Politica Fiscale e CO2: Usiamo Tasse e Spesa Pubblica per Salvare il Pianeta?
Ragazzi, parliamoci chiaro: il cambiamento climatico è una delle sfide più toste che abbiamo di fronte. Sentiamo parlare di emissioni, CO2, riscaldamento globale… ma spesso ci sfugge come le decisioni prese “in alto”, quelle che riguardano tasse, spesa pubblica e debito, possano influenzare concretamente l’aria che respiriamo. Ecco, di recente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che cerca proprio di rispondere a questa domanda: che ruolo gioca la politica fiscale nel ridurre le emissioni di CO2? E, cosa ancora più intrigante, questo ruolo cambia a seconda che un paese sia ricco, medio o povero?
La Domanda da un Milione di Dollari (o di Tonnellate di CO2)
Lo studio, che ha analizzato dati di 150 paesi tra il 2000 e il 2020, si è posto delle domande fondamentali:
- Le politiche su entrate (tasse), spese e debito pubblico sono efficaci nel tagliare le emissioni nei diversi gruppi di paesi?
- La famosa “Curva di Kuznets Ambientale” (l’idea che l’inquinamento prima cresce con l’economia, poi cala) vale per tutti?
- Quanto conta spingere sulle energie rinnovabili per ridurre la CO2 in questi diversi contesti?
Perché è importante? Beh, pensateci: i paesi ad alto e medio-alto reddito sono responsabili dell’86% delle emissioni globali di CO2! I paesi più poveri, pur avendo il 9% della popolazione mondiale, contribuiscono solo per lo 0,5%. Una disparità enorme che rende gli accordi internazionali sul clima, come quelli delle COP (le Conferenze delle Parti), così difficili ma cruciali.
Politiche Fiscali: Un’Arma a Doppio Taglio?
I risultati dello studio sono illuminanti e, per certi versi, preoccupanti. La conclusione principale è che le politiche fiscali dei paesi ad alto reddito sembrano essere più efficaci nel contrastare l’inquinamento rispetto a quelle dei paesi a basso e medio reddito. Questo spiega perché i paesi più ricchi sono generalmente meglio attrezzati per implementare politiche climatiche che funzionano davvero.
Nei paesi a basso e medio reddito, un aumento delle entrate e della spesa pubblica tende, in modo statisticamente non significativo, ad aumentare le emissioni di CO2. Sembra quasi che le politiche fiscali espansive, pensate magari per stimolare la crescita, in questi contesti finiscano per avere un effetto collaterale “pro-emissioni”. È come se mancasse ancora la capacità o la priorità di integrare la sostenibilità ambientale nelle leve economiche principali.
Al contrario, nei paesi ad alto reddito, le politiche fiscali espansive (più spesa, più entrate – magari reinvestite in modo “verde”) tendono a ridurre le emissioni. Qui si vede l’efficacia delle “fiscal climate policies”: questi paesi hanno più “spazio fiscale” (margini di manovra nel bilancio) per investire in iniziative ecologiche che tagliano le emissioni.
E il debito pubblico? Qui la cosa si fa interessante. Un aumento del rapporto debito/PIL sembra associato a una riduzione delle emissioni in tutti i gruppi di paesi, anche se l’effetto è statisticamente significativo solo per i paesi ricchi. Forse un debito più alto spinge a politiche più oculate o, come suggeriscono alcuni studi, viene utilizzato per finanziare la transizione verde? È un punto che merita approfondimenti.

