Poás Sotto la Lente: Come la Cenere Vulcanica Rivela i Segreti delle Sue Eruzioni (2016-2019)
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore di un vulcano, non fisicamente, ma attraverso le tracce che lascia dietro di sé: la cenere vulcanica. Immaginate la cenere non solo come polvere fastidiosa, ma come un libro aperto che racconta la storia turbolenta che avviene nelle profondità della Terra. Nello specifico, vi parlerò del vulcano Poás in Costa Rica e di cosa abbiamo scoperto analizzando le sue “impronte digitali” lasciate tra il 2016 e il 2019.
Un Detective Chiamato Cenere
Quando un vulcano erutta, specialmente nelle fasi iniziali di un’attività o durante periodi di instabilità, una delle domande cruciali che ci poniamo è: “C’è magma fresco coinvolto?”. Capirlo è fondamentale per prevedere come potrebbe evolversi la situazione. Ma, credetemi, non è sempre facile distinguere i frammenti di magma appena arrivato (che chiamiamo materiale giovanile) da tutto il resto del materiale “vecchio” che viene espulso, come rocce alterate dal sistema idrotermale o frammenti delle pareti del condotto.
Il nostro studio si è concentrato proprio su questo: abbiamo esaminato i prodotti delle esplosioni del Poás tra il 2016 e il 2019. È stato un periodo pazzesco per questo vulcano, che è passato da uno stato “sigillato” da un sistema idrotermale pressurizzato a un sistema più “aperto”, con un aumento del degassamento verso l’atmosfera. Abbiamo assistito a tante piccole esplosioni, con pennacchi che non superavano i 500 metri, ma anche a due eventi più potenti, il 14 e 22 aprile 2017, che hanno sparato cenere fino a 4 km di altezza!
Poás: Un Gigante Inquieto
Prima di tuffarci nei dettagli della cenere, due parole sul Poás. È uno dei vulcani più attivi e visitati della Costa Rica, a due passi dalla capitale San José. Ha un cratere bello grande, circa 1.1 km di diametro, che spesso ospita un lago acido spettacolare ma… beh, acido! La sua storia eruttiva è lunga, con cicli importanti nel 1834, 1910 e l’ultimo grande tra il 1953 e il 1955. Dal 2006 è iniziata una nuova fase di instabilità.
Una cosa interessante del Poás è il suo lago craterico: a volte c’è, a volte scompare, cambia colore, temperatura, acidità… tutto dipende da cosa succede sotto, tra il sistema idrotermale e l’eventuale arrivo di magma. Tra il 2012 e il 2017, gli esperti hanno identificato diverse fasi eruttive. Inizialmente (2012-2014 e 2016), si parlava di eruzioni prevalentemente freatiche, cioè causate dall’interazione tra acqua e gas magmatici caldi, senza un coinvolgimento diretto di magma fresco. Ma già nel 2016, analisi più approfondite avevano trovato una piccola percentuale (circa il 6%) di materiale giovanile. Poi, nell’aprile-novembre 2017, le cose sono cambiate: le eruzioni sono state classificate come freatomagmatiche, con prove evidenti del coinvolgimento di nuovo magma, il primo episodio così chiaro dal 1953-1955!

Durante questo periodo, anche il lago ha fatto le bizze. Fino all’inizio di aprile 2017 era bello pieno. Poi, a causa del materiale eruttato, si è formata una sorta di diga che ha separato il condotto attivo dal lago. L’eruzione più forte, quella del 22 aprile, ha rotto questa diga. Successivamente, l’acqua è andata e venuta nel condotto attivo, fino a scomparire quasi del tutto a fine maggio 2017. Nel 2018 il lago è riapparso a tratti, per poi sparire di nuovo tra gennaio e giugno 2019. Insomma, un continuo cambiamento!
Sotto il Microscopio: L’Analisi della Cenere
Ma torniamo alla nostra cenere. Abbiamo raccolto venti campioni freschissimi, di solito entro 24-48 ore dall’esplosione, in sei punti diversi attorno al cratere, tutti a meno di 800 metri dal condotto attivo. Cosa ci abbiamo fatto? Un sacco di cose!
