Polmonite da Immunoterapia: Quando la Cura del Cancro Infiamma i Polmoni (e Come Prevederlo!)
Amici, parliamoci chiaro: l’immunoterapia ha cambiato le carte in tavola nella lotta contro il cancro. Queste terapie, che sfruttano la potenza del nostro stesso sistema immunitario per scovare e distruggere le cellule tumorali, hanno regalato nuove speranze a tantissimi pazienti. Pensate, dal 2011, anno della prima approvazione da parte della FDA americana, l’uso degli inibitori dei checkpoint immunitari (ICI) è schizzato alle stelle. Nel 2018, si stimava che oltre il 43% dei pazienti oncologici negli Stati Uniti potesse beneficiare di questi trattamenti, un balzo enorme rispetto all’1,5% del 2011. Parliamo di più di 233.000 persone ogni anno solo negli USA!
Ma, come spesso accade in medicina, non è tutto oro quello che luccica. Fino al 40% dei pazienti trattati con ICI può sviluppare quelli che chiamiamo “eventi avversi immuno-correlati” (irAE). E tra questi, uno dei più temuti è la polmonite da ICI, un’infiammazione dei polmoni che, sebbene non frequentissima (colpisce circa il 2,5% dei pazienti), può avere conseguenze serie, arrivando ad essere fatale in oltre il 10% dei casi. Immaginate la frustrazione: una terapia che funziona contro il cancro, ma che rischia di danneggiare un organo vitale come i polmoni.
Cos’è esattamente la Polmonite da ICI e perché è così insidiosa?
In pratica, il sistema immunitario, “sguinzagliato” dall’immunoterapia, a volte non si limita ad attaccare il tumore, ma può prendere di mira anche tessuti sani, come appunto il tessuto polmonare. I sintomi possono essere subdoli e variabili: da una lieve difficoltà respiratoria (dispnea) e tosse, fino a un’insufficienza respiratoria grave che richiede interventi d’urgenza.
La vera gatta da pelare, per noi medici, è la diagnosi. Spesso è un vero rompicapo distinguere una polmonite da ICI da un’infezione, soprattutto in pazienti che, a causa del cancro e delle terapie, possono avere un sistema immunitario compromesso. Per questo, ci troviamo spesso a dover avviare un’ampia gamma di indagini: TAC, antibiotici empirici (cioè dati “per sicurezza” prima di avere una diagnosi certa), e a volte anche una broncoscopia con lavaggio broncoalveolare (BAL) e biopsia.
Una volta confermata la diagnosi (escludendo i casi di grado 1, che vedremo tra poco), è fondamentale intervenire subito. Si sospende l’immunoterapia e, nella maggior parte dei casi, si inizia una terapia immunosoppressiva, solitamente con corticosteroidi, per “calmare” la reazione immunitaria. Ma capite bene il paradosso: dobbiamo spegnere l’infiammazione polmonare, ma così facendo rischiamo di rendere il paziente più vulnerabile a infezioni opportunistiche. Un equilibrio delicatissimo.
La Classificazione della Polmonite da ICI: Una Questione di Gradi
Per gestire al meglio questa complicanza, l’American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha stabilito delle linee guida che classificano la polmonite da ICI in 4 gradi:
- Grado 1: Pazienti asintomatici, ma con segni radiografici di infiammazione. Qui si può decidere di monitorare attentamente o sospendere temporaneamente l’ICI.
- Grado 2: Compaiono sintomi che limitano le attività quotidiane. L’ICI va sospeso o interrotto definitivamente, e si inizia spesso un trattamento con prednisone (1-2 mg/kg/giorno).
- Grado 3: Sintomi severi, che possono richiedere il ricovero.
- Grado 4: Compromissione respiratoria che mette a rischio la vita e richiede un intervento medico urgente. Per i gradi 3 e 4, si usa metilprednisolone (1-2 mg/kg/giorno) e, se non c’è miglioramento in 48 ore, si possono aggiungere altri farmaci immunosoppressori.
Capirete quindi quanto sia cruciale per noi clinici riconoscere tempestivamente la polmonite da ICI e iniziare il trattamento più adeguato, monitorando attentamente il paziente.

Il Nostro Studio: Capire Meglio per Agire Meglio
Proprio per far luce su questa complessa problematica, abbiamo condotto uno studio retrospettivo alla Mayo Clinic, analizzando i dati di pazienti diagnosticati con polmonite da ICI tra il 2014 e il 2022. Volevamo caratterizzare meglio le manifestazioni cliniche, gli esiti e, soprattutto, provare a sviluppare dei modelli predittivi. Immaginate quanto sarebbe utile poter identificare in anticipo i pazienti più a rischio!
Abbiamo incluso 170 pazienti (età media 67 anni). La sopravvivenza globale mediana è stata di 2,3 anni. Un dato importante emerso è che un grado più elevato di polmonite da ICI era associato a una sopravvivenza inferiore (un rischio quasi 6 volte maggiore!). Interessante, vero? Ma c’è di più. I pazienti che, dopo un episodio di polmonite, sono stati “ri-sfidati” con l’immunoterapia (cioè hanno ripreso il trattamento), hanno mostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza rispetto a chi non l’ha ripresa. Questo è un punto cruciale, soprattutto per i pazienti con malattia di grado 2.
La Sfida della Predizione: Possiamo Giocare d’Anticipo?
Qui entra in gioco la parte più affascinante, almeno per me: la modellazione predittiva. Utilizzando tecniche di machine learning (nello specifico, XGBoost) e analizzando una miriade di dati clinici comunemente disponibili, abbiamo cercato di costruire dei modelli capaci di prevedere il rischio di morte da polmonite da ICI.
