Probiotici, Avena e Mele: Il Segreto nel DNA per una Salute di Ferro? Lo Studio CABALA Svela Nuove Frontiere!
Amici e amiche della scienza e del benessere, mettetevi comodi perché oggi vi porto con me in un viaggio affascinante nel mondo della nutrizione e della genetica! Avete mai pensato che quello che mangiamo, tipo una bella mela croccante o una tazza fumante di porridge, possa dialogare direttamente con i nostri geni? Sembra fantascienza, vero? Eppure, è proprio quello che abbiamo cercato di capire con lo studio CABALA, e i risultati sono a dir poco stuzzicanti.
Immaginatevi per un attimo di poter “ascoltare” cosa succede dentro le nostre cellule quando introduciamo alimenti funzionali come i probiotici, la cara vecchia avena o le succose mele. Beh, in un certo senso, è quello che abbiamo fatto! Ci siamo concentrati sulle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC, per gli amici), che sono un po’ come delle spie che circolano nel nostro corpo e possono riflettere ciò che accade in tessuti più “interni”, come il fegato. Un vero e proprio tesoro di informazioni!
Ma cosa cercavamo esattamente?
L’idea era di vedere se il consumo cronico – parliamo di 8 settimane, quindi un impegno costante – di questi super-alimenti potesse modificare l’espressione di geni legati a cose importantissime per la nostra salute: il metabolismo degli acidi biliari (essenziali per digerire i grassi e legati al colesterolo), i lipidi (grassi nel sangue, come il colesterolo LDL, quello “cattivo”), i peptidi intestinali (ormoni prodotti dall’intestino che regolano l’appetito e il glucosio) e, non da ultima, l’infiammazione.
Nello specifico, abbiamo coinvolto un gruppo di persone (59 eroi della scienza, per la precisione!) e le abbiamo divise in quattro gruppi. Un gruppo ha ricevuto un probiotico specifico (Lactobacillus reuteri, noto per la sua capacità di interagire con gli acidi biliari), un altro ha mangiato porridge d’avena, un terzo due mele Renetta Canada al giorno, e l’ultimo gruppo, quello di controllo, ha consumato cornflakes. Abbiamo prelevato campioni di sangue all’inizio e alla fine delle 8 settimane per analizzare l’RNA messaggero (mRNA) nelle PBMC. L’mRNA è come un “messaggio” che dice alla cellula quali proteine produrre, quindi analizzandolo possiamo capire quali geni sono più “accesi” o “spenti”.
Le Scoperte più Interessanti: Probiotici e Mele Contro l’Infiammazione?
E qui arriva il bello! Una delle scoperte più intriganti riguarda un gene chiamato TLR4. Pensatelo come un sensore del nostro sistema immunitario innato, sempre all’erta per scovare componenti microbiche, come i lipopolisaccaridi batterici. Quando si attiva, può innescare una risposta infiammatoria. Bene, nel gruppo di controllo, abbiamo osservato un aumento dell’espressione di TLR4 nelle PBMC dopo 8 settimane. Ma indovinate un po’? Nei gruppi che avevano consumato probiotici e mele, questo aumento era significativamente attenuato! È come se questi alimenti avessero messo un freno a questo potenziale segnale pro-infiammatorio. Non è fantastico?
Questa scoperta è particolarmente interessante perché l’infiammazione cronica di basso grado è un fattore comune a molte malattie metaboliche. Il fatto che probiotici e mele possano modulare l’espressione di un gene chiave come TLR4 apre scenari davvero promettenti.

Perché proprio il Lactobacillus reuteri e le mele? Studi precedenti, soprattutto su modelli animali, avevano già suggerito che questo specifico probiotico potesse avere effetti benefici sul sistema immunitario e sull’ambiente intestinale, in parte proprio modulando TLR4 e le vie di segnalazione infiammatoria. Le mele, d’altro canto, sono ricche di polifenoli, composti con note proprietà antiossidanti e anti-infiammatorie. Uno studio su pesci carpa erbivora ha mostrato che i polifenoli della mela possono inibire l’attivazione di TLR4 nel tessuto intestinale. Sembra che i nostri risultati sull’uomo vadano in una direzione simile, anche se, ovviamente, il nostro corpo è un sistema molto più complesso!
