Protoni SPARATI da Laser: Un Singolo Impulso per Rivoluzionare la Radioterapia?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta davvero a cuore e che, credetemi, potrebbe cambiare le carte in tavola nella lotta contro il cancro: la radiobiologia FLASH guidata da laser. Sembra un titolo da film di fantascienza, vero? Eppure, è scienza purissima, e io sono qui per raccontarvela in modo semplice e, spero, appassionante.
Un Lampo di Genio Contro il Cancro?
La radioterapia è una delle armi più potenti che abbiamo contro i tumori. Funziona “sparando” radiazioni contro le cellule cancerose per distruggerle. Per la maggior parte, si usano i raggi X, ma anche i protoni stanno diventando sempre più protagonisti. Perché i protoni? Beh, immaginateveli come dei cecchini super precisi: rilasciano la maggior parte della loro energia distruttiva proprio nel tumore, risparmiando il più possibile i tessuti sani circostanti. Questo è un vantaggio enorme, specialmente per tumori difficili da raggiungere o vicini a organi vitali.
Tradizionalmente, per accelerare questi protoni servono macchinari enormi e costosi, come ciclotroni o sincro-ciclotroni. Ma se vi dicessi che c’è un’alternativa più compatta, versatile e con caratteristiche uniche? Sto parlando delle sorgenti di protoni guidate da laser.
Protoni Accelerati da Laser: Una Nuova Frontiera
L’idea di usare i laser per accelerare protoni non è nuova, ma stiamo facendo passi da gigante. Questi sistemi sono più piccoli e, cosa non da poco, il laser in sé non richiede schermature anti-radiazioni particolari prima che interagisca con la materia per creare i protoni. Un altro aspetto intrigante è che i protoni generati da laser hanno uno spettro di energia molto ampio. Questo potrebbe aprire la strada a nuove strategie per trattare tumori profondi, creando quello che in gergo chiamiamo “Spread-Out Bragg Peak” (SOBP), ovvero una distribuzione della dose ottimizzata in profondità.
Certo, non siamo ancora al punto di usare questi sistemi laser per trattamenti clinici di routine, soprattutto per tumori profondi, perché le energie cinetiche raggiunte non sono ancora sufficienti. Ma per irradiazioni superficiali o studi in vitro (cioè su cellule in laboratorio) e in vivo (su organismi viventi, come vedremo tra poco), abbiamo già dimostrato che la cosa funziona, eccome!
L’Effetto FLASH: Più Veloce è Meglio?
Qui le cose si fanno davvero interessanti. Recentemente, la comunità scientifica è in fermento per la scoperta dell’effetto FLASH. Di cosa si tratta? In poche parole, si è visto che somministrare una dose di radiazioni molto alta in un tempo brevissimo (parliamo di ratei di dose elevatissimi) sembra avere un effetto protettivo sui tessuti sani, pur mantenendo l’efficacia contro il tumore! È come se i tessuti sani avessero meno tempo per “accorgersi” del danno e reagire negativamente, mentre il tumore, più vulnerabile, soccombe comunque. Questo potrebbe significare trattamenti più efficaci e con minori effetti collaterali. Un sogno, no?
Le sorgenti di protoni guidate da laser sono perfette per esplorare l’effetto FLASH. Ogni impulso laser genera un pacchetto di protoni incredibilmente breve e intenso, della durata di pochi picosecondi o nanosecondi. Molti laboratori nel mondo stanno studiando gli effetti biologici di questi protoni, ma spesso si usano laser con energie per impulso relativamente basse e ratei di ripetizione lenti. Questo significa che per raggiungere la dose terapeutica desiderata (di solito tra 1 e 10 Gray, Gy), servono molti impulsi laser, e l’irradiazione totale dura da qualche secondo a qualche minuto. Questa modalità, chiamata “fast fractionation” (frazionamento veloce), ha già mostrato effetti biologici particolari.

La Nostra Scommessa: Un Singolo Impulso Devastante (per il Tumore!)
E qui entra in gioco il nostro lavoro. Ci siamo chiesti: e se potessimo erogare l’intera dose terapeutica con un singolo impulso di protoni generato da laser? Immaginate: un solo “sparo” di durata inferiore ai 10 nanosecondi, ma con una potenza tale da rilasciare fino a 20 Gy su un campione biologico di 1 cm di diametro. Questo significa ratei di dose che superano i 109 Gy al secondo! Siamo ordini di grandezza oltre le condizioni tipiche dell’effetto FLASH.
Per riuscirci, abbiamo usato un sistema laser di classe kilojoule, molto potente. Ma non basta avere la potenza, bisogna anche saperla controllare. Abbiamo sviluppato una linea di trasporto composta da quadrupoli a magneti permanenti e un sistema di diffusione. Questi strumenti ci permettono di “guidare” e “modellare” il fascio di protoni, focalizzandolo sull’area da irradiare (che si trova in aria, lontano dal punto di interazione laser-bersaglio) e controllando la dose per impulso. Possiamo persino variare la densità di carica proiettata per fare esperimenti di “dose escalation”, cioè aumentare progressivamente la dose.
Una delle sfide più grandi con i protoni da laser, specialmente in questo regime a singolo impulso, è la dosimetria. L’accelerazione TNSA (Target Normal Sheath Acceleration), il meccanismo che usiamo, è molto sensibile alle condizioni del laser, che possono variare leggermente da un impulso all’altro. Questo significa che non possiamo sapere a priori con precisione assoluta quanta dose verrà depositata. E visto che l’irradiazione dura nanosecondi, non c’è tempo per monitorare e aggiustare il tiro in corso d’opera! Per superare questo ostacolo, abbiamo sviluppato un protocollo di dosimetria a singolo impulso basato su simulazioni Monte Carlo. In pratica, per ogni “sparo” laser, ricostruiamo lo spettro energetico dei protoni e la dose depositata.
