Pannelli solari scintillanti sotto un cielo parzialmente nuvoloso, con una turbina eolica in lontananza, che simboleggiano la previsione dell'energia rinnovabile per microgrid tramite machine learning. Obiettivo grandangolare 20mm, luce del tardo pomeriggio, messa a fuoco nitida sul paesaggio energetico.

Prevedere Sole e Vento nelle Microgrid: La Magia del Machine Learning (e dei CNN 1D!)

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona tantissimo: come possiamo rendere le nostre reti energetiche più intelligenti e sostenibili, specialmente quelle piccole e autonome chiamate microgrid. Immaginatele come piccole isole energetiche – un campus universitario, un complesso industriale, persino una comunità – capaci di gestire la propria elettricità, magari collegandosi alla rete principale o funzionando da sole. Figo, no?

Il Cuore del Problema: L’Imprevedibilità delle Rinnovabili

Il bello delle microgrid è che spesso si affidano a fonti rinnovabili come il sole e il vento. Energia pulita, fantastico! Ma c’è un “ma”. Come ben sappiamo, il sole non splende sempre allo stesso modo e il vento non soffia costante. Questa variabilità è una bella sfida. Può creare scompiglio nella stabilità della microgrid, causando problemi con la tensione e la frequenza. È un po’ come cercare di guidare un’auto che accelera e frena da sola in modo imprevedibile. Per gestire al meglio queste “isole energetiche” e garantire che l’energia fluisca senza intoppi, abbiamo bisogno di una cosa fondamentale: prevedere quanta energia solare ed eolica verrà prodotta. E dobbiamo farlo con la massima precisione possibile.

Le Vecchie Strade e i Loro Limiti

Per anni abbiamo usato metodi statistici tradizionali e modelli meteorologici numerici per fare queste previsioni. Utili, certo, ma spesso faticano a catturare la complessità del legame tra il meteo (irraggiamento solare, velocità del vento, temperatura) e l’energia effettivamente generata. Fanno ipotesi un po’ troppo semplici, non gestiscono bene enormi quantità di dati diversi, a volte non sono abbastanza “veloci” nel fornire previsioni dettagliate e spesso non ci dicono quanto sia probabile una certa previsione. Insomma, serviva qualcosa di più potente.

Entra in Scena il Machine Learning: Un Nuovo Alleato

Ed è qui che entra in gioco il machine learning (ML), o apprendimento automatico. Negli ultimi anni, l’interesse per l’uso dell’ML in questo campo è esploso. Tecniche come le reti neurali artificiali (ANN), le macchine a vettori di supporto (SVM) e gli alberi decisionali si sono dimostrate promettenti. Perché? Perché sono bravissime a scovare relazioni complesse e non lineari nei dati. Imparano dalla storia (dati storici sul meteo e sulla produzione energetica) per prevedere il futuro.

Pensate alle reti neurali: sono state usate con successo per prevedere la produzione solare basandosi sulle previsioni meteo, aiutando a bilanciare domanda e offerta di energia, riducendo i costi (meno bisogno di costose centrali di backup!) e migliorando la stabilità della rete. Altri studi hanno usato reti neurali particolari, le LSTM (Long Short-Term Memory), per prevedere l’irraggiamento solare del giorno dopo, battendo i metodi tradizionali. Sembra proprio che queste reti neurali abbiano un talento speciale nel riconoscere schemi nascosti nei dati meteorologici. Riescono a capire come fattori come temperatura, umidità e vento influenzino la produzione di energia.

Visualizzazione astratta di una rete neurale complessa che analizza dati meteorologici e di produzione energetica. Macro lens 80mm, illuminazione controllata high-tech, dettagli elevati sui nodi e le connessioni.

