Protesi al Ginocchio: Prevedere la Correzione è Possibile con il Nuovo Angolo aHKA!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante nel mondo dell’ortopedia, in particolare per chi si occupa di protesi al ginocchio. Immaginate di poter prevedere con maggiore precisione come cambierà l’allineamento della gamba dopo un intervento di protesi monocompartimentale mediale (la cosiddetta UKA). Sembra quasi fantascienza, vero? Eppure, uno studio recente suggerisce che potremmo avere un nuovo strumento tra le mani per farlo, basato su una valutazione morfologica innovativa: l’angolo aritmetico anca-ginocchio-caviglia, o aHKA. Venite con me, vi spiego meglio di cosa si tratta e perché è così importante.
Il Problema dell’Allineamento nella Protesi Monocompartimentale (UKA)
Quando si impianta una protesi monocompartimentale mediale (fixed-bearing UKA), uno degli obiettivi principali è correggere l’allineamento dell’arto inferiore, spesso affetto da varismo (le famose “gambe a O”) a causa dell’artrosi localizzata solo nella parte interna del ginocchio. La quantità di correzione che otteniamo, misurata dall’angolo meccanico anca-ginocchio-caviglia (mHKA), è fondamentale per il successo a lungo termine dell’impianto.
Perché? Semplice:
- Una correzione insufficiente (sotto-correzione) lascia il ginocchio ancora troppo varo. Questo sovraccarica il compartimento mediale, dove abbiamo messo la protesi, aumentando il rischio di usura precoce del polietilene (la parte plastica dell’impianto) e quindi di fallimento.
- Una correzione eccessiva (iper-correzione), che porta il ginocchio verso il valgismo (“gambe a X”), può invece sovraccaricare il compartimento laterale (quello sano), portando a degenerazione e potenziale allentamento della protesi.
Insomma, trovare il giusto equilibrio è cruciale. Tradizionalmente, si pensava che correggere deformità vare superiori ai 15° fosse molto difficile con una UKA, ma studi più recenti stanno mettendo in discussione questi limiti, a patto di ottenere un buon allineamento finale. Il problema è: come prevederlo? Finora, non avevamo un metodo davvero affidabile. Si è provato con radiografie sotto stress in valgo, ma i risultati sono controversi e spesso poco precisi, soprattutto perché non tengono conto degli osteofiti (le “escrescenze ossee” tipiche dell’artrosi) che vengono rimossi durante l’intervento.

Entra in Scena l’Angolo aHKA: Una Nuova Prospettiva Ossea
Ed è qui che entra in gioco l’angolo aHKA. Cos’è esattamente? È un indicatore della morfologia ossea “costituzionale” del ginocchio, calcolato usando misurazioni specifiche prese su radiografie a gamba intera: l’angolo laterale distale del femore (LDFA) e l’angolo mediale prossimale della tibia (MPTA). La formula è: aHKA = 180° – LDFA + MPTA.
La cosa geniale dell’aHKA è che si basa esclusivamente su punti di riferimento ossei. Questo significa che, a differenza dell’angolo mHKA preoperatorio (che riflette l’allineamento attuale, influenzato dal consumo della cartilagine e dalla lassità legamentosa), l’aHKA ci dà un’idea dell’allineamento “originale” della gamba, prima che l’artrosi facesse i suoi danni. È indipendente dal restringimento dello spazio articolare e dalla posizione del paziente durante la radiografia (in piedi o sdraiato), rendendolo potenzialmente più riproducibile e meno soggetto a errori.
L’idea alla base dello studio che vi racconto oggi era proprio questa: e se la differenza tra l’allineamento osseo “ideale” (aHKA) e l’allineamento reale preoperatorio (mHKA) potesse dirci quanto cambierà l’allineamento dopo l’intervento di UKA?
Lo Studio: Cosa Abbiamo Scoperto?
Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati di 101 pazienti (per un totale di 125 ginocchia) che avevano ricevuto una UKA mediale a cuscinetto fisso con una tecnica specifica chiamata “spacer-block”. Abbiamo misurato l’angolo mHKA prima e dopo l’intervento, l’angolo aHKA, lo spessore dell’inserto di polietilene utilizzato e l’entità dei tagli ossei effettuati su femore e tibia. Abbiamo anche misurato, durante l’intervento, il “gap” (spazio) articolare mediale prima dei tagli ossei definitivi, usando uno strumento apposito (un tensore per UKA).
E sapete cosa abbiamo scoperto? Che c’è una correlazione positiva statisticamente significativa tra la differenza (aHKA – mHKA preoperatorio) e la quantità di cambiamento nell’angolo mHKA dopo l’intervento! In parole povere: maggiore è la discrepanza tra l’allineamento osseo “originale” e quello attuale dovuto all’artrosi, maggiore sarà la correzione in valgo (verso un allineamento più dritto) che otterremo con la UKA.
Non solo: abbiamo visto che questa stessa differenza (aHKA – mHKA preoperatorio) è correlata positivamente anche con il gap pre-osteotomia misurato intraoperatoriamente. Questo suggerisce che nei ginocchi con una maggiore differenza tra aHKA e mHKA preoperatorio, lo spazio mediale tende ad essere più ampio una volta “ripulito” chirurgicamente, anche prima dei tagli ossei principali.
Infine, un altro dato interessante: abbiamo confrontato i casi in cui è stato usato un inserto di spessore standard (8 mm, il più sottile) con quelli in cui sono stati necessari inserti più spessi (≥ 9 mm). Ebbene, nei casi con inserti più spessi, la correzione dell’angolo mHKA era significativamente maggiore. Questo ha senso: se c’è un gap più ampio (come nei casi con grande differenza aHKA-mHKA), servirà un inserto più spesso per ottenere la giusta tensione legamentosa, e questo porterà a una maggiore correzione dell’asse. È importante notare che la quantità totale di osso asportato (taglio femorale + taglio tibiale) non era significativamente diversa tra i due gruppi, suggerendo che la differenza nella correzione dipenda proprio dalla gestione dello spazio e dalla scelta dello spessore dell’inserto, più che da una maggiore o minore resezione ossea.

