Scatto macro fotorealistico di un fiore giallo brillante di Primula palinuri che sboccia su uno sfondo sfocato di rocce costiere e mare. Obiettivo macro, lunghezza focale 90mm, alto dettaglio sui petali e sullo stame del fiore, illuminazione controllata che enfatizza la texture delicata, profondità di campo ridotta.

Primula Palinuro: Il DNA Svela una Sorprendente Diversità tra Popolazioni Isolate

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una pianta davvero speciale, un piccolo gioiello endemico delle nostre coste del Sud Italia: la Primula palinuri. Magari l’avete vista, aggrappata tenacemente alle falesie rocciose tra Capo Palinuro in Campania e Capo Scalea in Calabria. È l’unica primula che ha scelto come casa le coste del Mediterraneo, un vero simbolo di resilienza. Purtroppo, però, è anche una specie considerata vulnerabile e inserita nella Lista Rossa IUCN. Ecco perché studiarla è così importante!

Perché indagare sul DNA della Primula di Palinuro?

Vi chiederete: perché scomodare il DNA di un fiorellino? Beh, la genetica di popolazione è come una lente d’ingrandimento potentissima. Ci permette di capire quanta diversità genetica c’è all’interno di una specie e tra le sue diverse popolazioni. Questa informazione è oro colato quando si devono pianificare strategie di conservazione efficaci. Immaginate di dover aiutare una specie in difficoltà: sapere se tutte le popolazioni sono geneticamente simili o se ognuna ha delle peculiarità uniche fa tutta la differenza del mondo!

Nel bacino del Mediterraneo, un vero e proprio hotspot di biodiversità, molte specie endemiche come la nostra primula stanno soffrendo a causa della degradazione dell’habitat, dei cambiamenti climatici e della pressione umana. Per contrastare questo declino, sono nati progetti importanti come LIFE SEEDFORCE, co-finanziato dall’Unione Europea, che mira a migliorare lo stato di conservazione di 29 specie vegetali, tra cui proprio la Primula palinuri. Il progetto prevede azioni mirate, come la reintroduzione di migliaia di esemplari, soprattutto in Italia.

Ma per far sì che queste reintroduzioni abbiano successo, non basta piantare semi a caso. Bisogna considerare la genetica! Studi precedenti hanno dimostrato che una maggiore diversità genetica aumenta le possibilità di sopravvivenza a breve termine delle popolazioni traslocate. Eppure, sulla genetica della Primula palinuri sapevamo ancora troppo poco. Qualche studio l’aveva inclusa in analisi filogenetiche più ampie sul genere Primula, ma mancava un’analisi approfondita a livello di popolazione, soprattutto considerando la frammentazione del suo habitat e il suo status di specie minacciata.

La nostra missione: svelare i segreti genetici

Ed è qui che entriamo in gioco noi! Con l’obiettivo di colmare questa lacuna e fornire dati utili per la sua conservazione, abbiamo deciso di indagare a fondo la struttura genetica della Primula palinuri. Come? Utilizzando una tecnica all’avanguardia chiamata ddRAD sequencing (ddRAD-seq). Non spaventatevi per il nome complicato! In pratica, è un metodo che ci permette di “fotografare” migliaia di piccole porzioni significative del genoma di tanti individui contemporaneamente, senza dover sequenziare l’intero DNA (che sarebbe lunghissimo e costoso). È un po’ come leggere i capitoli più importanti di un libro invece di leggerlo tutto dalla prima all’ultima parola per capirne la trama.

Abbiamo raccolto campioni di foglie fresche da 96 individui di Primula palinuri, prelevati da sette diverse popolazioni distribuite lungo la costa tra Campania, Basilicata e Calabria. Ogni sito di campionamento è stato considerato come una popolazione distinta. Abbiamo avuto cura di selezionare individui non clonali e di coprire l’intera area di distribuzione di ciascuna popolazione. Dopo un’attenta preparazione e conservazione dei campioni, abbiamo estratto il DNA e lo abbiamo inviato per il sequenziamento.

Shot macro di fiori Primula palinuri immersi in una fessura di roccia su una scogliera costiera. Lente macro, lunghezza focale di 100 mm, dettagli elevati, concentrazione precisa sui petali gialli e intricata struttura dei fiori, illuminazione naturale morbida che evidenzia le trame dei petali e la roccia circostante.