La Nostra Scelta: Il Potere dei CNN 1D

Nel nostro studio, abbiamo voluto esplorare ulteriormente questo potenziale, concentrandoci su un tipo specifico di rete neurale: le Reti Neurali Convoluzionali Unidimensionali (1-D CNN). Perché proprio queste? Mentre modelli come le LSTM sono bravi a catturare dipendenze a lungo termine nei dati temporali (cosa è successo molto tempo fa influenza oggi), possono essere computazionalmente pesanti e lenti. I CNN 1D, invece, sono campioni nell’estrarre pattern locali e temporali in modo efficiente. Usano dei “filtri” che scorrono sui dati per riconoscere schemi specifici in finestre temporali ristrette. Questo li rende più veloci, sia nell’allenamento che nella previsione vera e propria, e quindi ideali per applicazioni quasi in tempo reale e per gestire grandi moli di dati. Diversi studi recenti hanno mostrato che i CNN possono battere sia i modelli ricorrenti (come LSTM) sia i metodi statistici tradizionali in termini di accuratezza, mantenendo una complessità computazionale inferiore. Volevamo vedere se questa efficienza e precisione si confermassero anche per le microgrid.

L’Esperimento: Dati Reali e Modelli a Confronto

Per mettere alla prova la nostra idea, avevamo bisogno di dati reali. Li abbiamo trovati! Abbiamo usato due set di dati open-source:

  • Dati storici sulla produzione di energia fotovoltaica (PV) dalla microgrid dell’Università della California, San Diego (UCSD). Un set di dati ricchissimo, con misurazioni ogni 15 minuti da diversi impianti solari nel campus, dal 2015 al 2020.
  • Dati meteorologici storici dall’Aeroporto Internazionale di San Diego, nello stesso periodo, con misurazioni orarie di temperatura, umidità, pressione, velocità e direzione del vento, ecc.

La qualità dei dati è tutto in questi casi. Abbiamo dovuto fare un bel lavoro di preprocessing: pulire i dati (gestire valori mancanti, rimuovere duplicati), trasformarli (convertire i dati PV da 15 minuti a orari per allinearli al meteo, calcolando la media), normalizzarli (portare tutti i valori in una scala comune, tipo 0-1, per non dare troppo peso a certe variabili solo perché hanno numeri più grandi) e fare un po’ di feature engineering. Quest’ultima parte è divertente: abbiamo creato nuove “caratteristiche” dai dati esistenti per aiutare il modello a capire meglio. Ad esempio, invece di usare velocità e direzione del vento separatamente, le abbiamo combinate in un “vettore vento” (componenti Wx, Wy), molto più facile da interpretare per il modello. Abbiamo anche trasformato le informazioni di data e ora (che sono cicliche, pensate al giorno e all’anno) usando funzioni seno e coseno, per rappresentare chiaramente la periodicità giornaliera e annuale.

Grafico complesso che mostra serie temporali di dati meteorologici (temperatura, irraggiamento solare, velocità del vento) sovrapposti a dati di produzione di energia fotovoltaica. Stile infografica high-tech, dettagli nitidi sui picchi e le valli dei dati.

Abbiamo quindi diviso i nostri dati preparati in set di training (70%, per insegnare al modello), validazione (20%, per mettere a punto il modello durante l’allenamento) e test (10%, dati mai visti prima, per la valutazione finale). L’obiettivo era prevedere le prossime 24 ore di produzione PV e di velocità del vento, basandoci sulle 24 ore precedenti di dati meteo e (per il PV) anche sulla produzione passata.

Abbiamo implementato tre tipi di modelli:

  1. Un modello Baseline molto semplice: prevede che domani sarà uguale a oggi (ripete i valori del giorno prima). Serve come punto di riferimento minimo.
  2. Un modello LSTM, come quelli usati in altri studi, per avere un confronto con un approccio noto per le serie temporali.
  3. Il nostro modello 1-D CNN, progettato specificamente per catturare pattern temporali locali in modo efficiente.

Abbiamo allenato i modelli usando l’errore quadratico medio (MSE) come funzione di perdita (l’errore da minimizzare) e l’ottimizzatore Adam (un modo efficace per aggiornare i “pesi” della rete neurale). Abbiamo monitorato diverse metriche: MSE, MAE (Errore Assoluto Medio), RMSE (Radice dell’Errore Quadratico Medio) e R-squared (R², che dice quanta parte della variabilità dei dati reali è spiegata dal modello). Abbiamo anche usato tecniche come il “dropout” e la “batch normalization” per evitare che i modelli imparassero troppo a memoria i dati di training (overfitting) e per stabilizzare l’allenamento. L’early stopping ci ha permesso di fermare l’allenamento se le prestazioni sul set di validazione smettevano di migliorare, evitando spreco di tempo e risorse.

