Paziente anziano sorridente mentre fa esercizi di fisioterapia leggera con una palla medica in una stanza luminosa e moderna, assistito da un fisioterapista incoraggiante. Immagine fotorealistica, obiettivo 50mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sui soggetti, luce naturale controllata, colori caldi.

Protesi Anca e Ginocchio: Prepararsi Prima Fa la Differenza? Cosa Succede Davvero (Spoiler: Non Abbastanza!)

Ciao a tutti! Oggi voglio chiacchierare con voi di un argomento che tocca da vicino tantissime persone: l’intervento di protesi d’anca o di ginocchio. Se ci siete passati, o state aspettando, sapete bene di cosa parlo. Nel Regno Unito, ogni anno, si fanno più di 215.000 interventi di questo tipo! Numeri pazzeschi, vero? Ma c’è un “ma” grande come una casa: le liste d’attesa. Sono le più lunghe tra tutti gli interventi programmati, con persone che a volte aspettano anche due anni nel sistema sanitario pubblico (l’NHS). Due anni! Immaginate cosa vuol dire vivere con un dolore cronico e mobilità ridotta per tutto quel tempo.

L’Attesa che Logora (e Perché Prepararsi è Fondamentale)

Ecco, il punto è proprio questo. Aspettare così a lungo non è solo una scocciatura. La salute, purtroppo, tende a peggiorare. Il dolore aumenta, ci si muove sempre meno, l’umore va a picco e si perde indipendenza. Alcuni studi dicono che tra il 20% e il 40% delle persone in lista d’attesa vive in condizioni di salute considerate “peggiori della morte”. Fa impressione, lo so.

Ma se vi dicessi che c’è qualcosa che si può (e si dovrebbe) fare *prima* dell’intervento per gestire meglio questo periodo e, soprattutto, per ottimizzare i risultati *dopo*? Parlo di due cose fondamentali: l’educazione pre-operatoria e la preabilitazione.

Cosa sono? L’educazione serve a capire cosa aspettarsi, a prepararsi all’intervento e al recupero, a gestire le aspettative (fondamentale!) e magari anche ad accorciare i tempi di degenza in ospedale. La preabilitazione, invece, è una specie di “allenamento” prima dell’operazione. Esercizi mirati per rinforzare i muscoli, migliorare la funzionalità… insomma, arrivare all’intervento nelle migliori condizioni possibili. Sembra logico, no? Arrivare più preparati fisicamente e mentalmente dovrebbe aiutare a recuperare meglio e più in fretta. E infatti, la ricerca lo conferma!

La Teoria è Bella, Ma la Pratica? L’Indagine nel NHS Britannico

Ok, tutto bello sulla carta. Ma nella realtà, cosa succede negli ospedali? Se lo sono chiesti anche dei ricercatori nel Regno Unito, che hanno fatto un’indagine nazionale per capire come vengono effettivamente offerti questi servizi di educazione e preabilitazione ai pazienti in lista d’attesa per protesi d’anca (THR) e ginocchio (TKR) nel sistema sanitario pubblico (NHS). Hanno mandato un questionario online a un bel po’ di ospedali, grandi, medi e piccoli, per avere un quadro della situazione.

Hanno risposto 29 ospedali da diverse regioni. E cosa è venuto fuori?

  • Educazione Pre-operatoria: Quasi tutti (28 su 29) la offrono. Bene! Però… come? Principalmente con una singola sessione di gruppo, tipo una conferenza, accompagnata da opuscoli informativi. Qualcuno usa anche video, siti web o altri formati digitali. Il contenuto è vario: cosa aspettarsi dal dolore e dal recupero, la degenza, la riabilitazione post-operatoria, come preparare casa, ecc. Utile, certo, ma forse un po’ standardizzato e non sempre personalizzato.
  • Preabilitazione: Qui le cose si fanno più… eterogenee, diciamo. Solo 17 ospedali su 29 la offrono per il ginocchio e 14 per l’anca. Meno della metà! E anche dove c’è, non è detto che sia per tutti: a volte è solo per pazienti “fragili” o su segnalazione specifica del medico. Spesso si tratta di esercizi di rinforzo e consigli, con materiale scritto. A volte sessioni individuali o di gruppo, ma il numero di sedute varia molto. Alcuni ospedali nemmeno sapevano dire con certezza se la offrissero o meno!

Paziente anziano concentrato mentre esegue un esercizio di rinforzo per la gamba con un elastico, assistito da un fisioterapista in una clinica luminosa. Immagine fotorealistica, obiettivo 50mm, luce controllata, focus sull'interazione e lo sforzo controllato.