Non Solo TLR4: Un Intreccio di Correlazioni
Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo anche esplorato le correlazioni tra i cambiamenti nell’espressione genica e le variazioni nei marcatori di rischio cardiometabolico (come colesterolo, glucosio, acidi biliari circolanti, citochine infiammatorie). E anche qui, sono emerse delle chicche!
Per esempio, abbiamo trovato correlazioni inverse (cioè, quando uno sale, l’altro scende, e viceversa) tra l’espressione del gene GPBAR1 (un recettore per gli acidi biliari importante per il metabolismo) e i livelli di acidi biliari totali e secondari. Questo è un po’ inaspettato e suggerisce che gli acidi biliari circolanti potrebbero regolare negativamente l’espressione di questo recettore, ma è un campo che merita ulteriori indagini. GPBAR1 è un attore chiave nella comunicazione tra intestino e fegato, influenzando il metabolismo dei lipidi, l’infiammazione e il controllo glicemico.
Altre correlazioni interessanti hanno riguardato:
- L’espressione del gene SREBF1 (coinvolto nella produzione di grassi e legato al diabete di tipo 2) e i livelli di colesterolo HDL (“buono”) e glucosio.
- L’espressione del gene HMGCR (l’enzima bersaglio delle statine, farmaci per abbassare il colesterolo) e il colesterolo HDL.
- L’espressione del gene GIPR (recettore per un ormone intestinale che stimola l’insulina) e il glucosio.
Queste correlazioni, osservate combinando i dati dei tre gruppi di intervento (probiotici, avena, mele), sono in gran parte in linea con quanto già noto da studi in vitro e su animali, e ci danno ulteriori indizi su come questi alimenti possano esercitare i loro effetti benefici a livello molecolare.
Abbiamo anche visto che l’espressione dei geni TLR4 e TNFSF14 (un altro attore nel panorama infiammatorio) era associata ai livelli di citochine pro-infiammatorie come IL-6 e IL-18. Questo rafforza l’idea che modulare questi geni attraverso l’alimentazione potrebbe avere un impatto diretto sulla risposta infiammatoria sistemica.
Cosa Ci Portiamo a Casa (e a Tavola)?
Certo, il nostro è uno studio esplorativo e, come in ogni ricerca scientifica che si rispetti, ci sono dei limiti. Il numero di partecipanti per gruppo non era enorme, quindi non possiamo trarre conclusioni definitive sull’effetto di ogni singolo alimento su tutti i geni. Inoltre, ci siamo concentrati su geni specifici, ma ce ne sono molti altri che potrebbero essere coinvolti.
Tuttavia, i segnali che abbiamo colto sono decisamente incoraggianti! L’idea che il consumo quotidiano di alimenti come probiotici e mele possa attenuare l’aumento dell’espressione di un gene pro-infiammatorio come TLR4 nelle nostre cellule immunitarie circolanti è una prospettiva entusiasmante. E le correlazioni che abbiamo osservato tra l’espressione genica e i marcatori di salute cardiometabolica ci confermano che stiamo guardando nella direzione giusta.

Questo studio, seppur preliminare, aggiunge un altro tassello al complesso puzzle di come la dieta influenzi la nostra salute a un livello profondissimo, quello dell’espressione dei nostri geni. Non si tratta di “modificare il DNA”, sia chiaro, ma di influenzare quali geni vengono “accesi” o “spenti”, e con quale intensità. È un po’ come avere un enorme spartito musicale (il nostro genoma) e la dieta che agisce come un direttore d’orchestra, decidendo quali strumenti suonare e quando.
Quindi, la prossima volta che preparate la vostra colazione o scegliete uno spuntino, pensate che non state solo nutrendo il vostro corpo, ma state anche inviando messaggi importanti alle vostre cellule. E chissà, magari una mela al giorno, o un buon probiotico, possono davvero aiutare a tenere a bada qualche “nota stonata” nel concerto della vostra salute!
Fonte: Springer
