Atleta di biathlon d'élite in una palestra moderna mentre esegue un test di forza sulla panca piana, con un dispositivo di misurazione della velocità attaccato al bilanciere. Prime lens 35mm, depth of field, illuminazione da palestra ben definita, focus sull'atleta e l'attrezzatura.

Panca Piana e Trazioni: La Velocità Può Davvero Dirci Tutto sulla Forza Massima negli Giovani Sciatori d’Élite?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta facendo discutere parecchio nel mondo dell’allenamento sportivo, specialmente per discipline come lo sci di fondo e il biathlon, dove la forza della parte superiore del corpo è diventata cruciale. Parliamo della possibilità di usare la velocità di esecuzione di esercizi come la panca piana (bench press) e le trazioni alla panca (bench pull) per stimare la forza massima, il famoso One-Repetition Maximum (1RM). L’idea è affascinante: invece di testare direttamente il massimale, che può essere faticoso e rischioso, misuriamo quanto velocemente solleviamo carichi più leggeri e da lì calcoliamo il nostro 1RM. Bello, no? Ma funziona davvero, specialmente con giovani atleti d’élite? Andiamo a scoprirlo insieme.

L’Importanza della Forza negli Sport di Resistenza

Prima di tuffarci nei dettagli tecnici, facciamo un passo indietro. Perché la forza massima è così importante per sciatori di fondo e biatleti? Beh, pensate alle gare moderne: partenze di massa, sprint… la velocità è tutto! Tecniche come il G3 skating e il double poling richiedono una spinta potentissima con le braccia. Avere più forza significa poter applicare più potenza ai bastoncini, allungare il ciclo di spinta e, alla fine, andare più veloci. Ecco perché esercizi come panca piana e bench pull sono diventati fondamentali nei loro programmi di allenamento. Per migliorare la forza massima, di solito si lavora con carichi molto alti, tra l’80% e il 100% del 1RM. Ma per farlo in modo sicuro ed efficace, bisogna conoscere questo 1RM con precisione.

Il Dilemma del Test 1RM

Il test 1RM è considerato il “gold standard”, il metodo più affidabile per misurare la forza massima dinamica. In pratica, è il massimo peso che riesci a sollevare una sola volta con la tecnica corretta. Sembra semplice, ma ha i suoi contro:

  • È influenzato dalla forma fisica giornaliera dell’atleta.
  • Richiede familiarità con il test e con carichi massimali.
  • Può essere difficile da gestire con gruppi numerosi.
  • Se fatto male o senza supervisione adeguata, aumenta il rischio di infortuni.
  • Non si può fare troppo spesso, quindi l’aggiornamento del dato non è continuo.

Proprio per superare questi limiti, negli ultimi anni è spuntata l’alternativa basata sulla velocità: il Velocity-Based Training (VBT) e i profili carico-velocità (Load-Velocity Profiles – LVP).

La Promessa del Profilo Carico-Velocità (LVP)

L’idea alla base del VBT è semplice: c’è una relazione inversa e (si presume) lineare tra il carico che sollevi e la velocità con cui lo fai. Più pesante è il carico, più lento sarai. Misurando la velocità con carichi submassimali (ad esempio, al 30%, 50%, 70% del presunto 1RM), si può creare un grafico (il LVP, appunto) e estrapolare quale sarebbe il carico a velocità quasi zero, cioè il 1RM teorico. Figo, vero? Si usano strumenti come trasduttori di posizione lineare, sensori ottici o accelerometri per misurare la velocità del bilanciere. Questo approccio promette non solo di stimare l’1RM senza doverlo testare direttamente, ma anche di autoregolare l’allenamento giorno per giorno, tenendo conto della fatica neuromuscolare attraverso il calo di velocità. Sembra la soluzione perfetta! Ma, come spesso accade, la realtà è un po’ più complessa.

