Immagine macro ad alta definizione di provette di sangue in un rack da laboratorio, con focus preciso sul plasma separato e sulle etichette. Illuminazione controllata da studio per evidenziare i dettagli. Obiettivo macro 100mm.

Ictus e Danno da Riperfusione: Possiamo Prevederlo con un Esame del Sangue?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che rappresenta una delle sfide più grandi nella medicina moderna: l’ictus ischemico. Sapete, è una delle principali cause di disabilità e mortalità, specialmente tra le persone più anziane. Quando un vaso sanguigno nel cervello si ostruisce, il tempo è letteralmente cervello. Dobbiamo agire in fretta per ripristinare il flusso sanguigno e salvare il tessuto cerebrale.

La Sfida della Riperfusione

Le terapie di ricanalizzazione, come la trombolisi (che scioglie il coagulo) e la trombectomia (che lo rimuove meccanicamente), sono fondamentali. Possono davvero fare la differenza e salvare vite o ridurre drasticamente le conseguenze neurologiche. Ma – e c’è un “ma” importante – a volte, proprio quando pensiamo di aver risolto il problema riaprendo il vaso, si innesca un fenomeno paradossale chiamato danno da riperfusione (RI).

Immaginate: il sangue torna a fluire nel tessuto che era rimasto senza ossigeno, ma invece di portare solo sollievo, scatena una cascata di eventi infiammatori, stress ossidativo e altri meccanismi complessi. Questo può peggiorare il danno tissutale, compromettere la barriera emato-encefalica (BBB) – quella specie di “muro di protezione” del nostro cervello – e portare a edema cerebrale (CE), trasformazioni emorragiche e, alla fine, a un esito funzionale peggiore per il paziente. È una vera beffa, no? E per noi medici, è una sfida enorme riuscire a prevedere chi andrà incontro a questo problema.

Alla Ricerca di Indizi nel Sangue: Lo Studio STROKELABED

Ecco dove entra in gioco la nostra ricerca, lo studio STROKELABED (Acute ischemic STROKE– from laboratory to the Patient’s BED). Ci siamo chiesti: e se potessimo trovare degli indizi, dei biomarcatori, direttamente nel sangue dei pazienti, che ci aiutino a capire chi è più a rischio di sviluppare queste complicanze? L’idea è quella di integrare diversi tipi di informazioni: biomarcatori infiammatori circolanti (citochine, chemochine, metalloproteinasi e i loro inibitori), dati di metabolomica (che studia le piccole molecole frutto del metabolismo) e di lipoproteomica (che analizza le lipoproteine, come il colesterolo LDL e HDL). Un approccio multi-omico, come si dice in gergo.

Abbiamo coinvolto 87 pazienti colpiti da ictus ischemico della circolazione anteriore, arrivati in ospedale entro 12 ore dall’esordio dei sintomi e trattati con trombolisi e/o trombectomia. Abbiamo prelevato campioni di sangue in due momenti chiave: all’arrivo in ospedale (t0, prima del trattamento) e 24 ore dopo l’esordio dell’ictus (t1).

Immagine macro di diverse provette di sangue etichettate, disposte su un rack in un laboratorio high-tech. Luce controllata e precisa focalizzazione sui dettagli delle etichette e del plasma separato. Obiettivo macro 100mm, alta definizione.

L’obiettivo era ambizioso: sviluppare un modello predittivo. Volevamo identificare la combinazione ottimale di queste molecole nel sangue per prevedere tre cose principali:

  • La rottura della barriera emato-encefalica (BBB disruption), valutata tramite tecniche di neuroimaging avanzato (CT perfusion) all’ammissione.
  • La presenza di edema cerebrale (CE) a 24 ore dall’ictus, valutata con una TC di controllo.
  • Un esito funzionale sfavorevole a tre mesi dall’ictus (definito come un punteggio > 2 sulla scala Modified Rankin Scale, mRS, che misura il grado di disabilità).

Per fare questo, abbiamo usato un algoritmo statistico piuttosto sofisticato chiamato regressione logistica LASSO. Questo metodo è ottimo perché non solo costruisce il modello predittivo, ma seleziona anche le variabili (i nostri biomarcatori) più importanti, scartando quelle meno rilevanti. Abbiamo anche tenuto conto di fattori importanti come l’età, il sesso, il tempo intercorso tra l’esordio e il trattamento, l’uso di farmaci per il colesterolo prima dell’ictus e la presenza di altre patologie come scompenso cardiaco, fibrillazione atriale o diabete.

Cosa Abbiamo Scoperto? Segnali Promettenti

I risultati sono stati davvero interessanti, soprattutto quelli basati sui campioni prelevati all’ammissione (t0), perché ci danno informazioni predittive precoci, prima che le complicanze come l’edema si manifestino pienamente (spesso entro le prime 24 ore).

