Immagine fotorealistica di una protesi dentale completa stampata in 3D, illuminata professionalmente per evidenziare la precisione dei denti e della base rosa. Macro lens, 100mm, alta definizione, focus preciso sulla superficie occlusale.

Protesi Dentali Stampate in 3D: Il Segreto per un Sorriso Perfetto è nel Design?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che sta rivoluzionando il mondo dell’odontoiatria, un campo che mi affascina da sempre: le protesi dentali complete realizzate con la stampa 3D. Immaginate la possibilità di creare un sorriso su misura, preciso e confortevole, sfruttando le meraviglie della tecnologia digitale. Sembra fantascienza, vero? Eppure, è una realtà sempre più concreta.

Le tecnologie CAD/CAM (Computer-Aided Design/Computer-Aided Manufacturing) sono ormai pane quotidiano nei laboratori odontotecnici e negli studi dentistici. Permettono di ridurre i tempi alla poltrona, sprecare meno materiale e, cosa non da poco, ottenere una soddisfazione del paziente generalmente alta. Ma, come in tutte le cose belle, c’è sempre un “ma”.

La Sfida dell’Occlusione Perfetta

Anche con le tecniche digitali più avanzate, ottenere un’occlusione (cioè, il modo in cui i denti superiori e inferiori entrano in contatto quando chiudiamo la bocca) perfetta rimane una bella sfida. E credetemi, un’occlusione imprecisa non è solo una questione estetica. Può compromettere la stabilità e la ritenzione della protesi, costringere a lunghi e noiosi aggiustamenti alla poltrona e persino alterare l’anatomia occlusale che era stata progettata con tanta cura. Pensate che basta un movimento minimo di un dente artificiale, anche solo 0.25 mm in verticale, per causare un’apertura dell’incisivo di 1 mm, sballando tutta la dimensione verticale!

In passato, si è visto che le protesi “monoblocco” fresate (cioè ricavate da un unico blocco di materiale) offrivano la massima precisione occlusale. Tuttavia, realizzarle con la classica resina PMMA bicolore (rosa per la gengiva, bianco per i denti) richiede lavorazioni complesse per definire bene il margine gengivale, oppure si rischia un’estetica non proprio al top. Esistono dischi bicolore personalizzati che risolvono il problema, ma sono costosi e richiedono software specifici.

Una soluzione più comune, sia per le protesi fresate che per quelle stampate in 3D, è quella di creare la base e i denti separatamente e poi incollarli insieme. Questo metodo garantisce un’ottima estetica rosa/bianco, ma l’incollaggio può introdurre piccole imprecisioni nell’occlusione. Nel caso delle protesi fresate, si può reinserire la protesi nella macchina dopo l’incollaggio per rifinire i contorni, ma con la stampa 3D questo non è possibile. Ecco perché ottenere la massima precisione fin da subito è cruciale per le protesi stampate.

Entra in Scena la Stampa 3D

La stampa 3D si presenta come una soluzione economicamente vantaggiosa. Permette di stampare più protesi contemporaneamente, produce meno scarti rispetto alla fresatura e la precisione non è limitata dalla dimensione delle frese utilizzate. Fantastico, no?

Però, anche qui ci sono dei limiti. La resistenza del legame tra base e denti stampati può essere un punto debole, così come le proprietà meccaniche generali del materiale stampato rispetto a quello fresato o a quello tradizionale polimerizzato a caldo.

Primo piano macro di una base per protesi dentale stampata in 3D, con dettagli nitidi degli alveoli (socket) dove verranno inseriti i denti. Illuminazione controllata laterale per enfatizzare la texture della resina rosa. Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing.

Allora, come migliorare? Una delle idee esplorate nello studio che vi racconto oggi riguarda il design degli “alveoli”, cioè le cavità nella base della protesi dove si inseriscono i denti. Si è pensato di usare forme particolari, chiamate “thimble” (che potremmo tradurre come “a ditale” o “a perno”), per creare una ritenzione macro-meccanica e migliorare l’adesione. Ma che effetto ha questo sulla precisione occlusale?

