Fotografia di un medico sorridente che parla con un paziente anziano seduto su una sedia a rotelle in un corridoio luminoso di ospedale dopo un intervento all'anca, obiettivo prime 35mm, profondità di campo, luce naturale morbida.

Frattura d’anca negli anziani? Occhio alla stitichezza post-operatoria: ora abbiamo un’arma per prevederla!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un problema comune, ma spesso sottovalutato, che riguarda molti dei nostri anziani: la frattura dell’anca. Un evento già di per sé traumatico, che richiede un intervento chirurgico e un periodo di recupero non sempre facile. Ma c’è un’altra complicazione che può rendere il decorso post-operatorio ancora più fastidioso e, a volte, pericoloso: la stitichezza.

Un nemico silenzioso dopo l’intervento

Sì, avete capito bene. Dopo un’operazione all’anca, molti pazienti anziani sviluppano una stitichezza che non avevano prima (quella che i medici chiamano “new-onset constipation”). Non è solo una questione di disagio, eh! La stitichezza post-operatoria può portare con sé una serie di ospiti indesiderati:

  • Dolore addominale
  • Perdita di appetito
  • Nausea e vomito
  • Nei casi più seri, può addirittura scatenare eventi cardiovascolari o cerebrovascolari avversi. Pensate alla fatica e allo sforzo durante l’evacuazione… non proprio l’ideale per un cuore o un sistema circolatorio già magari un po’ affaticati.

Inoltre, può complicare il quadro generale, favorendo infezioni, polmoniti o persino occlusioni intestinali. Insomma, un problema da non prendere sottogamba.

Le cause? Diverse. Cambiano le abitudini, si sta più a letto, magari si soffriva già di qualche problemino cardiovascolare o cerebrovascolare… e il gioco è fatto. Il nostro intestino, un po’ come noi, non ama i cambiamenti bruschi!

Cosa si fa di solito? E cosa mancava?

Finora, per contrastare la stitichezza post-operatoria, ci si affidava a consigli classici: bere di più, mangiare fibre, muoversi appena possibile e, se necessario, usare farmaci per ammorbidire le feci. Interventi utili, certo, ma che arrivano spesso *dopo* che il problema si è già presentato.

Quello che mancava era uno strumento per capire *prima*, magari già al momento del ricovero, quali pazienti fossero più a rischio di sviluppare questa fastidiosa complicazione. Perché, ammettiamolo, poter giocare d’anticipo è sempre la strategia migliore, no?

La ricerca che cambia le carte in tavola: nasce il nomogramma

Ed è qui che entra in gioco uno studio interessante, pubblicato su una rivista scientifica di tutto rispetto. I ricercatori si sono posti proprio questa domanda: possiamo identificare i fattori che aumentano il rischio di stitichezza dopo un intervento all’anca negli anziani e creare uno strumento per prevederla?

Hanno analizzato i dati di tantissimi pazienti (oltre 1000!) operati all’anca tra il 2021 e il 2023 in un grande ospedale. Hanno escluso quelli che soffrivano *già* di stitichezza prima dell’intervento (perché, come hanno scoperto, questi quasi sicuramente l’avrebbero avuta anche dopo) per concentrarsi su chi sviluppava il problema *ex novo*.

Analizzando un’infinità di dati (età, sesso, malattie pregresse, dettagli dell’intervento, farmaci, esami del sangue…), hanno usato metodi statistici sofisticati per scovare i “colpevoli”, ovvero i fattori significativamente associati alla comparsa della stitichezza post-operatoria.

Ritratto di un paziente anziano in un letto d'ospedale, guarda fuori dalla finestra con espressione leggermente preoccupata. Fotografia in bianco e nero, obiettivo 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo della stanza.