Cosa abbiamo scoperto? Sorprese tra le rocce!

Dopo aver analizzato l’enorme mole di dati genetici (abbiamo identificato ben 99.014 polimorfismi a singolo nucleotide, o SNPs, che sono come piccole variazioni individuali nel codice genetico), sono emersi risultati davvero interessanti e, per certi versi, inaspettati.

Innanzitutto, abbiamo osservato livelli piuttosto bassi di eterozigosi all’interno di ciascuna popolazione (tra 0.08 e 0.12). L’eterozigosi è una misura della diversità genetica: valori bassi indicano che gli individui all’interno di una stessa popolazione tendono ad essere geneticamente simili tra loro. Questo dato è stato accompagnato da livelli relativamente alti di parentela (kinship) e inbreeding (consanguineità) all’interno delle popolazioni (rispettivamente 0.20-0.30 e 0.34-0.49). In pratica, è come se in ogni “villaggio” di primule, molti individui fossero parenti stretti. Questo non è sorprendente in popolazioni piccole e isolate, dove le possibilità di incrocio sono limitate. Le popolazioni di Lambro (LAM) e Palinuro Cape (PPA) hanno mostrato i livelli più bassi di eterozigosi e più alti di inbreeding, mentre quelle dell’Isola di Dino (ID) e Punta Caina (PC) avevano l’eterozigosi più alta e quella di Vaccuta (CIM) la parentela e l’inbreeding più bassi.

Ma la vera sorpresa è arrivata quando abbiamo confrontato le popolazioni tra loro. Sebbene la diversità *interna* a ciascuna popolazione fosse bassa, la diversità *esterna*, cioè tra le diverse popolazioni, si è rivelata molto alta! L’analisi della parentela calcolata tra individui di popolazioni diverse era significativamente bassa, suggerendo che lo scambio genetico tra gruppi geograficamente separati è limitato.

Tre “famiglie” genetiche ben distinte

Le analisi della struttura genetica (come l’Analisi delle Componenti Principali – PCA e l’analisi Admixture) hanno confermato questa forte differenziazione. I nostri dati hanno rivelato che le sette popolazioni studiate si raggruppano nettamente in tre cluster genetici principali:

  • Cluster 1: Include le popolazioni di Fiuzzi (FIU), Isola di Dino (ID) e Punta Caina (PC).
  • Cluster 2: Comprende le popolazioni del fiume Lambro (LAM) e di Capo Palinuro (PPA).
  • Cluster 3: Raggruppa le popolazioni di San Giovanni a Piro (SGP) e Vaccuta (CIM).

Questa suddivisione corrisponde in linea di massima alla distribuzione geografica dei siti di campionamento. Un test specifico (Mantel test) ha confermato una forte correlazione (r = 0.83) tra la distanza genetica e la distanza geografica: più le popolazioni sono lontane fisicamente, più sono diverse geneticamente. È il classico scenario di “isolamento per distanza”.

Non solo! Anche all’interno di questi tre grandi cluster, le singole popolazioni mantengono una loro distinta identità genetica, come suggerito dall’albero filogenetico e da analisi più approfondite. Sembra esserci una struttura gerarchica: gruppi principali separati, e all’interno di questi, popolazioni ulteriormente differenziate.

Il paesaggio grandangolare della costa tirronica dove cresce Primula Palinuri, mostrando ripide scogliere che incontrano il mare. Lente grandangolare, lunghezza focale di 15 mm, focus acuto in tutta la scena, lunga esposizione per levigare leggermente l'acqua, drammatica a tardo pomeriggio leggero fusione di lunghe ombre.

Perché questa struttura? Ipotesi e impollinatori

Cosa può spiegare questa situazione? L’isolamento geografico e la frammentazione dell’habitat nel tempo hanno probabilmente giocato un ruolo chiave. Le popolazioni attuali potrebbero essere i resti di popolazioni storicamente più grandi e connesse, separate poi da cambiamenti geologici e climatici (come le oscillazioni glaciali-interglaciali del Quaternario).