Implicazioni Pratiche: Cosa Significa per i Chirurghi (e per i Pazienti)?
Questi risultati sono davvero promettenti! Suggeriscono che, calcolando l’angolo aHKA e confrontandolo con l’mHKA preoperatorio, noi chirurghi potremmo avere uno strumento in più per pianificare l’intervento di UKA e anticipare l’entità della correzione che otterremo.
Se vediamo una grande differenza tra aHKA e mHKA preoperatorio, sappiamo che probabilmente otterremo una correzione più marcata e che potremmo aver bisogno di un inserto più spesso. Questo potrebbe portarci a considerare delle strategie alternative? Forse. Ad esempio, in questi casi specifici, potremmo valutare se sia opportuno ridurre leggermente l’entità del taglio osseo sulla tibia.
Perché farlo? Ci potrebbero essere dei vantaggi:
- Meno stress, meno dolore? Ridurre il taglio tibiale potrebbe diminuire lo stress sulla superficie mediale dell’osso, potenzialmente portando a meno dolore post-operatorio. Sappiamo che l’osso diventa meno resistente man mano che ci si allontana dalla superficie articolare originale.
- Miglior supporto per l’impianto? Un taglio osseo più conservativo lascia una base ossea più ampia e potenzialmente più solida (la tibia ha una forma a cono rovesciato), il che potrebbe permettere l’uso di un impianto tibiale di dimensioni maggiori e ridurre il rischio di collasso o mobilizzazione, specialmente in pazienti con ossa piccole.
Ovviamente, queste sono considerazioni che necessitano di ulteriori studi, ma aprono scenari interessanti per personalizzare ancora di più l’intervento.

Limiti e Prospettive Future
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Ci siamo basati su radiografie standard, mentre una TC potrebbe dare misurazioni ancora più precise. Non abbiamo valutato gli esiti clinici (come si sentivano i pazienti, il loro recupero funzionale), quindi serviranno studi a lungo termine per capire se questa prevedibilità si traduce in risultati migliori per i pazienti. Inoltre, le misurazioni radiografiche possono essere influenzate dalla rotazione dell’arto o dalla presenza di osteofiti residui, anche se abbiamo verificato una buona affidabilità tra diversi osservatori. Infine, i risultati si riferiscono specificamente alla UKA mediale a cuscinetto fisso impiantata con la tecnica dello spacer block; non sappiamo se siano direttamente applicabili ad altri tipi di UKA (mobili o impiantate con altre tecniche).
Nonostante ciò, penso che questo studio apra una porta davvero interessante. L’angolo aHKA si propone come un metodo riproducibile e indipendente dai tessuti molli per prevedere quanto cambierà l’allineamento dopo una UKA mediale. Poter anticipare questa correzione ci permette di pianificare meglio l’intervento, scegliere l’inserto più appropriato e, forse, in casi selezionati, adattare la tecnica chirurgica per ottimizzare il risultato finale.
Insomma, la ricerca non si ferma mai e strumenti come l’aHKA potrebbero aiutarci a rendere la chirurgia protesica del ginocchio sempre più precisa e personalizzata. Continueremo a studiare e a tenervi aggiornati!
Fonte: Springer