Per la rottura della BBB: Il nostro modello ha identificato quattro protagonisti principali nel sangue al momento del ricovero:

  • Metionina: Un aminoacido i cui livelli elevati sembrano associati a un maggior rischio. Sappiamo che la metionina è legata al metabolismo dell’omocisteina, già nota per il suo ruolo nell’ictus. Livelli acuti molto alti di metionina (ipermetioninemia) sono stati collegati a esiti neurologici avversi e forse anche all’edema cerebrale.
  • Acetato: Stranamente, livelli più alti sembravano protettivi in questo contesto, un dato che contrasta con parte della letteratura e merita approfondimenti.
  • GlycA: Un marcatore infiammatorio derivato dalle glicoproteine. Livelli più bassi erano associati a un rischio maggiore di rottura della BBB, anche questo un risultato che richiede ulteriori indagini.
  • MMP-2: Una metalloproteinasi, un enzima coinvolto nella degradazione della matrice extracellulare. Livelli più alti erano associati a un rischio maggiore, il che ha senso, dato che le MMP sono note per “indebolire” la BBB.

Visualizzazione 3D astratta della barriera emato-encefalica (BBB) con molecole stilizzate (come MMP-2) che la attraversano. Colori vivaci su sfondo scuro per evidenziare il processo di rottura. Illuminazione drammatica.

Per l’edema cerebrale a 24 ore: Anche qui, il modello basato sui campioni t0 ha evidenziato alcuni attori chiave:

  • Metionina e Acetato: Come per la BBB, ma con ruoli potenzialmente complessi.
  • TIMP-1: Un inibitore delle metalloproteinasi. Abbiamo trovato livelli più bassi nei pazienti che sviluppavano edema. Questo è logico: meno inibitore significa più attività delle MMP, che possono contribuire all’edema danneggiando la BBB e la matrice tissutale. TIMP-1 è considerato neuroprotettivo.
  • CXCL-10 (IP-10): Una chemochina, una molecola che attira le cellule immunitarie. Qui la cosa si fa complicata. Ci saremmo aspettati livelli alti associati all’edema, dato il suo ruolo pro-infiammatorio. Invece, abbiamo trovato livelli più bassi al t0 nei pazienti che poi sviluppavano edema. Tuttavia, la stessa CXCL-10 era aumentata al t0 nei pazienti con prognosi funzionale peggiore a 3 mesi. Questo suggerisce che il ruolo di CXCL-10 potrebbe essere complesso e dipendente dal tempo e dal contesto specifico (danno acuto vs. recupero a lungo termine).

Per l’esito funzionale a 3 mesi (mRS > 2): Il modello predittivo basato sui campioni t0 ha incluso:

  • Particelle LDL-5: Abbiamo osservato una riduzione generale delle frazioni di colesterolo LDL, in particolare delle sottofrazioni LDL-5 (piccole e dense), nei pazienti con esito peggiore. Questo è un po’ controintuitivo, perché di solito le LDL piccole e dense sono considerate più aterogeniche. Tuttavia, alcuni studi hanno associato bassi livelli di LDL a esiti peggiori dopo emorragia cerebrale, forse per il ruolo del colesterolo nell’integrità delle membrane cellulari. La questione è dibattuta e i nostri dati aggiungono un tassello a questo puzzle.
  • CXCL-10: Come accennato, livelli più alti al t0 erano predittivi di un recupero peggiore a 3 mesi.
  • IL-12: Un’altra citochina infiammatoria, i cui livelli più alti al t0 erano associati a una prognosi funzionale sfavorevole.

Verso una Medicina Personalizzata per l’Ictus

Cosa ci dicono tutti questi dati? Che l’ictus è una patologia estremamente eterogenea. Ogni paziente è diverso, e il modo in cui il suo corpo reagisce all’ischemia e alla riperfusione varia enormemente. Un approccio basato su biomarcatori, come quello che abbiamo esplorato nel nostro studio, sembra promettente per affrontare questa eterogeneità.

Ritratto di un medico o ricercatore che osserva attentamente i dati su uno schermo di computer in un ambiente di laboratorio moderno. Espressione concentrata e riflessiva. Obiettivo da ritratto 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo. Toni duotone blu e grigio.

Identificare precocemente i pazienti a maggior rischio di danno da riperfusione, rottura della BBB o edema cerebrale potrebbe permetterci di personalizzare le strategie terapeutiche. Magari potremmo monitorare più attentamente questi pazienti, o forse un giorno avremo terapie neuroprotettive mirate da somministrare proprio a chi ne ha più bisogno, sulla base del suo profilo di biomarcatori.

Certo, il nostro studio ha dei limiti. Il numero di pazienti non è enorme e proviene da un singolo centro, quindi i risultati dovranno essere confermati in coorti più grandi e diverse. Inoltre, abbiamo misurato la rottura della BBB con una tecnica che potrebbe sottostimarla in alcune aree, e il nostro pannello di biomarcatori non includeva marcatori specifici delle giunzioni strette della BBB.

Nonostante questo, crediamo che i nostri risultati siano un passo avanti importante. Suggeriscono che guardare attentamente cosa succede nel sangue subito dopo un ictus, analizzando non solo le solite molecole ma anche metaboliti e lipoproteine, può darci informazioni preziose per prevedere l’evoluzione clinica e lo stato funzionale del paziente a distanza di mesi. La strada per sconfiggere il danno da riperfusione è ancora lunga, ma forse abbiamo trovato una nuova bussola nel sangue dei nostri pazienti.

Fonte: Springer

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