Radiografia dettagliata di un'articolazione del ginocchio che mostra segni iniziali di artrosi, con sovrapposizioni grafiche digitali che indicano i punti di misurazione biometrica, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione da studio.

Raggi X e AI: Il Futuro della Prevenzione dell’Artrosi al Ginocchio è Qui?

Ah, l’artrosi al ginocchio! Chi non ne ha sentito parlare, o peggio, chi non ne soffre o conosce qualcuno che combatte quotidianamente con quel dolore fastidioso, quella rigidità che rende difficili anche i gesti più semplici? È una di quelle condizioni che, diciamocelo, può davvero peggiorare la qualità della vita. Per anni, la medicina ha cercato modi per gestirla, ma spesso si interviene quando il danno è già fatto, a volte arrivando fino alla sostituzione totale del ginocchio. Un intervento risolutivo per il dolore, certo, ma anche molto invasivo e costoso.

E se vi dicessi che, insieme al mio team, abbiamo lavorato su qualcosa che potrebbe cambiare le carte in tavola? Qualcosa che potrebbe aiutarci a giocare d’anticipo? Sì, avete capito bene: stiamo parlando di prevenzione, la parola magica in medicina!

La Sfida: Prevedere l’Imprevedibile (o Quasi)

Il problema principale nella gestione dell’artrosi al ginocchio (KOA, come la chiamiamo noi addetti ai lavori, da Knee Osteoarthritis) è che, fino ad oggi, è stato difficilissimo prevedere chi svilupperà la malattia e con quale gravità, specialmente in persone con ginocchia radiologicamente sane. Immaginate di poter dire a una persona: “Attenzione, tra qualche anno il tuo ginocchio potrebbe iniziare a darti problemi seri, ma se agiamo ora possiamo ridurre il rischio”. Sarebbe fantastico, no? Potremmo motivare le persone a perdere peso se necessario, o indirizzarle verso terapie fisiche mirate.

Molti studi hanno proposto metodi basati sul machine learning (ML), l’intelligenza artificiale che impara dai dati, per predire l’artrosi. Spesso, però, si concentrano su una previsione binaria (artrosi SÌ/NO), che è più semplice ma meno utile per pianificare trattamenti personalizzati. Avere più classi di gravità (sana, moderata, severa) sarebbe molto più informativo. Alcuni studi ci hanno provato, ma richiedevano osservazioni lunghe nel tempo o si basavano su questionari sul dolore, che sono soggettivi. Noi volevamo qualcosa di più oggettivo, rapido ed economico.

La Nostra Idea: Radiografie, Dati Demografici e un Cervello Artificiale “a Due Tempi”

Ecco dove entra in gioco la nostra ricerca, basata sui dati preziosissimi dell’Osteoarthritis Initiative (OAI), un enorme database americano. Ci siamo chiesti: e se usassimo le classiche radiografie del ginocchio, quelle che si fanno comunemente e costano poco, per estrarre misure morfologiche precise? E se combinassimo queste misure con dati semplici come età, altezza e peso? Poteva funzionare?

La risposta breve è: sì! Abbiamo sviluppato un modello di machine learning un po’ particolare, a due stadi. In pratica, invece di chiedere all’algoritmo di distinguere subito tra sano, moderato e severo (un compito difficile, specialmente con dati sbilanciati), lo abbiamo “allenato” in due passaggi:

  • Primo stadio: l’algoritmo impara a distinguere le ginocchia sane (KL01, secondo la scala di Kellgren-Lawrence che usiamo per classificare la gravità) da quelle che hanno o svilupperanno un’artrosi moderata o severa (KL2 e KL34 insieme).
  • Secondo stadio: se il primo algoritmo “sospetta” un’artrosi (cioè classifica il ginocchio come KL2 o KL34), entra in gioco un secondo algoritmo, specializzato nel distinguere tra la forma moderata (KL2) e quella severa (KL34).

Questo approccio si è rivelato più efficace di un modello tradizionale a singolo stadio, specialmente quando le classi di gravità non sono distribuite equamente (e di solito, per fortuna, le ginocchia sane sono molte di più!).

Radiografia del ginocchio in bianco e nero, stile film noir, con evidenziate le aree di interesse per la misurazione dell'artrosi, obiettivo 35mm, profondità di campo, duotone grigio e ciano.

Abbiamo “dato in pasto” al nostro sistema i dati di 1222 ginocchia appartenenti a 683 persone, seguite per ben 8 anni. I partecipanti avevano un’età compresa tra i 45 e i 67 anni e all’inizio dello studio non avevano artrosi significativa. Abbiamo escluso persone con traumi pregressi al ginocchio o che avevano subito variazioni di peso importanti durante il follow-up, per concentrarci sull’artrosi primaria e avere dati più “puliti”.

Cosa Abbiamo Misurato e Come Hanno Lavorato i Modelli

I predittori che abbiamo usato erano 12 in totale: età, altezza, peso, il grado di artrosi iniziale (KL grade al baseline, che era comunque inferiore a 2) e otto misure prese dalle radiografie antero-posteriori del ginocchio. Queste misure includevano, ad esempio, lo spazio articolare mediale e laterale (cioè quanto “spazio” c’è tra femore e tibia), la larghezza del femore, la distanza intercondilare e alcuni angoli specifici come l’angolo femoro-tibiale.

