Campo di grano dorato pronto per la mietitura nelle colline pedemontane dell'Himalaya, India. Luce calda del mattino, focus nitido sulle spighe in primo piano, sfondo leggermente sfocato (depth of field), wide-angle lens, 20mm, long exposure per cielo sereno.

Grano del Futuro: Vecchia Scuola vs Nuove Vie nelle Colline Indiane – Cosa Ho Scoperto!

Ragazzi, parliamo di grano. Sì, proprio lui, la base del nostro pane quotidiano, un pilastro della sicurezza alimentare non solo in India, ma in tutto il mondo. Per decenni abbiamo spinto sull’acceleratore con le pratiche agricole tradizionali per aumentarne la produttività. E ha funzionato, certo, ma a quale prezzo? Ci ritroviamo con suoli stanchi, riserve naturali prosciugate e agricoltori che faticano a far quadrare i conti. Un bel pasticcio, vero?

Ecco perché oggi si sente parlare tanto di agricoltura conservativa e, ancora di più, di agricoltura naturale. L’idea è affascinante: produrre di più (o almeno uguale) usando meno risorse, magari dicendo addio ai prodotti chimici esterni. Sembra un sogno, no? Ma come spesso accade, la realtà è complessa. I risultati che arrivano da diverse parti del mondo sono contrastanti: alcune varietà di grano sembrano adattarsi bene a queste nuove tecniche, altre meno.

Allora mi sono chiesto: ma qui, nelle splendide ma difficili colline del nord dell’India, come si comportano le nostre varietà di grano più popolari se cambiamo il modo di coltivare? È meglio continuare con l’aratura profonda tradizionale, passare a una lavorazione ridotta, provare la semina diretta su sodo (zero tillage) o abbracciare completamente l’agricoltura naturale? Sviluppare varietà specifiche per l’agricoltura conservativa richiede tempo, un lusso che non sempre abbiamo. Quindi, perché non vedere se tra quelle che già coltiviamo ce n’è qualcuna che si adatta meglio a queste nuove sfide?

Mettere alla Prova le Tradizioni: Il Nostro Esperimento sul Campo

Così, per due anni, dal 2019 al 2021, ci siamo messi al lavoro in un campo sperimentale a Palampur, nel cuore dell’Himachal Pradesh. Un posto magnifico, con un clima subtropicale umido – estati calde, inverni miti e monsoni belli potenti. Abbiamo preso tre varietà di grano molto diffuse da queste parti: Him Palam Gehun 2 (HPW 368), HPW 349 e Central Wheat (HS 562).

Le abbiamo messe alla prova sotto quattro diversi “regimi” di coltivazione:

  • Lavorazione Convenzionale (CT): La classica aratura primaria e secondaria prima della semina. La “vecchia scuola”.
  • Lavorazione Ridotta (RT): Solo un’aratura primaria, lasciando i residui della coltura precedente in superficie come pacciamatura. Un passo verso la conservazione.
  • Zero Tillage (ZT) o Semina su Sodo: Nessuna lavorazione. Si controllano le erbacce con un erbicida non selettivo e si semina direttamente con una seminatrice apposita che apre solo un piccolo solco. Il massimo della conservazione del suolo.
  • Agricoltura Naturale (NF): Preparazione del terreno simile alla convenzionale, ma usando ghanjeevamrit (un preparato a base di letame e altri prodotti naturali) e pacciamatura con paglia di riso, seguendo i principi del guru Subhash Palekar. Niente fertilizzanti chimici o pesticidi di sintesi.

Abbiamo seguito tutto alla lettera: dosi di fertilizzanti (tranne che per l’agricoltura naturale, ovviamente!), controllo delle infestanti, irrigazione quando serviva. E poi, al momento del raccolto, abbiamo misurato tutto: quanti chicchi per spiga, il peso di mille chicchi, la resa in grano, la paglia, la resa biologica totale e l’indice di raccolto (quanto del totale è effettivamente grano). Non solo, abbiamo anche analizzato il contenuto di nutrienti fondamentali – azoto, fosforo, potassio, zinco e ferro – sia nel grano che nella paglia. Volevamo un quadro completo!

Campo sperimentale di grano a Palampur, India, con diverse parcelle che mostrano le differenze visive tra lavorazione convenzionale, ridotta, zero tillage e agricoltura naturale. Wide-angle lens, 18mm, sharp focus sull'intero campo, luce diurna brillante.

I Risultati: Cosa Ci Dice il Campo?

E allora, cosa abbiamo scoperto dopo due anni di sudore e misurazioni? Beh, tenetevi forte: per quanto riguarda la produttività pura, la lavorazione convenzionale (CT) ha dato i risultati migliori in termini di resa in grano, paglia e biomassa totale. Sembra che smuovere bene il terreno, alla vecchia maniera, nel breve termine dia ancora una marcia in più. Questo probabilmente perché migliora le condizioni fisiche del suolo, aiuta le radici a svilupparsi meglio e a “mangiare” più facilmente i nutrienti, specialmente azoto e fosforo, che abbiamo fornito.

Ma attenzione! La lavorazione ridotta (RT) si è difesa benissimo, con rese statisticamente molto simili a quelle della convenzionale. Questo è interessante, perché significa che potremmo ridurre le lavorazioni, risparmiare gasolio e tempo, e magari iniziare a migliorare la salute del suolo senza sacrificare troppo la produzione, almeno inizialmente. Anche la semina su sodo (ZT) ha dato risultati non troppo distanti, specialmente nel secondo anno si è avvicinata alla lavorazione ridotta.