- Granulometria: Abbiamo misurato la dimensione delle particelle, dai granelli più grossi (fino a 4 mm) alla polvere finissima (sotto i 32 micrometri), usando setacci, analisi d’immagine dinamica (DIA) e diffrazione laser. Questo ci dice quanto è stata “efficiente” la frammentazione.
- Componenti: Abbiamo guardato le particelle al microscopio (ottico ed elettronico) per capire da dove venivano. Le abbiamo divise in categorie:
- Giovanili: Frammenti di magma fresco, vetrosi, scuri o trasparenti, a volte rossastri (scorie), con spigoli vivi.
- Litici: Frammenti di rocce più vecchie, opachi, grigi, senza vescicole, probabilmente pezzi del “basamento” o di eruzioni passate.
- Riciclati: Particelle (spesso giovanili o litiche) che erano già state eruttate, depositate e poi ri-mobilitate da un’esplosione successiva. Hanno spesso bordi più arrotondati e un aspetto meno “brillante”.
- Idrotermali: Frammenti alterati dal contatto con i fluidi caldi e acidi del sistema idrotermale. Possono avere colori strani (giallastri, biancastri) e aspetto alterato.
- Cristalli liberi: Minerali isolati (plagioclasio, olivina, pirosseno…).
- Aggregati: Grumi di cenere tenuti insieme, forse dall’umidità nel pennacchio.
- Densità: Abbiamo misurato la densità delle particelle con un picnometro a elio. Questo ci dà indizi sulla loro porosità e sulla loro origine (il materiale giovanile fresco tende ad essere meno denso delle rocce litiche, ma più denso del materiale idrotermale molto alterato).
- Composizione Chimica: Per alcuni campioni chiave, abbiamo analizzato la composizione del vetro presente nelle particelle giovanili usando una microsonda elettronica (EMPA). Questo è come leggere il “codice a barre” chimico del magma.
La Storia Scritta nei Granelli (2016-2019)
Mettendo insieme tutti questi dati, è emerso un quadro affascinante dell’evoluzione del sistema eruttivo del Poás.
Fase 1: Sistema Sigillato e Interazione Idrotermale (Agosto 2016 – Inizio Aprile 2017)
All’inizio del nostro periodo di studio, il sistema era ancora “tappato” dal sistema idrotermale. Le esplosioni erano relativamente piccole e i prodotti contenevano tantissimo materiale idrotermale (fino al 64% nel campione di agosto 2016!). C’era anche materiale giovanile (circa il 10-20%), confermando che non erano eruzioni puramente freatiche, ma freatomagmatiche: il magma c’era, ma interagiva principalmente con l’acqua e i fluidi del sistema idrotermale sovrastante. Le analisi chimiche sul campione del 2016 hanno mostrato che parte di questo magma era simile a quello eruttato nel 1955, mentre un’altra parte era leggermente più evoluta. La cenere era relativamente fine.

Fase 2: Apertura del Condotto ed Eruzioni Magmatiche (Aprile – Settembre 2017)
Da metà aprile 2017, le cose cambiano drasticamente. La percentuale di materiale idrotermale crolla, mentre aumenta quella dei frammenti litici (fino al 34%!). Questo ci dice che le esplosioni stavano iniziando a erodere le pareti rocciose del condotto, andando oltre il sistema idrotermale. Contemporaneamente, il lago craterico iniziava a prosciugarsi. Questo processo di “pulizia” e allargamento del condotto ha aperto la strada a eruzioni più potenti e dominate dal magma.
Le esplosioni del 22 aprile, 9 maggio e 13 settembre 2017 sono state emblematiche: la cenere era composta per oltre il 70% da materiale giovanile fresco! Era anche più grossolana rispetto a prima (diametro mediano > 130 micrometri). Questo, insieme ad altri parametri come la dimensione frattale (ne parliamo tra poco), suggerisce una frammentazione primaria del magma direttamente nel condotto, con poca interazione con l’acqua esterna. Il sistema si era “asciugato”. Il magma eruttato in questa fase era chimicamente distinto e più evoluto rispetto a quello del 1955 e del 2016.
