Prime Editing “Make-or-Break”: Rivoluzioniamo il Genoma dello Pneumococco!
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi del mondo microscopico! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente elettrizzante che sta succedendo nei laboratori di ingegneria genetica, in particolare quando si tratta di batteri. Avete presente CRISPR-Cas9? Quelle “forbici molecolari” che ci hanno permesso di iniziare a riscrivere il codice della vita? Beh, sono state una rivoluzione, certo, ma modificare il genoma dei batteri rimane spesso un processo complicato, a più passaggi, che richiede un “modello” di DNA da fornire alla cellula per riparare il taglio fatto da Cas9.
E se vi dicessi che abbiamo trovato un modo per semplificare tutto, rendendolo più diretto ed efficiente, almeno per un batterio molto importante (e a volte pericoloso) come lo Streptococcus pneumoniae (lo pneumococco, per gli amici)? Tenetevi forte, perché stiamo per entrare nel mondo del Prime Editing “Make-or-Break” (mbPE).
Cos’è il Prime Editing e perché “Make-or-Break”?
Il prime editing “classico” (chiamato PE2) è già un passo avanti notevole. Usa una versione “smussata” di Cas9 (una nickasi, che taglia solo un filamento del DNA) fusa a un enzima chiamato trascrittasi inversa. La vera magia sta nel “pegRNA”, una molecola guida che non solo dice a Cas9 dove andare, ma porta con sé anche il pezzetto di codice genetico corretto da inserire. Niente doppio taglio del DNA, meno rischi di errori casuali (soprattutto nelle cellule eucariotiche) e niente bisogno di un modello di DNA separato. Fantastico, no?
Però, applicarlo ai batteri non è stato così semplice. Le efficienze non erano sempre altissime, a volte servivano ceppi batterici “modificati” per farlo funzionare bene. Qui entra in gioco la nostra idea: e se invece della Cas9 “smussata”, usassimo la versione originale, quella “tagliente” (una nucleasi che fa un bel doppio taglio netto), ma in modo intelligente?
Ecco il concetto “Make-or-Break”:
- Usiamo la Cas9 standard (quella che taglia entrambi i filamenti del DNA) fusa alla trascrittasi inversa.
- Progettiamo il pegRNA in modo che, oltre a portare la modifica desiderata, distrugga anche il sito di riconoscimento di Cas9 (la sequenza PAM o la regione “seme” vicina) una volta che la modifica è avvenuta.
Il risultato? Se il batterio non incorpora la modifica correttamente, Cas9 continuerà a tagliare il DNA nello stesso punto, ancora e ancora. E siccome la maggior parte dei batteri, incluso lo pneumococco, non è brava a riparare questi doppi tagli senza un modello (non hanno sistemi efficienti come il NHEJ degli eucarioti), la cellula semplicemente… muore. “Break”.
Ma se il batterio incorpora la modifica portata dal pegRNA, il sito di taglio viene alterato. Cas9 non può più legarsi e tagliare. La cellula sopravvive e prospera, portando con sé esattamente la modifica che volevamo. “Make”.
Questo meccanismo ci regala una selezione potentissima: sopravvivono quasi solo i cloni correttamente modificati! Parliamo di efficienze di selezione superiori al 93%. Mica male, eh?

Cosa possiamo fare con mbPE nello Pneumococco?
Abbiamo messo alla prova mbPE in S. pneumoniae e i risultati sono stati entusiasmanti. Questo sistema si è dimostrato incredibilmente versatile:
- Mutazioni puntiformi: Cambiare una singola “lettera” nel codice genetico? Fatto. E possiamo fare tutte e 12 le possibili sostituzioni.
- Delezioni: Rimuovere pezzi di DNA? Sì, siamo riusciti a eliminare sequenze fino a oltre 100 paia di basi (bp), con ottima efficienza fino a 127 bp.
- Inserzioni: Aggiungere nuovo materiale genetico? Certo! Abbiamo inserito con successo sequenze fino a 52 bp.
- Etichettatura di proteine: Volevamo vedere se due proteine interagiscono tra loro dentro la cellula? Abbiamo usato mbPE per attaccare un pezzetto di una proteina “reporter” (la SmBit di una luciferasi divisa) a una proteina di interesse (PBP1a, importante per la resistenza agli antibiotici). Poi, abbiamo espresso l’altra parte della luciferasi (LgBit) fusa a potenziali partner (come MpgA e RodZ). Se le proteine si avvicinano, la luciferasi si ricompone e… luce fu! Abbiamo così confermato che PBP1a, MpgA e RodZ sono vicine nello spazio e nel tempo, probabilmente parte dello stesso macchinario cellulare (l’elongasoma). Pensate che figata poter “spiare” le proteine al lavoro!
Un altro vantaggio pazzesco? Abbiamo scoperto che mbPE funziona indipendentemente da RecA, la proteina chiave per la ricombinazione omologa classica nei batteri. Questo suggerisce un meccanismo di riparazione diverso, forse basato su piccole omologie o sull’attività di altri enzimi, e potrebbe rendere mbPE applicabile anche a batteri meno “collaborativi” dal punto di vista della ricombinazione.
Ottimizzare lo strumento: la caccia al pegRNA perfetto
Per rendere mbPE ancora più potente, dovevamo capire come progettare i pegRNA nel modo migliore. Non tutti i pegRNA sono uguali! La lunghezza della regione che si lega al DNA tagliato (PBS) e quella che fa da stampo per la nuova sequenza (RTT) sono cruciali.
Come abbiamo fatto? Con un approccio high-throughput! Abbiamo creato una “biblioteca” contenente centinaia di pegRNA diversi, tutti mirati a modificare un gene reporter (quello della luciferasi, così potevamo vedere facilmente il risultato guardando la luce emessa). Abbiamo fatto trasformare lo pneumococco con questo mix di pegRNA, attivato il sistema mbPE e poi siamo andati a vedere quali pegRNA avevano permesso ai batteri di sopravvivere meglio (quindi, quali erano più efficienti nell’editing).
Analizzando migliaia di sequenze, abbiamo scoperto, ad esempio, che per inserire una singola adenina (una “A”) nel gene della luciferasi, la combinazione ottimale era un PBS di 16 nucleotidi e un RTT di 15 nucleotidi. Abbiamo anche esplorato fino a che distanza dal sito di taglio iniziale di Cas9 potevamo introdurre una mutazione: siamo arrivati fino a 91 paia di basi, anche se l’efficienza diminuisce man mano che ci si allontana. Queste “regole di progettazione” sono oro colato per chiunque voglia usare mbPE.