Per capire davvero l’impatto delle diverse informazioni, abbiamo addestrato tre modelli:

  1. Un modello basato solo sui dati demografici (SD-model).
  2. Un modello basato solo sulle misure morfologiche prese dalle radiografie (Image-model).
  3. Un modello “fuso” (Merged-model) che usava entrambe le tipologie di dati.

E i risultati? Beh, sono stati davvero incoraggianti! Il Merged-model, quello che combinava tutto, è stato il migliore, con un punteggio WF1 (una metrica che tiene conto dello sbilanciamento delle classi) del 78.3% e una Balanced Accuracy (BA) del 68.2%. Anche il modello SD da solo non se l’è cavata male (WF1 77.2%, BA 65.6%), mentre quello basato solo sulle immagini ha avuto le performance più basse, seppur rispettabili (WF1 76.5%, BA 63.8%).

Questo ci dice una cosa importante: le informazioni morfologiche prese dalle radiografie, quando unite ai dati demografici, migliorano significativamente la capacità di predire la futura gravità dell’artrosi al ginocchio. Il nostro modello “fuso” è stato particolarmente bravo a identificare le ginocchia che sarebbero rimaste sane e ha mostrato una sensibilità maggiore nel riconoscere i casi di artrosi moderata (KL2) rispetto al modello basato solo sui dati demografici.

I “Protagonisti” della Previsione: Cosa Conta Davvero?

Grazie a una tecnica chiamata SHAP analysis, siamo riusciti a “sbirciare” dentro il modello per capire quali fattori fossero più influenti. Nel primo stadio (sano vs. artrosi moderata/severa), il grado KL iniziale e il peso corporeo sono emersi come i predittori più importanti. Questo non sorprende: il sovrappeso è un fattore di rischio notissimo per l’artrosi. Anche lo spazio articolare laterale, l’età e la larghezza della tibia distale hanno giocato un ruolo.

Interessante, invece, quello che è successo nel secondo stadio (moderata vs. severa). Il grado KL iniziale è rimasto cruciale, ma il peso ha perso un po’ della sua importanza. Al contrario, l’angolo varo-valgo (che descrive l’allineamento del ginocchio, se tende al “ginocchio varo” o “valgo”) è diventato il terzo predittore più importante. Un allineamento in varo, in particolare, sembra predire una maggiore probabilità di artrosi severa, il che è coerente con la letteratura scientifica.

Una cosa curiosa: lo spazio articolare mediale sembrava meno importante di quello laterale in entrambi gli stadi. Forse perché il cartilagine sul lato laterale è generalmente più spesso, e quindi le sue variazioni potrebbero essere un indicatore precoce più sensibile. Sul lato mediale, invece, l’assottigliamento potrebbe raggiungere un punto di saturazione, rendendo meno evidenti ulteriori cambiamenti.

Medico che discute i risultati di una radiografia del ginocchio con un paziente, utilizzando un tablet che mostra grafici predittivi, ambiente clinico moderno e luminoso, obiettivo 50mm, luce naturale, profondità di campo.

Confronti e Prospettive Future

Confrontare i nostri risultati con altri studi è un po’ complicato, perché molti usano metriche diverse o si concentrano sulla previsione binaria. Tuttavia, rispetto a tecniche multiclasse all’avanguardia, il nostro modello a due stadi sembra comportarsi meglio. In un nostro studio precedente, avevamo usato un approccio simile ma con dati da Risonanza Magnetica (MRI). I risultati erano paragonabili (WF1 del 79.0% con MRI contro il 78.3% con radiografie), il che è fantastico, considerando che le radiografie sono molto più economiche e accessibili della MRI, specialmente nell’assistenza sanitaria di base!

Certo, il nostro studio ha delle limitazioni. Non abbiamo ancora validato il modello su un dataset esterno, e le misurazioni sulle radiografie, per ora, richiedono un intervento manuale che dura da 1 a 4 minuti per immagine. Ma qui si aprono scenari entusiasmanti: in futuro, grazie a tecniche di deep learning per il riconoscimento di punti chiave, queste misurazioni potrebbero essere completamente automatizzate!

Immaginate le implicazioni: un medico di base potrebbe, con una semplice radiografia e alcuni dati del paziente, ottenere una stima del rischio di sviluppare artrosi al ginocchio e della sua potenziale gravità. Questo aprirebbe la strada a strategie preventive personalizzate, aiutando i pazienti a prendere decisioni informate sul proprio stile di vita (come la perdita di peso) e motivandoli, magari visualizzando gli effetti positivi delle misure preventive. Potrebbe davvero essere un piccolo, grande passo verso una gestione più proattiva e meno invasiva di una patologia così diffusa.

Noi continuiamo a lavorarci, perché crediamo che la combinazione di tecnologie accessibili come le radiografie e la potenza dell’intelligenza artificiale possa davvero fare la differenza nella vita di molte persone. E chissà, forse un giorno guarderemo all’artrosi al ginocchio non più come a un destino ineluttabile, ma come a una condizione che possiamo affrontare, e persino prevenire, con gli strumenti giusti.

Fonte: Springer

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