Fotografia di ritratto, obiettivo 50mm, di una giovane donna sudafricana (circa 20 anni) che guarda con determinazione verso l'obiettivo. Luce naturale morbida, sfondo leggermente sfocato di un ambiente comunitario o scolastico sudafricano. Toni caldi, profondità di campo ridotta. Esprime resilienza, speranza e consapevolezza riguardo alla prevenzione HIV.

PrEP in Sudafrica: Missione Possibile? Come Portare la Prevenzione HIV ai Giovani (e Farla Funzionare)

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di fondamentale, una sfida che tocca da vicino la vita di tantissimi ragazzi e ragazze: la prevenzione dell’HIV, specialmente in contesti dove il rischio è altissimo, come in alcune zone del Sudafrica. Immaginate un’arma potentissima contro l’HIV, una pillola che, se presa correttamente, può proteggere le persone dall’infezione. Si chiama PrEP (Profilassi Pre-Esposizione) ed è una speranza concreta, soprattutto per le popolazioni più vulnerabili. Ma c’è un “ma”: come facciamo a far sì che chi ne ha più bisogno, come gli adolescenti e i giovani adulti sessualmente attivi, inizi a prenderla e, soprattutto, continui a farlo con costanza? È proprio questa la domanda che ci siamo posti in uno studio recente condotto in un distretto rurale del Sudafrica con un’alta prevalenza di HIV.

La Situazione in Sudafrica: Un Contesto Difficile

Partiamo dai numeri, che purtroppo parlano chiaro. Il Sudafrica ha circa 7.7 milioni di persone che vivono con l’HIV. Le giovani donne tra i 15 e i 24 anni sono particolarmente colpite, rappresentando quasi il 29% delle nuove infezioni e avendo un rischio 3.6 volte maggiore di contrarre l’HIV rispetto ai loro coetanei maschi. Perché? Le cause sono complesse:

  • Relazioni con partner più anziani (intergenerazionali)
  • Squilibri di potere nelle relazioni
  • Violenza di genere
  • Poche opportunità economiche
  • Accesso limitato all’istruzione secondaria
  • Povertà

Tutti questi fattori rendono le ragazze e le giovani donne (chiamate AGYW, Adolescent Girls and Young Women) estremamente vulnerabili. Per rispondere a questa emergenza, il Sudafrica ha introdotto la PrEP nel 2015, seguendo le raccomandazioni dell’OMS. La PrEP offre autonomia, la possibilità di proteggersi indipendentemente dal partner. Fantastico, no? Eppure, l’aderenza (cioè prendere la pillola regolarmente) è un percorso a ostacoli: mancanza di supporto del partner, violenza, interruzioni della routine, e lo stigma sociale sono barriere enormi, specialmente per le AGYW. Molti, sia ragazzi che ragazze, non si percepiscono a rischio, temono gli effetti collaterali o hanno paura di essere etichettati come promiscui o addirittura sieropositivi se usano la PrEP.

Anche per i ragazzi e i giovani uomini (ABYM, Adolescent Boys and Young Men) la situazione non è semplice. Spesso sono meno propensi a fare il test HIV, a cercare cure o a rimanere in cura. Norme sociali legate alla mascolinità, la paura di essere visti in clinica, lo stigma e l’omofobia li tengono lontani dai servizi di prevenzione.

Lo Studio: Capire Cosa Funziona Davvero

Per affrontare questa complessità, abbiamo condotto uno studio prospettico (cioè seguendo le persone nel tempo) basato sulla popolazione, tra agosto 2021 e luglio 2022, in 22 diversi punti di erogazione del servizio (SDPs) nel distretto di uMgungundlovu, KwaZulu-Natal. Abbiamo coinvolto adolescenti e giovani adulti (AYAs) HIV-negativi, sessualmente attivi e ad alto rischio (ragazze 15-24 anni, ragazzi 15-35 anni), reclutandoli da cliniche, scuole e centri giovanili comunitari. L’obiettivo? Capire quali modelli di servizio (cliniche tradizionali, interventi nelle scuole, centri giovanili, modelli ibridi) fossero i migliori per far iniziare la PrEP e mantenerne l’aderenza.

