Razzi Eco-Friendly? Li Lanciamo con gli Scarti di Albicocca!
Ehi ragazzi, avete mai pensato a cosa succede agli scarti delle albicocche dopo che ci siamo gustati il frutto? Spesso finiscono buttati via, un bel problema per l’ambiente. Ma se vi dicessi che questi rifiuti agricoli potrebbero diventare il carburante per i razzi del futuro? Sì, avete capito bene! Sto per raccontarvi di una ricerca pazzesca che trasforma gli scarti del Prunus armeniaca L. (il nome scientifico dell’albicocco, per fare i fighi) in un propellente solido per razzi che è pure amico dell’ambiente. Sembra fantascienza, vero? Eppure è scienza vera!
Dagli Scarti Agricoli al Carburante Spaziale: Una Scommessa Verde
Viviamo in un’epoca in cui la parola d’ordine è sostenibilità. L’industria aerospaziale, che non è esattamente famosa per essere “leggera” sull’ambiente, sta cercando disperatamente alternative ai carburanti tradizionali, spesso inquinanti e derivati da fonti fossili. Ed è qui che entrano in gioco le nostre albicocche!
Pensateci: ogni anno si producono tonnellate di albicocche, e con esse tonnellate di scarti (noccioli, bucce, polpa residua). Gestire questi rifiuti è un costo e un potenziale danno ambientale. Ma se potessimo vederli non come un problema, ma come una risorsa? L’idea geniale è stata proprio questa: prendere questi scarti e, tramite processi chimici innovativi, trasformarli in qualcosa di prezioso.
Già si usano altre biomasse, come la lolla di riso o i gusci di palma, per produrre energia. Hanno un buon potere calorifico (cioè quanta energia liberano bruciando), tra i 14 e i 18 MJ/kg. Ma indovinate un po’? Gli scarti di albicocca fanno ancora meglio, arrivando a 18-20 MJ/kg! Più energia significa potenzialmente più spinta per i nostri razzi. Nonostante questo potenziale, finora erano stati poco studiati per questo scopo specifico.
Come Trasformiamo le Albicocche in Propellente?
Il processo è affascinante e sfrutta due tecniche principali: la solforazione e la caramellizzazione. Non pensate alla caramellizzazione delle torte, anche se il principio è simile!
1. Solforazione: Le albicocche fresche (con tanto di nocciolo) vengono messe in una stanza ermetica e trattate con fumi di zolfo bruciato (mescolato con un po’ di alcol etilico per l’innesco). Questo processo, ripetuto per 3 giorni, fa diverse cose: conserva il frutto, inibisce l’imbrunimento e, soprattutto, estrae un liquido denso e zuccherino. È questo “sciroppo” la base del nostro carburante!
2. Essiccazione e Caramellizzazione: Il liquido raccolto viene prima essiccato in forno per togliere l’acqua. Poi, viene scaldato in un reattore a temperature tra 160°C e 188°C, mescolando continuamente. Qui avviene la magia della caramellizzazione: gli zuccheri (glucosio, fruttosio) subiscono reazioni complesse (disidratazione, isomerizzazione, polimerizzazione) che formano composti più complessi e ricchi di energia, come l’idrossimetilfurfurale (HMF). Il materiale diventa marrone scurissimo, quasi nero.
3. Aggiunta di Ossidante e Catalizzatori: A questo punto, al nostro “caramello” di albicocca (che funge da combustibile) aggiungiamo l’ossidante, cioè la sostanza che fornisce l’ossigeno per la combustione. In questo caso, si è usato il clorato di potassio (KClO₃). Vengono aggiunti anche dei catalizzatori, come alluminio (Al) in polvere finissima e magnetite (Fe₃O₄), per migliorare l’efficienza della combustione, ridurre i tempi di accensione e stabilizzare la fiamma. La magnetite, in particolare, sembra essere molto efficace, anche rispetto ad altri catalizzatori come CeO₂ o TiO₂.
4. Omogeneizzazione e Stampaggio: Il tutto viene mescolato accuratamente fino a ottenere un impasto omogeneo. Si aggiunge anche una piccola quantità di acido citrico per migliorare la resistenza all’umidità e al calore. Infine, l’impasto viene compresso in stampi cilindrici e lasciato indurire per 24 ore. Et voilà, il nostro propellente solido è pronto!