E non è finita qui. I denti artificiali possono essere stampati singolarmente, oppure “splintati“, cioè uniti insieme a gruppi (ad esempio, tutti i denti di un’arcata in un blocco unico, o gruppi di 3 denti). Questo potrebbe influenzare la precisione finale?

Infine, c’è un approccio ibrido interessante: stampare in 3D un modello della protesi in una resina calcinabile (simile alla cera), usarlo per creare uno stampo tradizionale e poi inserire denti prefabbricati e resina acrilica con il metodo classico “pack and press”. Questo combina i vantaggi del digitale con le proprietà meccaniche collaudate del materiale tradizionale. Ma come si confronta questa tecnica con le altre in termini di precisione?

L’Esperimento: Metodi a Confronto

Per rispondere a queste domande, i ricercatori hanno messo in piedi un esperimento davvero completo. Hanno progettato al computer (con software Exocad) ben 80 protesi mascellari (solo superiori, per ora) e le hanno divise in 8 gruppi da 10, ognuno rappresentante una combinazione diversa di design e tecnica di fabbricazione:

  • Gruppo I: Denti singoli / Base con alveoli semplici (“socketed”)
  • Gruppo II: Denti singoli / Base con design “thimble”
  • Gruppo III: Denti uniti in un blocco unico (splintaggio 1-unità) / Base “socketed”
  • Gruppo IV: Denti uniti in un blocco unico / Base “thimble”
  • Gruppo V: Denti uniti a gruppi di 3 (splintaggio 3-unità) / Base “socketed”
  • Gruppo VI: Denti uniti a gruppi di 3 / Base “thimble”
  • Gruppo VII: Tecnica semi-convenzionale “pack and press” (con modello stampato in 3D)
  • Gruppo VIII: Protesi monoblocco stampata in 3D (tutta d’un pezzo)

I gruppi da I a VI sono stati stampati in 3D con una stampante SLA (Formlabs Form 2), usando resine specifiche per base e denti. Il gruppo VII ha usato una resina calcinabile stampata in 3D, poi finalizzata con metodo tradizionale. Il gruppo VIII è stato stampato come un pezzo unico.

Dopo la fabbricazione e l’incollaggio (per i gruppi da I a VI, usando una resina liquida e fotopolimerizzando il tutto), tutte le protesi sono state scansionate con uno scanner da laboratorio ad alta precisione (Medit T710). I file digitali ottenuti (STL) sono stati poi confrontati con il file del progetto originale usando un software apposito (Geomagic Control X). In pratica, hanno sovrapposto il modello virtuale ideale con la scansione della protesi reale per misurare millimetricamente ogni deviazione nella posizione dei denti. L’ipotesi di partenza? Che non ci sarebbero state differenze significative tra i gruppi. Sarà andata così?

Un tecnico dentale in camice bianco esamina attentamente una protesi dentale completa stampata in 3D sotto una lampada da laboratorio. Focus sulla protesi, sfondo leggermente sfocato (depth of field). Prime lens, 35mm.

I Risultati: Chi Vince la Gara della Precisione?

Ebbene, l’ipotesi iniziale è stata decisamente respinta! I risultati hanno mostrato differenze significative nella precisione della posizione dei denti tra i vari gruppi. La “veridicità occlusale” (occlusal trueness), cioè quanto la protesi reale si avvicina al progetto ideale, è stata misurata usando un valore chiamato RMS (Root Mean Square), che dà una misura assoluta della deviazione media.

Chi è salito sul podio?

  • Medaglia d’oro: Gruppo VIII (Monoblocco stampato in 3D). Questo design ha mostrato la deviazione mediamente più bassa (0.104 mm), risultando il più preciso in assoluto, sia considerando tutti i denti, sia analizzando separatamente anteriori e posteriori.
  • Medaglia d’argento: Gruppo III (Denti splintati 1-unità / Base socketed). Tra le protesi con denti incollati, questa configurazione si è dimostrata la migliore (deviazione media 0.125 mm).
  • Medaglia di bronzo: Gruppo V (Denti splintati 3-unità / Base socketed). Anche unire i denti a gruppi di 3 ha dato buoni risultati (0.152 mm).

