Vista aerea dell'Oceano Atlantico equatoriale con pattern di nuvole convettive (ITCZ) che si estendono sull'acqua blu profondo, evidenziando l'interazione atmosfera-oceano, obiettivo grandangolare 18mm, luce solare diffusa, messa a fuoco nitida sull'orizzonte.

Svelato il Segreto dell’Atlantico: Prevedere l’Atlantic Niño è Finalmente Possibile!

Ciao a tutti! Avete presente El Niño, quella superstar del Pacifico che tiene banco nelle notizie sul clima globale? Bene, oggi voglio parlarvi del suo “cugino” meno famoso ma non meno importante: l’Atlantic Niño. Si tratta di un fenomeno climatico che avviene nell’Atlantico equatoriale e che, proprio come El Niño, ha un impatto enorme sul clima, sugli ecosistemi marini e sulla biogeochimica di vaste aree. Pensate alle piogge in Sud America e Africa, alla pesca, persino alla circolazione atmosferica globale. Il problema? Prevederlo con un certo anticipo è sempre stata una vera sfida, un po’ come cercare di indovinare il tempo che farà tra mesi basandosi su segnali deboli e confusi.

Il Mistero dell’Atlantic Niño e la Sfida della Prevedibilità

Perché è così difficile? Parte della risposta sta nel fatto che il “dialogo” tra atmosfera e oceano nell’Atlantico equatoriale sembra essere più timido, meno intenso rispetto a quello che avviene nel Pacifico durante El Niño. Questo accoppiamento più debole rende i segnali precursori meno chiari e, di conseguenza, le previsioni stagionali meno affidabili. L’Atlantic Niño, che raggiunge il suo picco solitamente durante l’estate boreale (giugno-agosto), coinvolge variazioni nella temperatura superficiale del mare (SST), nei venti e nella profondità dello strato caldo superficiale dell’oceano (la termoclina), con dinamiche che ricordano molto quelle di El Niño, ma in versione “sottotono”.

Nonostante sia il principale motore della variabilità climatica interannuale nell’Atlantico tropicale (spiega circa il 32% della variabilità delle SST!), la sua minore “forza” rispetto a ENSO (El Niño Southern Oscillation) ha sempre limitato la nostra capacità di anticiparne le mosse. E questo è un bel problema, perché non poter prevedere un evento come l’Atlantic Niño significa non poter preparare le comunità vulnerabili ai suoi potenziali impatti, come siccità o inondazioni.

Una Nuova Lente: L’Accoppiamento Atmosfera-Oceano Rivisitato

Ma se vi dicessi che forse abbiamo trovato una nuova chiave di lettura? Recentemente, abbiamo sviluppato un approccio innovativo, una sorta di “lente d’ingrandimento” che ci permette di osservare meglio proprio quel dialogo cruciale tra atmosfera e oceano. In particolare, ci siamo concentrati su come i movimenti nord-sud delle grandi aree di pioggia tropicale (la famosa Zona di Convergenza Intertropicale, o ITCZ) interagiscono con le variazioni est-ovest della termoclina lungo l’equatore.

Questo approccio si basa su una tecnica chiamata Analisi della Massima Covarianza (MCA) applicata ai dati di precipitazione (come misura della convezione atmosferica) e di temperatura superficiale del mare (SST). In pratica, cerchiamo i “pattern” che mostrano la massima correlazione tra questi due elementi. E sapete cosa abbiamo scoperto? Che questo specifico tipo di accoppiamento è molto più forte e coerente di quanto si pensasse!

Analizzando le osservazioni satellitari e le rianalisi oceaniche dal 1982 al 2004, abbiamo identificato un “modo” dominante di variabilità accoppiata che spiega ben il 70% della covarianza tra le migrazioni meridionali delle piogge e le anomalie zonali delle SST. Questo modo cattura perfettamente l’essenza dell’Atlantic Niño: vediamo chiaramente la ITCZ spostarsi verso nord in primavera, attraversare l’equatore a maggio, e questo coincide con un appiattimento della termoclina e un accumulo di calore (visibile come anomalie positive dell’altezza della superficie del mare, SSH) nella parte orientale dell’Atlantico equatoriale, portando al picco delle temperature calde a giugno. È quasi come osservare una danza ben coordinata tra cielo e mare.

Fotografia macro di gocce di pioggia che cadono sulla superficie calda e leggermente ondulata dell'oceano Atlantico equatoriale al tramonto, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione controllata per enfatizzare la texture dell'acqua e le gocce.

La Sorpresa: Previsioni Affidabili Fino a 5 Mesi Prima!

La vera svolta, però, è arrivata quando abbiamo applicato questo nuovo “framework” ai sistemi di previsione stagionale. Abbiamo utilizzato un enorme insieme di previsioni (un “ensemble” di 196 membri!) del Copernicus Climate Change Service (C3S), che raccoglie i risultati dei migliori centri di previsione mondiali. E i risultati sono stati sorprendenti!