Fase 3: Riciclo e Ritorno a Condizioni “Umide” (Fine 2017 – 2019)
Dopo la fase magmatica del 2017, l’attività è diminuita per un po’, permettendo al lago di riformarsi parzialmente. Quando le esplosioni sono riprese nel 2019, erano di nuovo piccole (pennacchi sotto i 400 m). L’analisi della cenere ha rivelato un’altra sorpresa: era dominata da materiale riciclato (fino al 70%) ed era estremamente fine (diametro mediano < 24 micrometri)! C'era ancora una componente giovanile (23-34%), con una composizione chimica ancora diversa da quella del 2017, ma la maggior parte del materiale espulso era chiaramente il risultato del rimaneggiamento e della ri-frammentazione dei depositi delle eruzioni precedenti. Il sistema stava tornando verso condizioni più "umide", con esplosioni superficiali che "riciclavano" il materiale già presente.
Frammentazione: Primaria o Secondaria?
Un concetto chiave per interpretare la granulometria è la dimensione frattale (D). Senza entrare troppo nel tecnico, diciamo che la frammentazione “pulita” del magma (primaria) tende a produrre una distribuzione di dimensioni delle particelle che segue una legge di potenza con un esponente D intorno a 2.5. Se le particelle subiscono ulteriore rottura (frammentazione secondaria), ad esempio urtandosi tra loro o contro le pareti del condotto, o a causa dell’interazione esplosiva con l’acqua, questo valore di D tende ad aumentare (sopra 3).
Ebbene, abbiamo visto che:
- Le eruzioni del 2017 dominate da materiale giovanile avevano D tra 2.4 e 2.9, compatibile con la frammentazione primaria.
- L’eruzione del 2016 ricca di materiale idrotermale aveva D=3.2, suggerendo un’interazione magma-acqua più efficiente nel frammentare.
- Le eruzioni del 2019 dominate da materiale riciclato avevano D molto alti (> 4.4!), confermando l’ipotesi di una forte ri-frammentazione secondaria del materiale vecchio.
Interessante notare che la finezza della cenere sembrava legata più alla quantità di materiale riciclato che al livello del lago craterico, suggerendo che l’interazione avveniva più probabilmente con l’acqua del sistema idrotermale nelle rocce che con quella del lago.

L’Impronta Chimica del Magma
Le analisi chimiche del vetro giovanile hanno aggiunto un altro tassello importante. Non solo hanno confermato che quello che avevamo identificato come giovanile era effettivamente magma fresco, ma hanno mostrato che le composizioni cambiavano nel tempo. Il magma del 1955 era andesitico. Quello del 2016 era in parte simile al 1955, in parte più evoluto. Quello del 2017 era decisamente più evoluto (dacitico). E quello del 2019 era ancora diverso (trachiandesitico/trachitico). Questo suggerisce che le diverse fasi eruttive abbiano attinto a “pacchetti” di magma leggermente diversi, forse a profondità diverse o con storie di cristallizzazione differenti all’interno del sistema superficiale.
Perché Tutto Questo è Importante?
Questo studio dettagliato sulla cenere del Poás ci ha permesso di ricostruire passo dopo passo come un sistema vulcanico “chiuso” e dominato da un sistema idrotermale si sia progressivamente “aperto”, portando a eruzioni magmatiche più significative, per poi tornare a una fase dominata dal riciclo di materiale. Abbiamo visto come le caratteristiche della cenere (componenti, dimensioni, densità, chimica) siano uno specchio fedele dei processi che avvengono sotto i nostri piedi.
Capire queste transizioni è cruciale. Il passaggio da eruzioni piccole e “umide” a eruzioni magmatiche più grandi e “secche” cambia il tipo di pericolosità: ceneri più grossolane viaggiano meno lontano ma possono avere impatti diversi vicino al vulcano, e l’arrivo di magma fresco in superficie segnala un potenziale aumento dell’attività. Monitorare le caratteristiche della cenere in tempo reale, insieme ai dati geofisici e geochimici, può quindi fornire informazioni preziose per capire cosa sta succedendo e per migliorare le previsioni eruttive, non solo al Poás ma anche in altri vulcani simili nel mondo.
Insomma, la prossima volta che vedete immagini di cenere vulcanica, pensateci: non è solo polvere, è un messaggio complesso e dettagliato che arriva direttamente dalle viscere della Terra!
Fonte: Springer