Cosa Vorrebbero i Pazienti (e Cosa Manca Davvero)

I ricercatori hanno anche coinvolto un gruppo di pazienti (il PEP-R group) per sentire la loro campana. E cosa hanno detto? Che l’educazione e la preabilitazione sono importantissime! Vorrebbero informazioni pratiche su come aiutarsi da soli, esercizi per mantenere la forza muscolare (fondamentale per il recupero!), suggerimenti per gestire il dolore quotidiano (TENS, calore, tutori…). Hanno anche fatto notare che esercizi come l’idroterapia, spesso consigliati perché più “gentili” sulle articolazioni, non sono accessibili a tutti. E, cosa importantissima, vorrebbero essere contattati regolarmente mentre sono in lista d’attesa, per sapere a che punto sono e per monitorare la loro salute fisica e mentale. Un video informativo, secondo loro, sarebbe un ottimo strumento.

Insomma, i pazienti stessi sentono il bisogno di essere supportati attivamente *prima* dell’intervento.

Gli Ostacoli sul Percorso: Perché Non Si Fa di Più?

Ma allora, se i benefici ci sono, le raccomandazioni ufficiali (come quelle del programma GIRFT dell’NHS) pure, e i pazienti lo chiedono… perché questa preparazione pre-operatoria non è la norma, ben strutturata e offerta a tutti? L’indagine ha evidenziato i soliti sospetti:

  • Mancanza di fondi: Ahimè, un classico.
  • Carenza di personale: Servono professionisti dedicati (fisioterapisti, terapisti occupazionali, infermieri…).
  • Strutture inadeguate: Spazi per le sessioni, palestre…
  • Poca consapevolezza o mancanza di prove chiare su *come* farlo al meglio: A volte manca la conoscenza su quali siano i programmi più efficaci e come implementarli.
  • Il “dopo COVID”: Molti programmi, come le “joint schools” (scuole articolari) che combinavano educazione e preabilitazione, sono stati sospesi durante la pandemia e mai riattivati.
  • Accesso alle risorse digitali: Le soluzioni virtuali sono utili, ma non tutti i pazienti (specialmente i più anziani) hanno dimestichezza con la tecnologia, creando un problema di “esclusione digitale”.

Sala d'attesa di un ospedale semi-vuota, con sedie distanziate. Una persona anziana guarda fuori dalla finestra con aria pensierosa. Immagine fotorealistica, obiettivo 35mm, luce naturale soffusa, atmosfera leggermente malinconica, profondità di campo.

Un Divario da Colmare: Verso un Futuro Più Preparato

Quello che emerge da questa indagine, anche se limitata a un campione di ospedali, è una fotografia un po’ preoccupante. C’è un divario evidente tra ciò che sappiamo essere utile per i pazienti e ciò che viene effettivamente offerto nella pratica quotidiana. L’educazione c’è, ma spesso è basilare e poco personalizzata. La preabilitazione, ancora più importante per arrivare “in forma” all’intervento, è decisamente sottoutilizzata.

E questo ha delle conseguenze. Arrivare all’intervento dopo mesi o anni di dolore e inattività, senza un adeguato supporto pre-operatorio, significa rischiare un recupero più lento, risultati meno soddisfacenti e magari anche complicazioni. Non si tratta solo di “stare meglio prima”, ma di “stare meglio dopo” l’operazione.

Cosa fare, quindi? È chiaro che serve un cambio di passo. Bisogna investire di più in questi programmi, renderli accessibili a tutti, personalizzarli in base alle esigenze individuali (pensiamo a chi ha altre malattie croniche!). Servono più ricerca per capire quali interventi sono davvero i più efficaci e come implementarli al meglio nel contesto del sistema sanitario, che sappiamo essere sotto pressione.

Forse le nuove tecnologie, come piattaforme digitali o intelligenza artificiale, potrebbero dare una mano a supportare i pazienti in modo innovativo, riducendo il carico sul personale. Ma sempre con un occhio attento a non lasciare indietro nessuno.

Schermata di un tablet che mostra un video tutorial con esercizi di fisioterapia per il ginocchio. Accanto al tablet, un bicchiere d'acqua e un piccolo asciugamano. Immagine fotorealistica, still life, obiettivo macro 60mm, alta definizione, luce da studio controllata.

In conclusione, prepararsi a un intervento importante come quello di protesi d’anca o ginocchio non dovrebbe essere considerato un optional. È una parte integrante del percorso di cura, fondamentale per ottimizzare i risultati e migliorare l’esperienza complessiva del paziente. Speriamo che indagini come questa aiutino a sensibilizzare sul problema e a spingere verso un cambiamento reale. Perché aspettare passivamente non basta, bisogna agire attivamente, fin da prima!

Fonte: Springer

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