Giovane atleta di sci di fondo d'élite, maschio, mentre esegue una panca piana in palestra, focus sul bilanciere in movimento. Teleobiettivo zoom 100mm, fast shutter speed per catturare il movimento, illuminazione controllata da palestra, espressione concentrata.

Lo Studio: Mettiamo alla Prova l’LVP su Giovani Campioni

Ed eccoci al cuore della questione. Uno studio recente ha voluto verificare se questi LVP fossero davvero affidabili e validi per stimare l’1RM nella panca piana e nel bench pull in un gruppo di 49 giovani atleti d’élite (età media 17.7 anni), sciatori di fondo e biatleti di livello nazionale, gente che si allena seriamente (8.5-16.5 ore/settimana di endurance + 1.5-3 ore/settimana di forza). Questi ragazzi hanno prima eseguito un test 1RM tradizionale per entrambi gli esercizi e poi hanno fatto delle ripetizioni al 30%, 50% e 70% del loro 1RM, misurando la velocità con un encoder rotativo (un tipo di trasduttore). L’obiettivo era duplice:

  1. Verificare l’affidabilità: quanto sono consistenti le misurazioni di velocità ripetute allo stesso carico?
  2. Verificare la validità: quanto bene l’1RM stimato tramite LVP corrisponde all’1RM misurato direttamente?

E qui le cose si fanno interessanti…

Affidabilità: I Numeri Belli Nascondono un Problema

A prima vista, i risultati sull’affidabilità sembravano buoni. I coefficienti di correlazione intraclasse (ICC) erano alti (tra 0.79 e 0.99), e i coefficienti di variazione (CV) erano bassi (tra 1.86% e 9.32%). Questi valori sono in linea con la letteratura e suggerirebbero che le misurazioni sono consistenti. “Fantastico!”, direte voi. E invece no. Il problema è che l’ICC da solo non basta. Bisogna guardare all’errore di misurazione. Lo studio ha calcolato l’errore medio assoluto (MAE) e l’errore medio assoluto percentuale (MAPE). E cosa è saltato fuori? Che c’era un errore casuale significativo (MAE tra 0.05 e 0.64 m/s, MAPE tra 2.7% e 9.5%) tra misurazioni ripetute.

Cosa significa in pratica? Significa che anche se in media le misure sono consistenti (alto ICC), la singola misurazione può variare parecchio rispetto a quella successiva, anche a distanza di pochi minuti! Questo rende difficile capire se un piccolo cambiamento nella velocità sia dovuto a un reale miglioramento (o peggioramento) della performance o semplicemente all’errore intrinseco della misurazione. E per atleti d’élite, dove anche piccoli miglioramenti contano, questa incertezza è un grosso limite. Quindi, usare la velocità per monitorare la fatica o piccoli progressi giorno per giorno diventa problematico.

Primo piano di un trasduttore di posizione lineare (rotary encoder) attaccato a un bilanciere durante un test di forza in palestra. Macro lens 80mm, high detail sul dispositivo e sul bilanciere color argento, sfondo leggermente sfocato (depth of field), illuminazione artificiale precisa.

Validità: Le Stime Sbagliano Bersaglio

E passiamo alla validità: quanto ci azzecca l’LVP a stimare l’1RM reale? Qui i risultati sono ancora più critici.

  • Per il bench pull (trazioni alla panca): l’1RM stimato tramite LVP tendeva a sovrastimare significativamente il valore reale. A seconda del modello di calcolo usato, l’errore medio assoluto (MAE) andava da 9.80 a 17.03 kg, con un errore percentuale (MAPE) enorme, tra il 16.9% e il 29.7%!
  • Per la panca piana (bench press): al contrario, l’1RM stimato tendeva a sottostimare il valore reale. L’errore medio assoluto (MAE) era tra 3.74 e 7.84 kg, con un errore percentuale (MAPE) tra il 7.5% e il 13.4%.