Abbiamo seguito questi giovani per sette mesi, raccogliendo dati tramite questionari elettronici e controllando le cartelle cliniche. Abbiamo usato uno strumento per valutare il rischio HIV di ciascuno, considerando fattori come sesso non protetto, partner multipli, partner con status HIV sconosciuto o positivo, uso di droghe, storia di infezioni sessualmente trasmissibili (IST).

Fotografia realistica di un gruppo diversificato di adolescenti e giovani adulti sudafricani (età 15-25 anni) che parlano animatamente fuori da un centro giovanile comunitario in una zona rurale del KwaZulu-Natal. Alcuni indossano uniformi scolastiche, altri abiti casual. Luce naturale pomeridiana, colori caldi. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo media per mantenere a fuoco il gruppo ma sfocare leggermente lo sfondo semplice dell'edificio. Atmosfera di speranza e impegno.

I Risultati: Sorprese e Sfide Enormi

E qui arrivano i dati, alcuni incoraggianti, altri decisamente preoccupanti. Su 2.772 giovani HIV-negativi reclutati, solo 781 (il 28%) hanno iniziato la PrEP. La cosa ancora più allarmante è che, nonostante il 65% di loro fosse classificato ad alto rischio di infezione HIV, solo il 22% di questo gruppo ad alto rischio ha effettivamente iniziato la PrEP. Un divario enorme tra bisogno e accesso effettivo!

Abbiamo notato differenze significative:

  • Genere: Le ragazze e le giovani donne erano molto più propense a iniziare la PrEP (82% degli iniziati erano femmine, p<0.001). Questo conferma una tendenza già vista, ma solleva la questione critica di come raggiungere meglio i ragazzi.
  • Età: I più giovani (15-19 anni) sembravano leggermente più propensi a iniziare (51%), anche se la differenza non era statisticamente significativa (p=0.11). Tuttavia, analizzando solo il gruppo ad alto rischio, abbiamo visto che l’iniziazione diminuiva con l’aumentare dell’età, sia per i maschi che per le femmine.
  • Luogo del Servizio (SDP): Questa è stata la scoperta più eclatante. L’inizio della PrEP variava drasticamente a seconda di dove veniva offerta:
    • Cliniche tradizionali: Bassissimo, solo il 9% di chi frequentava le cliniche ha iniziato (p<0.001).
    • Centri giovanili comunitari (Youth Zones): Molto meglio, 58% di iniziazione (p<0.001).
    • Scuole (incluse scuole superiori e istituti tecnici TVET): Il tasso più alto in assoluto, ben il 73% (p<0.001)!

Questi dati suggeriscono fortemente che portare i servizi fuori dalle cliniche tradizionali, direttamente dove i giovani vivono, studiano e socializzano, fa una differenza enorme nell’abbattere le barriere iniziali.

La Vera Spina nel Fianco: L’Aderenza

Se l’inizio della PrEP è una sfida, mantenerla nel tempo lo è ancora di più. I nostri dati sull’aderenza sono stati, francamente, sconfortanti. L’aderenza (definita come prendere almeno 4 pillole nei 7 giorni precedenti) è crollata nel tempo:

  • Dopo 1 mese dall’inizio, solo il 12% dei partecipanti ad alto rischio che avevano iniziato era aderente.
  • Dopo 3 mesi, la percentuale è rimasta stabile al 12% (ma con persone che smettevano e altre che ricominciavano).
  • Dopo 6 mesi, l’aderenza era scesa ad un misero 2% (p<0.001 per il trend).

Questo calo drastico significa che anche se riusciamo a far iniziare la PrEP ai giovani, stiamo fallendo nel supportarli a continuare. È un problema enorme, perché la PrEP funziona solo se presa con costanza.