Utilizzando il nostro approccio focalizzato sull’accoppiamento ITCZ-termoclina, l’ensemble C3S ha mostrato una capacità predittiva robusta per l’Atlantic Niño con un anticipo da 1 a 5 mesi rispetto al suo picco di giugno. Questo significa che già a gennaio o febbraio potremmo avere indicazioni affidabili su come si svilupperà il fenomeno in estate! È un salto di qualità notevole rispetto alle previsioni basate solo sull’indice classico dell’Atlantic Niño (l’indice Atl3), che perdono affidabilità molto prima.

Ancora più interessante: questa abilità predittiva sembra nascere proprio all’interno dell’Oceano Atlantico stesso. Non dipende in modo significativo da El Niño nel Pacifico, almeno non per gli anticipi di previsione più brevi e affidabili (1-4 mesi). Questo conferma che l’Atlantic Niño è una fonte di prevedibilità climatica a sé stante, con le sue regole e i suoi meccanismi interni.

Perché È Importante? Impatti Globali e Benefici Sociali

Ok, prevedere l’Atlantic Niño è affascinante per noi scienziati, ma perché dovrebbe interessare a tutti? Perché questo fenomeno, anche se “minore” di El Niño, non limita i suoi effetti all’Atlantico. Le sue “onde” si propagano nell’atmosfera, influenzando il clima a migliaia di chilometri di distanza.

Abbiamo scoperto che il nostro “modo accoppiato” è fortemente correlato con le variazioni delle precipitazioni in diverse aree tropicali cruciali:

  • Il Nord dell’Amazzonia (specialmente a giugno)
  • La Costa della Guinea in Africa occidentale (specialmente ad agosto)
  • Il Continente Marittimo (Indonesia e dintorni, specialmente ad agosto)

E la buona notizia è che i modelli di previsione C3S riescono a prevedere queste correlazioni con lo stesso anticipo di 1-5 mesi! Immaginate cosa significa: poter allertare con mesi di anticipo agricoltori, gestori delle risorse idriche e autorità sanitarie in queste regioni, permettendo loro di prepararsi a potenziali siccità o piogge eccessive. Si tratta di un potenziale enorme per ridurre gli impatti sociali ed economici più gravi.

Inoltre, abbiamo osservato (e i modelli C3S lo confermano) che un forte Atlantic Niño tende ad essere seguito da condizioni simili a La Niña (acque più fredde del normale) nel Pacifico equatoriale nei mesi successivi. Anche questa connessione tra i due oceani, seppur complessa e ancora dibattuta, sembra essere prevedibile grazie al nostro approccio.

Visualizzazione dati astratta ma fotorealistica che mostra linee luminose interconnesse (blu per l'oceano, bianche per l'atmosfera) su uno sfondo scuro, simboleggiando la prevedibilità climatica e l'accoppiamento complesso, obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta.

Modelli Climatici e Sfide Future

È interessante notare che, mentre i sistemi di previsione stagionale come quelli del C3S (che vengono “inizializzati” con dati reali dell’oceano e dell’atmosfera) mostrano questa incredibile abilità, i modelli climatici standard (come quelli usati per le proiezioni a lungo termine, tipo CMIP5 e CMIP6) faticano ancora un po’. Pur catturando alcuni aspetti dell’accoppiamento che abbiamo identificato, tendono ad avere dei “bias”, degli errori sistematici: spesso posizionano la ITCZ troppo a sud, simulano un accoppiamento più debole e non riescono a riprodurre bene le teleconnessioni, ovvero gli impatti a distanza dell’Atlantic Niño sulle piogge regionali o sul Pacifico.

Questo ci dice due cose: primo, che l’inizializzazione accurata dei modelli con dati osservativi è fondamentale per le previsioni stagionali; secondo, che c’è ancora lavoro da fare per migliorare i modelli climatici di base affinché rappresentino meglio questi processi delicati.

Fotografia grandangolare di un paesaggio lussureggiante nella regione della Costa della Guinea durante una pioggia monsonica intensa, nuvole scure ma con raggi di sole che filtrano, obiettivo grandangolare 20mm, lunga esposizione per ammorbidire il movimento della pioggia, messa a fuoco nitida sulla vegetazione.

Ovviamente, la ricerca non si ferma qui. Dobbiamo capire meglio come la variabilità decennale dell’Atlantico o i periodi in cui è il Pacifico a influenzare l’Atlantico (la relazione non è sempre a senso unico!) possano modulare questa prevedibilità. Dobbiamo ridurre le incertezze nei dati osservativi e affinare ulteriormente i modelli.

Ma il passo avanti è innegabile. Aver trovato un modo per “ascoltare” più chiaramente il dialogo tra atmosfera e oceano nell’Atlantico equatoriale ci ha aperto una finestra sulla prevedibilità di un fenomeno chiave per il clima di molte regioni. La speranza è che queste previsioni più accurate possano tradursi presto in azioni concrete, aiutando le società a prepararsi e ad adattarsi meglio agli scherzi del nostro affascinante e complesso sistema climatico.

Fonte: Springer

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