I Risultati: Il CNN 1D Brilla!

E ora, i risultati! Sono stati davvero incoraggianti. Confrontando le prestazioni sul set di test (i dati mai visti):

  • Previsione della produzione PV: Il modello 1-D CNN ha nettamente superato sia il baseline che l’LSTM. Ha ottenuto un R² altissimo (circa 0.92), indicando che spiega molto bene la variabilità della produzione solare. Gli errori (MSE, MAE, RMSE) erano significativamente più bassi.
  • Previsione della velocità del vento: Anche qui, il 1-D CNN è risultato il migliore, con un R² intorno a 0.45 e gli errori più bassi rispetto agli altri due modelli. Prevedere il vento è notoriamente più difficile, quindi un R² di 0.45 è comunque un buon risultato in questo contesto.

Ma non è solo una questione di accuratezza. Abbiamo anche guardato all’efficienza computazionale. E qui il 1-D CNN ha davvero mostrato i muscoli: tempi di allenamento più rapidi, tempi di inferenza (quanto ci mette a fare una previsione) per campione più bassi e minor consumo di memoria rispetto all’LSTM. Questo è fondamentale per applicazioni pratiche, specialmente se si vogliono previsioni in tempo reale.

Abbiamo verificato che i nostri modelli non soffrissero di overfitting o underfitting (imparare troppo o troppo poco). I grafici di apprendimento mostravano che sia l’accuratezza sul training set che quella sul test set miglioravano insieme, mentre l’errore diminuiva per entrambi, segno di un buon bilanciamento. Visualizzando le previsioni rispetto ai dati reali, abbiamo visto come il CNN riuscisse a seguire abbastanza bene le fluttuazioni, anche quelle complesse e un po’ caotiche della velocità del vento e i pattern giornalieri della produzione solare.

Primo piano di pannelli solari su un tetto in una giornata di sole variabile, con nuvole passeggere. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta che sfoca lo sfondo, luce naturale dinamica.

Cosa Abbiamo Imparato e Dove Andiamo Ora

Questa ricerca ci ha confermato che il machine learning, e in particolare i modelli 1-D CNN, sono strumenti potentissimi per affrontare la sfida della previsione delle rinnovabili nelle microgrid. La loro capacità di catturare pattern locali in modo efficiente, unita alla velocità computazionale, li rende una scelta molto interessante.

Certo, ci sono dei limiti. I nostri dati provenivano da una sola area geografica (San Diego), quindi bisogna vedere se i risultati sono generalizzabili altrove. Inoltre, i CNN 1D potrebbero non essere perfetti nel catturare dipendenze a lunghissimo termine come forse fanno gli LSTM (anche se nel nostro caso sono andati meglio!). E poi, abbiamo testato tutto su dati storici; la prova del nove sarà vedere come si comportano in tempo reale in una microgrid operativa.

Per il futuro, ci sono tante strade da esplorare! Si potrebbe provare a usare dati con una risoluzione temporale ancora più alta (magari ogni 5 minuti?), sviluppare modelli ibridi che combinino i punti di forza dei CNN e degli LSTM, o magari integrare anche modelli basati sulla fisica. Testare questi approcci su microgrid diverse (più grandi, più piccole, in climi differenti) sarebbe fondamentale. E, ovviamente, l’obiettivo finale è l’implementazione nel mondo reale.

In conclusione, credo fermamente che l’intelligenza artificiale come quella che abbiamo usato possa davvero fare la differenza per ottimizzare le nostre microgrid e spingere verso un futuro energetico più pulito, resiliente e intelligente. È un campo in continua evoluzione, ed è entusiasmante farne parte!

Fonte: Springer

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