In entrambi i casi, gli errori sono troppo grandi per essere accettabili in un contesto d’élite. Immaginate di impostare l’allenamento basandovi su un 1RM sovrastimato del 20% nel bench pull: il rischio di sovraccarico e infortunio aumenta. O, al contrario, di usare un 1RM sottostimato del 10% nella panca piana: lo stimolo allenante potrebbe essere insufficiente per ottenere i miglioramenti desiderati. L’analisi di Bland-Altman ha mostrato chiaramente una grande dispersione degli errori individuali: per alcuni atleti la stima era quasi perfetta, per altri era completamente sballata, sia in eccesso che in difetto.

Perché Tutta Questa Imprecisione?

Ma come mai questi metodi basati sulla velocità, così promettenti sulla carta, si rivelano così imprecisi nella pratica per questi esercizi e questi atleti? Ci sono diverse ragioni:

  • Movimenti non balistici: Panca piana e bench pull non sono esercizi “esplosivi” come uno squat jump. L’atleta, consciamente o inconsciamente, tende a decelerare verso la fine del movimento per controllare il bilanciere, specialmente con carichi leggeri. Questo “freno” riduce la velocità massima esprimibile e falsa la relazione lineare carico-velocità, portando a stime inaccurate dell’1RM.
  • Oscillazioni orizzontali: I trasduttori lineari misurano bene lo spostamento verticale, ma se il bilanciere oscilla anche orizzontalmente (cosa comune nel free-weight), la misurazione della velocità può essere distorta.
  • Modelli generalizzati vs. individuali: Lo studio ha usato modelli di regressione generali derivati dalla popolazione testata. Ma la relazione carico-velocità è molto individuale, influenzata da fattori come biomeccanica, tipo di fibre muscolari, storia di allenamento. Usare un modello “taglia unica” invece di un profilo personalizzato per ogni atleta introduce inevitabilmente errori.
  • Scelta della “velocità minima”: La stima dell’1RM dipende anche da quale velocità si considera “minimale” (la velocità a cui si solleva il massimale). Usare valori standard (es. 0.1 m/s o 0.2 m/s) invece di determinarli individualmente può portare a ulteriori imprecisioni.

Atleta di biathlon d'élite, donna, che esegue un bench pull (trazioni alla panca prona) in palestra. Teleobiettivo 150mm, fast shutter speed, action tracking sul movimento del bilanciere verso il petto, focus sull'atleta e l'attrezzatura, ambiente palestra professionale.

Conclusioni: Cosa Portiamo a Casa?

Allora, qual è il messaggio finale? Questo studio mette seriamente in dubbio l’utilità pratica dei metodi basati sul profilo carico-velocità (LVP) per stimare l’1RM e regolare il carico di allenamento nella panca piana e nel bench pull per giovani atleti d’élite di endurance. L’affidabilità è minata da un errore di misurazione troppo alto per distinguere piccoli cambiamenti reali da semplice rumore statistico. La validità è limitata da stime che possono sovrastimare o sottostimare l’1RM reale in modo significativo, con potenziali rischi di allenamento inefficace o pericoloso.

Sembra quindi che, almeno per questi esercizi e questo tipo di atleti, il buon vecchio test 1RM periodico, eseguito con cautela e da personale esperto, rimanga un approccio più solido per determinare la forza massima e programmare l’allenamento. Il VBT può avere altre applicazioni interessanti, ma usarlo per predire l’1RM in questo contesto sembra, al momento, poco affidabile.

Questo ci ricorda anche un’importante lezione sulla statistica nello sport: non basta trovare alte correlazioni (spesso gli LVP correlano bene con l’1RM). Bisogna usare metodi statistici più robusti, come l’analisi di accordo (Bland-Altman, MAE, MAPE), per capire veramente quanto una misura sia intercambiabile con un’altra nella pratica quotidiana.

Insomma, la tecnologia è affascinante, ma dobbiamo sempre chiederci criticamente se ci aiuta davvero a prendere decisioni migliori per i nostri atleti. In questo caso, per la stima dell’1RM in panca e bench pull su giovani sciatori, la risposta sembra essere “non ancora”.

Fonte: Springer

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