Come Funziona? Un Pizzico di Magia (e Tanta Scienza)
Vi spiego brevemente il setup sperimentale, che abbiamo messo a punto presso il laboratorio LULI dell’École Polytechnique a Palaiseau, in Francia, usando il sistema laser pico2000. Un impulso laser ultracorto (1.2 picosecondi) e molto energetico (100 Joule) viene focalizzato su un sottile foglio d’oro. L’interazione genera un plasma caldissimo da cui vengono accelerati i protoni (meccanismo TNSA). Questi protoni hanno uno spettro energetico esponenziale, con un’energia massima che nel nostro caso ha raggiunto i 19.6 MeV.
Poi entrano in gioco i nostri “strumenti di guida”: due quadrupoli magnetici permanenti (Q1 e Q2) e un filtro diffusore di alluminio. I quadrupoli focalizzano il fascio e selezionano una parte dello spettro energetico, mentre il filtro migliora l’uniformità trasversale del fascio sul bersaglio. Tutto questo avviene sotto vuoto, fino a una finestra di Kapton che separa il vuoto dall’aria, dove posizioniamo i nostri campioni biologici.
Per la dosimetria, usiamo delle speciali pellicole radiocromiche (RCF) che cambiano colore quando vengono irradiate. Mettendone diverse, sia prima che dopo il campione biologico, e confrontando la dose misurata su di esse con le nostre simulazioni Monte Carlo, riusciamo a determinare con buona precisione la temperatura spettrale (un parametro chiave dello spettro TNSA) e la carica totale dei protoni per ogni singolo impulso, e da lì la dose al campione.
I Risultati Parlano Chiaro: Dalle Cellule ai Pesciolini
Abbiamo messo alla prova il nostro sistema su diversi fronti, sia in vitro che in vivo.
- Cellule tumorali sotto attacco: Abbiamo irradiato cellule di glioblastoma umano (U87-MG), un tumore cerebrale molto aggressivo. I risultati confermano che i nostri protoni a singolo impulso (che abbiamo chiamato SP-LAP, Single-Pulse Laser-Accelerated Protons) sono efficaci nell’uccidere le cellule tumorali, con una tossicità paragonabile a quella dei protoni accelerati convenzionalmente (CAP) o con la tecnica “fast-fractionation” (FF-LAP).
- Stress ossidativo e l’indizio FLASH: L’effetto FLASH è stato associato a una riduzione dello stress ossidativo nei tessuti sani. Abbiamo misurato un marcatore del danno al DNA da stress ossidativo (l’8-OHdG) in cellule sane (fibroblasti MRC5) e tumorali (U87-MG) dopo irradiazione con SP-LAP. Sorprendentemente, abbiamo osservato che le cellule tumorali U87-MG mostravano un aumento maggiore di questo danno rispetto alle cellule sane MRC5. Questo suggerisce che la nostra modalità di irradiazione ultra-rapida potrebbe indurre più danno da stress ossidativo nel tumore che nel tessuto sano. È una pista affascinante per capire meglio come funziona la protezione dei tessuti sani legata all’effetto FLASH!

- Zebrafish sotto esame: Per gli studi in vivo, abbiamo scelto gli embrioni di zebrafish (Danio rerio). Sono piccoli, si sviluppano rapidamente e i cambiamenti morfologici sono facili da monitorare. Li abbiamo irradiati a 4 ore post-fecondazione con una dose di circa 10 Gy in un singolo impulso. Cinque giorni dopo, abbiamo misurato la loro lunghezza. Gli animali irradiati erano significativamente più corti e mostravano malformazioni, come previsto. La cosa interessante è che la riduzione di lunghezza osservata (circa il 25% rispetto ai non irradiati) è compatibile con quanto osservato in altri studi sull’effetto FLASH con zebrafish, dove la modalità FLASH portava a un danno minore rispetto all’irradiazione convenzionale a parità di dose. Questo ci suggerisce che anche il nostro schema a singolo impulso ultra-breve potrebbe indurre un effetto FLASH.
Cosa Significa Tutto Questo per il Futuro?
Siamo ancora agli inizi, ma i risultati sono estremamente promettenti. Aver dimostrato la possibilità di erogare dosi clinicamente rilevanti in un singolo impulso di protoni da laser, con ratei di dose estremi, apre scenari completamente nuovi per la radiobiologia e, potenzialmente, per la radioterapia.
Certo, ci sono sfide. La principale, come accennavo, è la dosimetria e il controllo della dose real-time, che con un singolo impulso è impossibile. Il nostro protocollo di ricostruzione post-irradiazione è un passo avanti, ma la strada è ancora lunga per un’applicazione clinica. Tuttavia, la capacità di controllare la dose depositata tramite la linea di trasporto e la possibilità di generare un SOBP più uniforme anche in campioni spessi fino a 1 mm sono conquiste importanti.
L’osservazione di una possibile risposta differenziale allo stress ossidativo tra cellule sane e tumorali sotto queste condizioni di irradiazione estreme è particolarmente eccitante. Potrebbe essere una chiave per capire i meccanismi alla base del risparmio dei tessuti sani nell’effetto FLASH e per sviluppare terapie ancora più mirate.
Insomma, la ricerca sui protoni accelerati da laser e sull’effetto FLASH è un campo in rapidissima evoluzione. Ogni esperimento ci avvicina un po’ di più a comprendere come sfruttare al meglio queste incredibili “pallottole” di luce e materia per combattere il cancro. È un viaggio affascinante, e sono entusiasta di farne parte e di avervelo potuto raccontare!
Fonte: Springer Nature