Scatto macro, obiettivo 90mm, di due mani: una mano più giovane che tiene una pillola blu (simbolo della PrEP) e una mano più matura (forse un operatore sanitario o un peer educator) appoggiata delicatamente sulla spalla del giovane. Illuminazione controllata e morbida che enfatizza il gesto di supporto. Alto dettaglio sulla texture della pelle e sulla pillola. Sfondo neutro e sfocato. Simboleggia supporto, fiducia e aderenza alla terapia.

Perché Queste Differenze? Barriere e Possibili Soluzioni

Perché le scuole e i centri giovanili funzionano meglio delle cliniche per l’inizio della PrEP? Probabilmente perché sono ambienti percepiti come più accessibili, meno stigmatizzanti e più “a misura di giovane”. Le cliniche tradizionali possono essere associate a malattie, lunghe attese, personale non sempre empatico verso i bisogni specifici degli adolescenti in tema di salute sessuale. Lo stigma associato all’HIV e alla sessualità è un macigno, e frequentare una clinica può far paura.

Le barriere all’aderenza sono simili ma più profonde:

  • Scarsa consapevolezza del rischio personale continuo.
  • Paura degli effetti collaterali (spesso temporanei o lievi).
  • Difficoltà logistiche (distanza dai centri, costi di trasporto).
  • Stigma e paura del giudizio.
  • Mancanza di supporto da partner, famiglia, amici.
  • Dimenticanze e difficoltà a integrare la pillola nella routine quotidiana.

Cosa possiamo fare allora? I risultati suggeriscono chiaramente la strada:

  1. Potenziare i servizi fuori dalle cliniche: Scuole, centri giovanili, iniziative comunitarie (come DREAMS – Determined, Resilient, Empowered, AIDS-free, Mentored, and Safe) sono fondamentali. Dobbiamo investire in questi modelli.
  2. Creare servizi “Youth-Friendly”: Ambienti accoglienti, personale formato per lavorare con i giovani, orari flessibili, riservatezza garantita, magari integrazione con altri servizi che interessano ai ragazzi (salute sessuale e riproduttiva, supporto psicologico, Wi-Fi gratuito!).
  3. Affrontare lo stigma: Campagne di informazione mirate, coinvolgimento di “pari” (peer educators, giovani già in PrEP che condividono la loro esperienza), dialogo aperto nelle comunità.
  4. Migliorare l’accessibilità: Cliniche mobili vicino alle scuole, consegna dei farmaci a domicilio o in punti di raccolta comodi, telemedicina.
  5. Supporto continuo: Follow-up regolari (non solo clinici ma anche di supporto), gruppi di sostegno, promemoria personalizzati.
  6. Interventi specifici per i ragazzi (ABYM): Bisogna capire meglio le loro esigenze e paure, usare linguaggi e approcci che risuonino con loro, sfidare le norme di genere dannose.
  7. Integrazione dei servizi: Offrire la PrEP insieme alla contraccezione o altri servizi di salute sessuale e riproduttiva può essere più comodo ed efficace, specialmente per le ragazze.

Conclusione: Una Sfida da Vincere Insieme

Il nostro studio in KwaZulu-Natal ci dice che la PrEP ha un potenziale enorme per proteggere i giovani sudafricani dall’HIV, ma il modo in cui la offriamo deve cambiare radicalmente. Non basta avere la pillola giusta, dobbiamo costruire sistemi di supporto che rendano l’inizio facile e la continuazione possibile. Concentrarsi su scuole e comunità, creare servizi davvero pensati per i giovani, affrontare lo stigma e le barriere logistiche, e non dimenticare le esigenze specifiche dei ragazzi, sono passi cruciali. È una sfida complessa, ma i dati ci indicano la direzione. Lavorando insieme – ricercatori, operatori sanitari, educatori, comunità e i giovani stessi – possiamo davvero fare la differenza nella lotta contro l’HIV.

Fonte: Springer

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