il proprietario parla direttamente al cane.
  • Altoparlante: la voce del proprietario registrata su smartphone e riprodotta da un altoparlante di buona qualità (un JBL Go3).
  • Bottone AIC: la voce registrata e riprodotta dal famoso bottone parlante (FluentPet, scelto perché dichiarato “il più chiaro e forte”).

Hanno anche testato se vedere la bocca del proprietario muoversi in sincrono con il suono registrato aiutasse i cani (spoiler: no!).

Un cane di razza mista guarda con attenzione un altoparlante JBL Go3 posizionato sul pavimento, da cui proviene un suono. Accanto all'altoparlante c'è uno smartphone. L'ambiente è una stanza domestica luminosa. Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing, controlled lighting.

Nel primo studio, hanno preso 17 cani “tipici” (Labrador, Golden, Barboncini, ecc.) addestrati a eseguire tre azioni a comando vocale (tipo “seduto”, “terra”, “gira”). Hanno testato quanto fossero bravi a eseguire l’azione giusta in base a come veniva dato il comando (voce, altoparlante, bottone, con e senza movimento della bocca).

Nel secondo studio, si sono concentrati su 7 cani “superdotati”, i cosiddetti Gifted Word Learners (GWL), famosi per imparare decine o centinaia di nomi di giocattoli. Questi cani dovevano recuperare il giocattolo nominato dal proprietario, sempre nelle diverse condizioni audio. L’idea era vedere se questi “genietti” delle parole fossero più tolleranti alla degradazione del suono.

Infine, nel terzo studio (solo con i cani GWL e usando solo l’altoparlante, visto l’esito dei bottoni…), hanno verificato se questi cani potessero imparare nomi di giocattoli nuovi sentendoli solo dalla registrazione sull’altoparlante e se poi riconoscessero la stessa parola detta a voce dal proprietario (generalizzazione).

I risultati: una gerarchia chiara (e un crollo inaspettato)

Ebbene, i risultati sono stati incredibilmente coerenti in entrambi i primi due studi, sia con i cani tipici che con i GWL! La performance dei cani dipendeva tantissimo dal dispositivo:

  1. Voce dal vivo: i cani erano quasi perfetti, come ci si aspettava.
  2. Altoparlante (JBL): la performance calava un po’, ma i cani capivano ancora abbastanza bene.
  3. Bottone AIC (FluentPet): qui il crollo. La performance era bassissima, significativamente peggiore rispetto all’altoparlante. Era come se i cani, sentendo la parola dal bottone, non la riconoscessero affatto!

E il movimento della bocca? Non faceva alcuna differenza. I cani si basavano solo sul suono.

Visualizzazione grafica di un'analisi spettrogramma. A sinistra, uno spettrogramma ricco di frequenze etichettato 'Voce dal vivo'. Al centro, uno spettrogramma con alcune frequenze attenuate etichettato 'Altoparlante JBL'. A destra, uno spettrogramma con una drastica perdita di frequenze, specialmente basse e alte, etichettato 'Bottone AIC'. Stile infografica scientifica, alta definizione.

Ma perché questa differenza abissale, soprattutto con i bottoni? I ricercatori hanno fatto un’analisi tecnica dei suoni riprodotti dai dispositivi. Hanno scoperto che l’altoparlante JBL, pur non essendo perfetto, manteneva una buona parte dello spettro di frequenze della voce umana. Il bottone AIC, invece, tagliava via un sacco di informazioni sonore, specialmente nelle frequenze basse (sotto i 1000 Hz) e in quelle molto alte (sopra i 5000 Hz). Proprio le frequenze basse, come la frequenza fondamentale della voce, sono cruciali per il riconoscimento vocale, anche per i cani! Senza quelle, è probabile che la parola risulti irriconoscibile.

Imparare parole nuove da un altoparlante? I GWL ci provano

E lo studio 3 sui cani GWL? Hanno dimostrato di poter imparare nomi di giocattoli nuovi sentendoli solo dall’altoparlante JBL, ma la loro performance era circa il 30% più bassa rispetto a quando imparavano con la voce dal vivo del proprietario. La cosa affascinante è che, quando poi venivano testati con la voce dal vivo dopo aver imparato dall’altoparlante, la loro performance migliorava leggermente! Questo suggerisce che non solo riescono a generalizzare dal suono registrato (un po’ degradato) alla voce umana originale, ma che la voce dal vivo, più ricca di sfumature, li aiuta addirittura di più. Dimostra la loro flessibilità, ma sottolinea ancora una volta quanto la qualità del suono (e forse la naturalezza dell’interazione) sia importante per l’apprendimento.

Un Border Collie porta orgogliosamente un giocattolo specifico (es. una palla rossa) al suo proprietario, che è seduto su una sedia e lo loda con un sorriso. La scena è ripresa in un salotto. Telephoto zoom, 100mm, fast shutter speed, action tracking, luce naturale dalla finestra.

Cosa ci portiamo a casa?

Questa ricerca ci dice chiaramente una cosa: la qualità con cui riproduciamo i suoni per i nostri cani conta, eccome! Se state usando i bottoni AIC pensando che il vostro cane stia capendo e usando le parole registrate come se le diceste voi, beh, forse è il caso di riconsiderare. È molto più probabile che il cane non riconosca la parola a causa della forte degradazione del suono prodotta da questi dispositivi.

Questo non significa che i bottoni siano inutili in assoluto (magari il cane impara l’associazione posizione-risultato), ma mette in dubbio l’idea che facilitino una vera comprensione del linguaggio umano registrato.

Per chi fa ricerca, questo studio è un monito importante: bisogna fare molta attenzione alla qualità delle apparecchiature audio usate negli esperimenti con i cani. Anche un buon altoparlante commerciale introduce una degradazione che influisce sulla performance. Verificare lo spettro di frequenze dei dispositivi diventa fondamentale.

In conclusione, la prossima volta che userete un dispositivo per comunicare con il vostro cane, ricordatevi che le sue orecchie sono sensibili e che un suono “pulito” e completo fa davvero la differenza per la sua comprensione. La buona vecchia voce umana, per ora, sembra rimanere imbattibile!

Fonte: Springer

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