I 10 fattori di rischio identificati

E cosa hanno scoperto? Che ci sono ben dieci fattori che sembrano giocare un ruolo chiave. Eccoli qui:

  • Indice di Massa Corporea (BMI): Un BMI più elevato sembra associato a un rischio maggiore. Forse per via della pressione intra-addominale o alterazioni ormonali legate all’obesità.
  • Malattie Cerebrovascolari: Chi ha avuto problemi come ictus potrebbe avere un sistema nervoso enterico meno efficiente.
  • Malattie Cardiovascolari: Problemi al cuore e ai vasi possono influenzare la motilità intestinale, anche per via dei farmaci spesso assunti (pensiamo ai calcio-antagonisti).
  • Malattie Gastrointestinali Pregresse: Se l’intestino era già un po’ “sensibile” prima (es. gastrite), è più probabile che reagisca male allo stress dell’intervento.
  • Perdita di Sangue Durante l’Intervento: Qui c’è una sorpresa! Una maggiore perdita di sangue è risultata associata a un rischio minore. Il perché non è ancora chiaro, serviranno altri studi.
  • Malattie Renali: Problemi ai reni possono causare squilibri elettrolitici o richiedere restrizioni di liquidi che non aiutano l’intestino.
  • Trombosi Venosa Profonda Preoperatoria agli Arti Inferiori: Spesso legata a immobilità e all’uso di farmaci che possono rallentare l’intestino.
  • Storia di Interventi al Cuore: Simile alle malattie cardiovascolari, indica una possibile fragilità di base e l’uso di farmaci specifici.
  • Analgesia Controllata dal Paziente (PCA): Si tratta spesso di pompe che erogano oppioidi per il dolore. E gli oppioidi sono noti per causare stitichezza, agendo sui recettori intestinali.
  • Infezione Polmonare Preoperatoria: Può significare una funzione polmonare compromessa, più tempo a letto e uso di antibiotici che alterano la flora intestinale.

Il Nomogramma: una “calcolatrice” del rischio

Con questi dieci fattori, i ricercatori hanno costruito un nomogramma. Immaginatelo come una specie di grafico-calcolatrice: per ogni paziente, si assegna un punteggio a ciascuno di questi dieci fattori (se presenti o in base al loro valore, come per il BMI) e si sommano i punti. Il totale corrisponde a una probabilità stimata di sviluppare stitichezza dopo l’intervento.

E la cosa bella è che questo strumento si è dimostrato piuttosto affidabile! I test fatti (usando una parte dei dati per “allenare” il modello e un’altra parte per “verificarlo”) hanno mostrato una buona capacità di distinguere chi avrebbe sviluppato stitichezza da chi no (i tecnici parlano di valori di AUC intorno a 0.71-0.73, che è considerato buono).

Primo piano sulle mani di un medico e di un paziente anziano che guardano insieme un tablet su cui è visualizzato un grafico colorato simile a un nomogramma. Obiettivo macro 100mm, messa a fuoco precisa sulle mani e sul tablet, illuminazione da studio controllata.

Cosa ce ne facciamo, in pratica?

Questo nomogramma è una gran bella notizia! Perché? Perché permette ai medici, agli infermieri, a tutto il team che si prende cura del paziente anziano operato all’anca, di:

  1. Identificare precocemente i soggetti più a rischio.
  2. Mettere in atto strategie preventive mirate prima che la stitichezza compaia.

Ad esempio, per un paziente che totalizza un punteggio alto nel nomogramma, si potrebbe pensare subito a un piano personalizzato: mobilizzazione precoce più spinta (se possibile), idratazione attenta, una dieta specifica fin da subito, magari l’uso preventivo di lassativi delicati o probiotici, o la scelta di antidolorifici alternativi agli oppioidi, se fattibile.

Prevenire è meglio che curare, no? E in questo caso, prevenire la stitichezza significa migliorare il comfort del paziente, accelerare il recupero e ridurre il rischio di complicazioni ben più serie.

Limiti e prospettive future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. È stato condotto in un solo ospedale, quindi sarebbe utile validare il nomogramma anche in altri contesti. Inoltre, non ha potuto considerare proprio *tutti* i possibili fattori (come lo stress psicologico, il tempo esatto passato a letto, la quantità di liquidi bevuti o l’uso specifico di antibiotici).

Ma è un passo avanti importantissimo! Ci fornisce uno strumento pratico, basato su dati concreti, per affrontare un problema comune e migliorare la qualità delle cure per i nostri anziani dopo un intervento così delicato come quello per la frattura d’anca. Speriamo che venga adottato e magari ulteriormente perfezionato in futuro!

Fonte: Springer

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