E i risultati sono stati incoraggianti! Siamo riusciti a modellare il rischio di morte da polmonite prima di iniziare l’immunoterapia con una buona accuratezza (AUC-ROC di 0.79). Quali fattori si sono rivelati più importanti? La conta dei linfociti nel sangue periferico, la dipendenza dall’ossigeno, i risultati dei test di funzionalità polmonare (PFT) e l’espressione di PD-L1. Questi stessi fattori, più o meno, si sono dimostrati predittivi anche per il rischio di morte da polmonite al momento della diagnosi di polmonite da ICI (AUC-ROC di 0.85) e per il rischio di morte per qualsiasi causa dopo la diagnosi di polmonite (AUC-ROC di 0.75).
Abbiamo anche cercato di capire se fosse possibile prevedere la propensione a sviluppare una polmonite di basso grado (1-2) rispetto a una di alto grado (3-4) al momento dell’inizio dell’ICI. Anche qui, il modello ha mostrato una discreta capacità predittiva (AUC-ROC di 0.74), basandosi su fattori come una ridotta capacità di diffusione polmonare (DLCO) basale, la scelta dell’ICI e alcuni valori di laboratorio al momento della diagnosi di polmonite (emoglobina, conta dei monociti e dei globuli bianchi).
Cosa Abbiamo Imparato dal Nostro Studio?
Questo studio, che è una delle analisi più complete su pazienti con polmonite da ICI confermata, ci dice alcune cose fondamentali. Primo, la presentazione della polmonite da ICI è estremamente variabile e gli esiti dipendono dalla sua gravità. Secondo, e questo è un messaggio di speranza, quando i pazienti con malattia di grado 2 vengono ri-sfidati con l’immunoterapia, gli esiti sembrano favorire questa scelta. Terzo, e forse il più innovativo, utilizzando dati clinici comuni, possiamo identificare con una certa accuratezza i pazienti ad alto rischio di morte da polmonite da ICI.
Nel nostro campione, il tumore più frequentemente associato a polmonite da ICI è stato il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC, 48%), seguito dal melanoma (18%). Questo probabilmente riflette il fatto che, fino al 2015, l’ICI era usato principalmente per queste due neoplasie. Abbiamo anche osservato che i pazienti con tumori intratoracici erano associati a una polmonite di grado più elevato. Un altro dato interessante riguarda i pattern radiografici: le immagini più comuni alla TAC erano opacità a vetro smerigliato (82%) e noduli (38%). L’ispessimento dei setti interlobulari è risultato associato a un grado più severo di polmonite.

Per quanto riguarda i test di funzionalità polmonare (PFT), come c’era da aspettarsi, tutti i valori (FEV1, FVC, TLC e DLCO non corretto) erano significativamente più bassi dopo la diagnosi di polmonite da ICI rispetto ai valori basali. Una conta più alta di neutrofili nel lavaggio broncoalveolare (BAL) e un DLCO non corretto più basso erano associati a un grado più severo di polmonite.
La maggior parte dei pazienti (89%) ha ricevuto corticosteroidi, con dosaggi variabili. Chi non li ha ricevuti aveva polmonite di grado 1 o 2. La mortalità complessiva da polmonite è stata del 15%, e risultava più alta in pazienti con PFT basali peggiori.
La Questione della “Rechallenge” (Ripresa dell’Immunoterapia)
Nel nostro gruppo, il 30% dei pazienti (51 persone) ha ripreso l’immunoterapia dopo un episodio di polmonite da ICI. Di questi, il 45% (23 pazienti) ha avuto una recidiva di polmonite, ma è importante notare che nel 78% dei casi si trattava di una forma lieve (grado 1-2). E, come accennato prima, i pazienti che hanno ripreso l’ICI hanno avuto una sopravvivenza globale significativamente migliore. Questo suggerisce che, soprattutto nei casi di polmonite di grado 2, la ripresa dell’immunoterapia può essere una strategia vantaggiosa, pur tenendo d’occhio il rischio di recidiva.
Limiti e Prospettive Future
Certo, il nostro studio ha dei limiti. Essendo retrospettivo, si basa su dati raccolti in passato, con possibili variabilità nella documentazione. Inoltre, l’identificazione dei pazienti tramite parole chiave potrebbe aver escluso alcuni casi. E, come sempre, la natura non randomizzata potrebbe aver introdotto dei bias di selezione. Ad esempio, non abbiamo potuto raccogliere in modo consistente l’ECOG status (una scala che valuta il livello di funzionalità del paziente), anche se presumibilmente tutti i pazienti erano in condizioni tali da ricevere un trattamento sistemico.
Nonostante ciò, crediamo che questo lavoro offra spunti preziosi. Dimostra che dati clinici facilmente reperibili possono aiutarci a stratificare il rischio e a prendere decisioni più informate. La popolazione eterogenea del nostro studio, per tipo di cancro, rende i risultati più generalizzabili alla pratica clinica reale.
Cosa ci aspetta ora? Sicuramente, c’è bisogno di ulteriori ricerche, in particolare studi prospettici, per definire meglio i fattori di rischio legati al tipo di tumore e per affinare ulteriormente la valutazione del rischio personalizzata. L’obiettivo finale è quello di massimizzare i benefici dell’immunoterapia, minimizzando al contempo i rischi di complicanze come la polmonite. La strada è ancora lunga, ma ogni passo avanti nella comprensione e nella predizione ci avvicina a terapie oncologiche sempre più efficaci e sicure per i nostri pazienti. E questo, credetemi, è ciò che ci spinge a continuare la ricerca ogni giorno.
Fonte: Springer