La Curva di Kuznets e il Jolly delle Rinnovabili
Lo studio conferma la validità della Curva di Kuznets Ambientale (EKC) a forma di U rovesciata per tutti i gruppi di paesi. In pratica: all’inizio dello sviluppo economico, le emissioni tendono ad aumentare, ma superata una certa soglia di ricchezza, iniziano a diminuire. Questo implica che i paesi a basso e medio reddito affrontano una sfida più lunga: devono crescere economicamente, ma rischiano di farlo aumentando l’inquinamento prima di poter invertire la rotta.
Ma c’è una buona notizia, un vero e proprio jolly: le energie rinnovabili funzionano! L’analisi mostra chiaramente che un aumento del consumo di energia rinnovabile riduce significativamente le emissioni di CO2 in *tutti* i gruppi di paesi. Un aumento dell’1% nell’uso delle rinnovabili taglia le emissioni dello 0,424% nei paesi a basso/medio-basso reddito, dello 0,162% in quelli a medio reddito e dello 0,022% in quelli ad alto reddito (dove magari la transizione è già più avanzata, ma comunque efficace). Questo rafforza l’idea che investire in sole, vento, idroelettrico, ecc., sia una strategia vincente ovunque. Le politiche fiscali “verdi”, che incentivano queste fonti, sono quindi essenziali.
COP28 e la Necessità di Cooperazione Globale
I risultati dello studio si collegano perfettamente alle discussioni e decisioni prese in sedi internazionali come la COP28. L’accordo per “transitare fuori dai combustibili fossili” e l’operatività del “Loss and Damage Fund” (il fondo per aiutare i paesi vulnerabili a far fronte alle perdite e ai danni climatici) sono passi fondamentali.
Lo studio sottolinea proprio questo: senza sforzi globali congiunti, il divario fiscale e ambientale tra paesi ricchi e poveri continuerà ad allargarsi, mettendo a rischio gli obiettivi di sostenibilità globale. I paesi ricchi devono fare di più per evitare che le regioni più vulnerabili del mondo paghino per colpe non loro. Serve un’azione coordinata, dove le politiche fiscali dei paesi in via di sviluppo siano supportate (anche finanziariamente) per diventare più “verdi”.

Che Fare? Ricette Fiscali per un Futuro Sostenibile
Alla luce di tutto questo, cosa possiamo portarci a casa? Quali sono le raccomandazioni pratiche? Lo studio suggerisce diverse piste, che provo a riassumere:
- Spesa Pubblica Mirata: I governi dovrebbero indirizzare la spesa verso settori e imprese che investono molto in capitale umano e, soprattutto, in ricerca e sviluppo (ReS) per tecnologie più pulite ed efficienti. Non basta spendere, bisogna spendere bene.
- Tasse “Intelligenti”: La politica fiscale deve diventare uno strumento ambientale. Servono incentivi fiscali (sgravi, crediti d’imposta) per il settore delle energie rinnovabili e per l’efficienza energetica. Allo stesso tempo, bisogna penalizzare chi inquina di più (il famoso principio “chi inquina paga”, magari con carbon tax o sistemi simili).
- Debito “Verde”: Quando i governi si indebitano, dovrebbero privilegiare strumenti di finanza verde (come i green bond) per finanziare progetti a basso impatto ambientale e promuovere le rinnovabili.
- Cooperazione Internazionale: I meccanismi come il Loss and Damage Fund vanno potenziati. I paesi ricchi devono supportare finanziariamente e tecnologicamente quelli più poveri nella loro transizione ecologica.
- Consapevolezza Pubblica: Le politiche funzionano meglio se i cittadini sono consapevoli e partecipano. Serve informazione e sensibilizzazione per spingere tutti (cittadini e imprese) verso comportamenti più sostenibili.
- Collaborazione Pubblico-Privato: Incoraggiare partnership tra settore pubblico e privato può accelerare gli investimenti in efficienza energetica e generazione rinnovabile.

In Conclusione: Una Sfida Complessa ma Non Impossibile
Questo studio ci lascia con un messaggio chiaro: la politica fiscale è uno strumento potente, ma il suo impatto sul clima non è uguale dappertutto. C’è una netta differenza tra paesi ricchi e poveri, con i primi più capaci di usare tasse e spesa per ridurre le emissioni e i secondi che rischiano, senza un’attenta progettazione e supporto internazionale, di rimanere intrappolati in un modello di crescita più inquinante.
La strada verso la sostenibilità richiede quindi un cambio di passo, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, che devono ristrutturare le loro politiche fiscali in chiave ambientale. Ma richiede anche, e forse soprattutto, una maggiore cooperazione internazionale e un impegno concreto da parte dei paesi più ricchi. Le energie rinnovabili sono la chiave, ma per girare la serratura serve la volontà politica e gli strumenti economici giusti, usati in modo coordinato a livello globale. La sfida è enorme, ma i dati ci dicono che abbiamo gli strumenti per affrontarla. Dobbiamo solo decidere di usarli nel modo giusto.

Fonte: Springer