La Sorpresa (Amara) dell’Agricoltura Naturale

E l’agricoltura naturale (NF)? Qui, devo essere onesto, i risultati sono stati deludenti per una coltura esigente come il grano. Le rese sono state significativamente più basse rispetto a tutti gli altri metodi, in entrambi gli anni. Meno spighe per metro quadro, meno chicchi per spiga, chicchi più leggeri… tutto contribuiva a una produzione inferiore. Sembra proprio che, almeno in queste condizioni e nel breve periodo, i preparati naturali da soli non riescano a fornire al grano tutti i nutrienti di cui ha bisogno per esprimere il suo potenziale. Questo non vuol dire che l’agricoltura naturale sia da buttare, ma forse per colture “affamate” come il grano, in questi ambienti, serve un approccio diverso o un periodo di transizione molto più lungo per ricostruire la fertilità del suolo.

E le Varietà? C’è una “Superstar”?

Passiamo alle varietà. Tra le tre testate, Him Palam Gehun 2 e Central Wheat (HS 562) si sono dimostrate superiori a HPW 349 in termini di resa. Hanno mostrato una maggiore capacità di produrre culmi (tillering), più chicchi per spiga e chicchi più pesanti. Quindi, se dovessi scegliere oggi, punterei su una di queste due.

Ma la cosa forse più importante che abbiamo notato è un’altra: tutte e tre le varietà si sono comportate in modo molto simile sotto i diversi regimi di lavorazione. Non c’è stata una varietà che ha brillato particolarmente sotto agricoltura conservativa o che ha sofferto più delle altre con la lavorazione convenzionale. Cosa significa? Significa che le varietà che abbiamo oggi sono state selezionate principalmente per rendere bene con la lavorazione tradizionale. C’è un bisogno urgente di iniziare a selezionare e sviluppare nuove varietà di grano che abbiano caratteristiche specifiche per prosperare in condizioni di lavorazione ridotta o zero tillage, magari con apparati radicali più potenti o una diversa efficienza nell’uso dei nutrienti.

Primo piano di spighe di grano mature di diverse varietà (Him Palam Gehun 2 e Central Wheat HS 562 in evidenza), tenute in mano da un ricercatore nel campo. Macro lens, 85mm, high detail sui chicchi, sfondo sfocato (depth of field), luce naturale.

Non Solo Quantità: Uno Sguardo ai Nutrienti

Abbiamo anche guardato dentro i chicchi e la paglia. E anche qui, la tendenza è chiara: la lavorazione convenzionale ha portato a concentrazioni significativamente più alte di azoto, fosforo, potassio, zinco e ferro. Anche la lavorazione ridotta si è comportata bene, spesso a livelli simili. L’agricoltura naturale, invece, ha mostrato i livelli più bassi per tutti questi nutrienti essenziali. Questo conferma che una migliore disponibilità di nutrienti nel suolo (data dai fertilizzanti nei metodi CT, RT, ZT) e forse una migliore capacità di assorbimento grazie a radici più sviluppate (favorite dalla lavorazione) si traducono in un prodotto finale più ricco.

Tra le varietà, Central Wheat HS 562 e Him Palam Gehun 2 tendevano ad avere contenuti più alti della maggior parte dei nutrienti, il che si collega anche alle loro rese superiori. L’assorbimento totale dei nutrienti (quanto ne “porta via” la pianta dal campo) ha seguito lo stesso schema: più alto con la lavorazione convenzionale e ridotta, più basso con l’agricoltura naturale, e maggiore nelle varietà più produttive.

Cosa Portiamo a Casa da Questo Studio?

Allora, tirando le somme di questa avventura tra i campi di grano indiani:

  • Nel breve termine, la lavorazione convenzionale sembra ancora la via più sicura per massimizzare la resa del grano in queste condizioni.
  • La lavorazione ridotta è una valida alternativa, quasi altrettanto produttiva ma con potenziali benefici ambientali ed economici (meno passaggi, meno gasolio). Merita sicuramente più attenzione.
  • L’agricoltura naturale, almeno per come l’abbiamo applicata e per una coltura esigente come il grano, non sembra in grado di garantire rese soddisfacenti nel breve periodo. Servono forse strategie diverse o tempi più lunghi.
  • Le varietà attuali non sono ottimizzate per l’agricoltura conservativa. C’è un grande lavoro da fare per sviluppare cultivar adatte a queste nuove pratiche.
  • Questo è uno studio di due anni. Gli effetti a lungo termine sulla salute del suolo, sulla sostenibilità e sulla qualità del grano potrebbero raccontare una storia diversa. L’agricoltura conservativa, ad esempio, potrebbe migliorare la struttura e la materia organica del suolo col tempo, portando benefici futuri.

Insomma, la strada verso un’agricoltura del grano più sostenibile è ancora lunga e complessa. Non ci sono soluzioni magiche valide ovunque. Bisogna sperimentare, osservare, adattarsi alle condizioni locali e, soprattutto, continuare la ricerca per trovare il giusto equilibrio tra produttività, rispetto per l’ambiente e redditività per chi lavora la terra. E io non vedo l’ora di scoprire cosa ci riserverà il futuro!

Fonte: Springer

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