Modifiche seriali? Nessun problema!
Una delle cose più frustranti nell’ingegneria genetica batterica è dover fare più modifiche una dopo l’altra. Spesso richiede passaggi complessi per rimuovere marcatori di selezione o integrare nuovi costrutti. Con mbPE, abbiamo reso tutto più semplice.
Abbiamo creato due versioni del plasmide che porta il pegRNA, identiche tranne che per il gene di resistenza agli antibiotici (uno dà resistenza alla spectinomicina, l’altro al cloramfenicolo). La procedura diventa lineare:
1. Fai la prima modifica usando il plasmide A (es. spectinomicina). Selezioni i cloni modificati grazie al “make-or-break”.
2. Trasformi questi cloni modificati con il plasmide B (cloramfenicolo) che porta il pegRNA per la seconda modifica. Selezioni per la resistenza al cloramfenicolo (il che assicura che il nuovo plasmide sia entrato) e attivi mbPE. Sopravvivono solo quelli con la seconda modifica.
3. Vuoi una terza modifica? Torni al plasmide A con il terzo pegRNA, e così via.
Abbiamo dimostrato che funziona creando un ceppo di pneumococco con ben tre modifiche introdotte in sequenza: una delezione nel gene della luciferasi, uno stop nel gene della capsula (un importante fattore di virulenza) e uno stop nel gene dell’autolisina principale (LytA). Il tutto in modo relativamente rapido e pulito. E le analisi del genoma intero hanno confermato: niente mutazioni indesiderate in giro per il genoma, solo le modifiche che volevamo noi.

Limiti e Prospettive Future
Siamo super entusiasti di mbPE, ma siamo anche scienziati onesti: nessun sistema è perfetto. Quali sono i limiti attuali?
- Dipendenza dal PAM: Cas9 ha bisogno di una piccola sequenza specifica (NGG per S. pyogenes Cas9) vicino al sito bersaglio. Fortunatamente, lo pneumococco ne è pieno (in media uno ogni 14 bp!), quindi quasi tutto il genoma è raggiungibile. Ma per altri batteri, specialmente quelli con genomi a basso contenuto GC, potrebbe essere un problema. La soluzione? Usare varianti di Cas9 più “flessibili” che riconoscono PAM diversi o quasi nessun PAM (come SpRY).
- Dimensioni di inserzioni/delezioni: C’è un limite a quanto DNA possiamo aggiungere (circa 52 bp) o togliere (efficientemente fino a 127 bp) con questo metodo. Per modifiche più grandi, potrebbero servire strategie diverse o miglioramenti futuri.
- Efficienza di editing assoluta vs selezione: Sebbene la selezione dei cloni modificati sia altissima (>93%), l’efficienza con cui avviene la modifica iniziale prima della selezione è più bassa (intorno al 5% o meno, simile a PE2). Questo rende difficile fare più modifiche contemporaneamente (multiplexing), perché la probabilità che una cellula faccia tutte le modifiche desiderate prima di essere “eliminata” dalla Cas9 è bassa.
Il futuro? È brillante! Stiamo pensando a come migliorare la trascrittasi inversa, ottimizzare ulteriormente il design dei pegRNA (magari con l’aiuto dell’intelligenza artificiale), e forse combinare mbPE con altre tecniche. L’obiettivo è arrivare a un sistema che permetta di modificare qualsiasi base del genoma, magari anche più siti alla volta, con precisione e facilità.

Conclusioni: Un Nuovo Capitolo per l’Editing Batterico
Insomma, il sistema make-or-break Prime Editing (mbPE) che abbiamo sviluppato per Streptococcus pneumoniae rappresenta un passo avanti significativo. È preciso, efficiente nella selezione, versatile e scalabile (possiamo usarlo per creare intere librerie di mutanti!). Ha già dimostrato il suo valore permettendoci di studiare interazioni proteiche in vivo e semplificando enormemente l’introduzione di modifiche multiple.
Crediamo che mbPE non solo aprirà nuove strade per la ricerca sullo pneumococco (un patogeno umano di grande importanza), aiutandoci a capirne meglio la biologia, la virulenza e la resistenza agli antibiotici, ma possa anche fare da apripista per sviluppare sistemi simili in altri batteri, anche quelli notoriamente “difficili” da modificare geneticamente.
Il viaggio nella riscrittura del genoma è appena iniziato, e strumenti come mbPE ci danno il potere di esplorare il mondo batterico con una precisione e una facilità mai viste prima. Restate sintonizzati, perché le scoperte più eccitanti devono ancora arrivare!
Fonte: Springer