Cosa Ci Dicono le Analisi? Caratteristiche del Propellente “Made in Albicocca”
Ok, abbiamo creato il nostro propellente, ma funziona? È sicuro? È davvero “eco”? Per rispondere, sono state fatte un sacco di analisi.
* Composizione Elementare: L’analisi ha rivelato una cosa super interessante: il propellente è ricco di ossigeno! Questo è un vantaggio enorme per l’eco-compatibilità, perché significa una combustione più completa e potenzialmente meno emissioni nocive. I livelli di azoto e zolfo sono bassi, il che è buono per la stabilità e la sicurezza.
* Potere Calorifico: Come accennato, l’energia che può sprigionare è notevole. Il valore calorifico superiore (HHV) misurato è di 1726 cal/g (o circa 1590 cal/g in altre misurazioni riportate, comunque competitivo). Confrontandolo con altri propellenti, sia tradizionali che sperimentali (come P0, P1, P2, P3 citati nello studio), il nostro propellente all’albicocca si difende benissimo, superando anche la storica Cordite (che si ferma a 1394 cal/g). Insomma, ha la “benzina” giusta per spingere!
* Analisi Strutturale (FTIR e XRD): Tecniche come la spettroscopia infrarossa (FTIR) e la diffrazione a raggi X (XRD) hanno permesso di “vedere” la struttura chimica e cristallina del materiale. L’FTIR ha confermato la presenza di gruppi funzionali tipici dei composti organici derivati dagli zuccheri e dalla caramellizzazione (legami O-H, C=O, C-H), oltre ai legami Cl-O del clorato di potassio. L’XRD ha mostrato una struttura con un buon grado di cristallinità, rivelando i picchi caratteristici della magnetite e dell’alluminio aggiunti come catalizzatori.
* Microstruttura (SEM): Guardando il propellente al microscopio elettronico a scansione (SEM), si vede una struttura eterogenea, prevalentemente non porosa, con le particelle di magnetite e alluminio distribuite sulla superficie.

Performance: Come Brucia il Nostro Propellente?
Una delle cose fondamentali per un propellente per razzi è la velocità di combustione e come questa cambia al variare della pressione nella camera di combustione. Hanno quindi preso i cilindretti di propellente e li hanno fatti bruciare in un ambiente controllato, misurando quanto velocemente bruciavano a diverse pressioni (partendo da quella atmosferica e scendendo).
I risultati sono incoraggianti! La relazione tra velocità di combustione (r) e pressione (P) segue una legge ben nota (la legge di Vieille), espressa come r = a * P^n. Il valore chiave qui è l’esponente n (burn rate exponent). Per il nostro propellente all’albicocca, questo valore è risultato essere n ≈ 0.602.
Cosa significa? Un valore di n inferiore a 1 indica che la velocità di combustione aumenta con la pressione, ma in modo controllato, non esponenziale. Un valore intorno a 0.6 è considerato moderato e bilanciato, ideale per molte applicazioni spaziali perché garantisce una spinta stabile e prevedibile, riducendo i rischi di instabilità rispetto a propellenti con esponenti più alti (a volte superiori a 1 o 1.5), che possono avere una combustione più “aggressiva”. Questo rende il nostro propellente all’albicocca competitivo con le formulazioni tradizionali a base di perclorato d’ammonio (AP), ma con il vantaggio di essere molto più green!
Perché è una Svolta Sostenibile (e Conveniente)?
I vantaggi di questa scoperta sono molteplici:
- Riduzione dei Rifiuti Agricoli: Trasformiamo un problema (lo smaltimento degli scarti) in una soluzione, promuovendo un’economia circolare.
- Minore Impatto Ambientale: Utilizzare biomassa rinnovabile riduce la dipendenza da fonti fossili e, grazie all’alto contenuto di ossigeno e bassi livelli di N e S, la combustione è potenzialmente più pulita rispetto ai propellenti convenzionali che spesso contengono componenti tossici come il perclorato d’ammonio.
- Costo-Efficacia: La materia prima (gli scarti di albicocca) è economica, se non gratuita. I processi di solforazione e caramellizzazione sono relativamente semplici e già usati industrialmente. Lo studio stima un costo di produzione di circa 4.5 USD al kg, contro i circa 35 USD/kg di un propellente composito tradizionale (APCP). Un risparmio enorme!
- Sicurezza Energetica: Diversificare le fonti di carburante, usando risorse locali, riduce la dipendenza dalle importazioni.
Certo, ci sono ancora aspetti da approfondire, come la stabilità a lungo termine (gli zuccheri potrebbero degradarsi?) e la sensibilità alla temperatura e all’umidità (bisognerà stoccarlo in condizioni controllate, ma questo vale per molti propellenti). Serviranno test più approfonditi in condizioni operative reali per validarne appieno le prestazioni.

Prossimi Passi e Futuro “Albicoccoso”
Questa ricerca apre scenari davvero interessanti. Il prossimo passo sarà ottimizzare la formula: provare diverse proporzioni di ossidante e catalizzatori, magari esplorare metodi di conversione alternativi per migliorare ancora resa ed efficienza. Si potrebbero anche testare altri tipi di scarti agricoli.
L’integrazione di tecnologie avanzate, come il machine learning o la fluidodinamica computazionale, potrebbe aiutare a prevedere le performance e velocizzare lo sviluppo di propellenti “verdi” di nuova generazione.
Insomma, l’idea di lanciare razzi usando le albicocche non è più solo una fantasia. È una possibilità concreta, un esempio brillante di come l’innovazione e la sostenibilità possano andare a braccetto, trasformando un semplice scarto in una risorsa preziosa per esplorare le stelle… in modo un po’ più dolce per il nostro pianeta! Che ne dite, non è affascinante?
Fonte: Springer