E gli altri? La tecnica semi-convenzionale (Gruppo VII) si è piazzata bene, con una precisione (0.163 mm) paragonabile ad alcune delle configurazioni stampate e incollate.

Cosa invece non ha funzionato come sperato? Il design “thimble” (Gruppi II, IV, VI). Contrariamente alle aspettative, non solo non ha migliorato la precisione, ma sembra averla leggermente peggiorata. I ricercatori ipotizzano che questi “perni” e lo spessore del materiale di incollaggio potrebbero aver impedito un posizionamento perfettamente preciso dei denti negli alveoli, specialmente per gli incisivi dove i “thimble” erano più lunghi.

Un’altra osservazione interessante: unire i denti (splintaggio) sembra avere un effetto più positivo sulla precisione finale rispetto all’uso dei “thimble” come ritenzione aggiuntiva. Probabilmente, mantenere i denti uniti aiuta a controllare meglio le piccole deformazioni o i movimenti durante la fase di incollaggio.

È importante notare che tutte le deviazioni misurate (tra 0.104 e 0.282 mm) rientrano comunque in un range considerato clinicamente accettabile. Tuttavia, è chiaro che alcune combinazioni di design e processo produttivo sono decisamente superiori ad altre per minimizzare gli errori.

Immagine comparativa: a sinistra, dettaglio di una muffola tradizionale per protesi con resina acrilica rosa; a destra, una stampante 3D SLA (Stereolithography) in funzione, con luce UV che polimerizza la resina strato per strato per creare una base di protesi. High detail, controlled lighting.

Cosa Significa Tutto Questo per Me (e per il Mio Dentista)?

Questi risultati sono oro colato per dentisti e odontotecnici! Ci dicono che se l’obiettivo primario è la massima precisione occlusale con la stampa 3D, la scelta migliore è la protesi monoblocco.

Se invece si preferisce (o si deve) optare per la tecnica con denti incollati (magari per ragioni estetiche o per usare denti prefabbricati con caratteristiche particolari), allora è fortemente consigliato unire i denti in un unico blocco (splintaggio 1-unità) e usare una base con alveoli semplici (“socketed”). Il design “thimble”, almeno per come è stato concepito in questo studio, sembra controproducente per la precisione.

La tecnica semi-convenzionale si rivela un’opzione valida e competitiva, capace di offrire una buona precisione combinata con le proprietà meccaniche affidabili della resina acrilica tradizionale. Potrebbe essere una scelta eccellente quando si cerca un buon compromesso tra costo, precisione e resistenza, magari in situazioni dove il budget per una fresatura di alta gamma non è disponibile.

Ovviamente, come ogni studio scientifico, anche questo ha le sue limitazioni. È stato condotto in vitro (in laboratorio), solo su protesi mascellari e in condizioni “asciutte”. Sarebbe interessante vedere i risultati su protesi mandibolari, valutare l’effetto sulla dimensione verticale in bocca al paziente e testare la precisione dopo simulazioni di utilizzo (cicli di carico, saliva artificiale, variazioni di temperatura). Inoltre, non è stato valutato l’effetto dei “thimble” sulla forza del legame tra dente e base, che era l’obiettivo iniziale di quel design.

Nonostante questo, lo studio ci dà indicazioni preziose. La stampa 3D apre scenari incredibili per le protesi dentali, ma la tecnologia da sola non basta. Il design della protesi e il metodo di assemblaggio giocano un ruolo fondamentale nel determinare la precisione finale e, di conseguenza, il comfort e la funzionalità per chi la indosserà. La ricerca continua, e io non vedo l’ora di scoprire quali altre innovazioni ci riserverà il futuro dell’odontoiatria digitale!

Fonte: Springer

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