Anche la biologia riproduttiva della primula è interessante. Possiede un meccanismo chiamato distilia, con due tipi di fiori (uno con stilo lungo e antere corte, l’altro con stilo corto e antere lunghe) che promuove l’impollinazione incrociata e quindi la diversità genetica. Tuttavia, in un habitat frammentato, questo meccanismo potrebbe essere meno efficace se gli impollinatori faticano a spostarsi tra le popolazioni isolate. Potenziali impollinatori come bombi (Bombus terrestris), antòfore (Anthophora plumipes) e la sfinge colibrì (Macroglossum stellatarum) sono stati identificati. Queste specie possono coprire distanze notevoli, il che potrebbe spiegare un certo flusso genico tra popolazioni vicine (all’interno dei cluster), ma la mancanza di popolazioni intermedie e la grande frammentazione generale potrebbero limitare gli scambi su scala più ampia. Specie eterostiliche come la nostra primula sono particolarmente vulnerabili alla frammentazione proprio perché dipendono da interazioni specifiche con gli impollinatori per mantenere la diversità genetica.

Abbiamo anche identificato un piccolo set di 40 SNPs che sono particolarmente “bravi” a distinguere gli individui appartenenti ai tre cluster principali. Questi potrebbero diventare marcatori diagnostici utili in futuro, magari per sviluppare test rapidi ed economici per assegnare un individuo al suo gruppo di origine. Curiosamente, analizzando le sequenze associate ad alcuni degli SNPs più differenzianti, abbiamo trovato somiglianze con proteine legate a elementi trasponibili (porzioni di DNA “saltellanti”), effettori patogeni, proteine strutturali e regolatori del ciclo cellulare. Un’analisi specifica sugli SNPs con la maggiore differenziazione (Fst outliers) ha rivelato una presenza sorprendentemente alta (21% contro un atteso 4.4%) di sequenze simili a un particolare elemento trasponibile (Retrovirus-related Pol polyprotein from transposon TNT 1-94), suggerendo che questi elementi potrebbero giocare un ruolo nell’evoluzione e differenziazione di queste popolazioni, anche se il motivo esatto resta da chiarire.

Implicazioni per la Conservazione: un Equilibrio Delicato

Cosa significano tutte queste scoperte per la conservazione della Primula palinuri? I nostri risultati sottolineano l’urgenza di agire, ma anche la necessità di farlo con cautela.

Da un lato, la bassa diversità genetica e l’alta consanguineità *all’interno* delle popolazioni sono campanelli d’allarme. Suggeriscono che queste popolazioni potrebbero essere più vulnerabili a malattie, cambiamenti ambientali o eventi catastrofici. Potrebbe essere utile considerare azioni di “mescolamento genetico” (assisted gene flow), traslocando individui tra popolazioni diverse per aumentare la diversità genetica locale e contrastare l’inbreeding.

Dall’altro lato, l’alta differenziazione *tra* le popolazioni suggerisce che ogni gruppo potrebbe essersi adattato specificamente alle proprie condizioni locali. Mescolare individui provenienti da ambienti molto diversi potrebbe portare alla cosiddetta “depressione da outbreeding”, ovvero la nascita di prole meno adatta all’ambiente locale rispetto ai genitori. Questo fenomeno, seppur limitato, è stato osservato in una specie affine, Primula veris.

Quindi, la strategia migliore richiede un approccio bilanciato. Bisogna considerare attentamente la compatibilità genetica e l’adattamento locale quando si pianificano le traslocazioni. Potrebbe essere saggio favorire scambi tra popolazioni geneticamente simili e geograficamente vicine (all’interno dello stesso cluster) prima di considerare mescolamenti più ampi. I nostri 40 SNPs diagnostici potrebbero aiutare in questa pianificazione.

Guardando al futuro

Certo, il nostro studio ha dei limiti. Non esiste un genoma di riferimento completo per la Primula palinuri, il che complica alcune analisi. Inoltre, le dimensioni dei campioni per popolazione erano a volte piccole e disuguali, anche se abbiamo verificato che questo non ha influenzato significativamente i parametri principali.

In conclusione, però, abbiamo fatto un bel passo avanti nella comprensione dello stato di conservazione genetico di questa specie unica. Abbiamo rivelato una struttura genetica complessa, con popolazioni internamente poco diverse ma fortemente differenziate tra loro, probabilmente a causa dell’isolamento storico e geografico. Questi dati sono fondamentali per disegnare strategie di conservazione più efficaci e mirate, che tengano conto sia della necessità di aumentare la variabilità genetica sia del rischio di rompere adattamenti locali. La strada per salvare la Primula di Palinuro è ancora lunga, ma ora abbiamo una mappa genetica un po’ più dettagliata per guidarci!

Fonte: Springer

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