Spalla Congelata: La PNF Batte la Fisioterapia Tradizionale? Scopriamo i Risultati!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un problema che affligge tante persone, magari anche qualcuno di voi o un vostro conoscente: la capsulite adesiva, meglio conosciuta come “spalla congelata”. È una condizione davvero fastidiosa, progressiva e infiammatoria, che limita i movimenti della spalla, causa dolore e può portare a disabilità anche a lungo termine. Immaginate la frustrazione di non riuscire a compiere gesti semplici come pettinarsi o allacciarsi il reggiseno!
Cos’è Esattamente la Capsulite Adesiva?
In pratica, la capsula articolare della spalla si infiamma e si “restringe”, limitando gradualmente il raggio di movimento (ROM). Ecco perché si parla di spalla “rigida” o “congelata”. Le cause precise non sono sempre chiare (si dice idiopatica), ma spesso è associata a fattori come:
- Malattie cardiovascolari
- Problemi alla colonna cervicale
- Diabete
- Traumi improvvisi
- Ictus o Parkinson
- Interventi chirurgici (come il bypass coronarico)
- Fratture dell’omero
- Problemi intrinseci alla spalla (lesioni della cuffia dei rotatori, tendiniti, ecc.)
Si pensa che colpisca tra il 3% e il 5% della popolazione ogni anno, soprattutto tra i 40 e i 60 anni, con una predilezione per il sesso femminile. E attenzione: chi l’ha avuta a una spalla ha un rischio del 20-30% di svilupparla anche nell’altra! Anche se spesso viene definita “autolimitante” (che guarisce da sola in 2-3 anni), fino al 40% dei pazienti continua ad avere sintomi e rigidità anche dopo questo periodo se non trattata adeguatamente. Il dolore magari passa, ma l’atrofia muscolare e i problemi articolari restano.
Come si Cura di Solito?
Le terapie tradizionali includono farmaci antinfiammatori (FANS), corticosteroidi (per bocca o infiltrazioni), idro-dilatazione (iniezione di liquido per “stirare” la capsula) e, ovviamente, la fisioterapia. La fisioterapia gioca un ruolo cruciale nel recuperare il movimento dell’articolazione gleno-omerale e acromio-clavicolare, migliorando la mobilità generale e aiutando a rompere le aderenze nella capsula.
E se ci Fosse Qualcosa di Più Efficace? Entra in Scena la PNF!
Qui arriva il bello! Tra le varie tecniche fisioterapiche, ce n’è una chiamata Facilitazione Neuromuscolare Propriocettiva (PNF). Detta così sembra complicatissima, ma l’idea di base è affascinante. La PNF utilizza schemi di movimento diagonali specifici che coinvolgono più articolazioni e gruppi muscolari contemporaneamente, sfruttando i riflessi naturali del corpo per migliorare la flessibilità, la forza e la coordinazione. Pensate a movimenti che mimano azioni quotidiane o sportive.
La PNF si basa su alcuni principi teorici, come l’inibizione autogena (un muscolo si rilassa dopo una forte contrazione) e la teoria del “gate control” del dolore (stimoli non dolorosi possono “chiudere il cancello” ai segnali di dolore). Alcuni studi suggeriscono che la PNF possa aumentare il flusso sanguigno nei muscoli trattati e ridurre il dolore percepito.

Lo Studio: PNF vs. Metodi Classici in Bangladesh
Ed eccoci al cuore della questione. Recentemente è stato pubblicato uno studio molto interessante (un Randomised Controlled Trial, o RCT, che è un tipo di studio scientifico molto affidabile) condotto in Bangladesh tra maggio 2022 e dicembre 2023. L’obiettivo? Capire se la PNF fosse più efficace della fisioterapia standard nel trattamento della capsulite adesiva.
Hanno preso 80 pazienti con diagnosi di spalla congelata e li hanno divisi a caso in due gruppi da 40:
- Gruppo Sperimentale (PNF): Ha ricevuto un trattamento basato su specifici pattern PNF per l’arto superiore e per la scapola (usando la tecnica “hold-relax”, cioè contrazione isometrica seguita da rilassamento), oltre alle terapie standard come ultrasuoni e infrarossi.
- Gruppo di Controllo: Ha ricevuto la fisioterapia convenzionale, che includeva stretching capsulare, mobilizzazioni accessorie, esercizi pendolari e con la carrucola, più le stesse terapie standard (ultrasuoni, infrarossi).
Entrambi i gruppi hanno seguito il trattamento per 6 settimane, con 4 sessioni settimanali (24 sessioni totali). I valutatori, importantissimo, non sapevano a quale gruppo appartenessero i pazienti (tecnica “assessor-blinded”), garantendo così l’obiettività dei risultati.
Cosa hanno misurato? Principalmente il dolore (con una scala numerica da 0 a 10, la NPRS) e il Range of Motion (ROM), cioè l’ampiezza del movimento della spalla (usando un goniometro). Come misura secondaria, hanno valutato la limitazione funzionale e la disabilità con un questionario specifico (lo SPADI).
I Risultati: Cosa Ci Dicono i Numeri? (Spoiler: La PNF Spacca!)
Ebbene, cosa abbiamo scoperto? Tenetevi forte:
- Dolore: Entrambi i gruppi sono migliorati rispetto all’inizio (e ci mancherebbe!). Ma… il gruppo PNF ha mostrato una riduzione del dolore significativamente maggiore rispetto al gruppo di controllo (p<0.001). Questo vale sia a riposo che durante attività critiche come alzare il braccio lateralmente o pettinarsi.
- Movimento (ROM): Qui la cosa è interessante. Entrambi i gruppi hanno migliorato significativamente il movimento della spalla. Tuttavia, analizzando i singoli movimenti, la PNF ha mostrato una superiorità statisticamente significativa nel migliorare la rotazione esterna e interna (p<0.001) rispetto al gruppo di controllo. Per l'abduzione (alzare il braccio di lato), entrambi i gruppi sono migliorati, ma la differenza tra i due non è risultata così marcata (p>0.05 in alcune analisi, p<0.05 in altre, indicando forse un leggero vantaggio PNF ma meno netto).
- Funzione e Disabilità (SPADI): Anche qui, entrambi i gruppi hanno visto miglioramenti. Ma, di nuovo, il gruppo PNF ha ottenuto risultati statisticamente superiori nel ridurre la disabilità percepita e migliorare la funzione complessiva (p<0.001).

In sintesi, questo studio suggerisce che un programma di 6 settimane basato sulla PNF, applicato sia all’arto superiore che alla scapola, potrebbe essere più efficace della fisioterapia convenzionale nel ridurre il dolore e la disabilità funzionale nei pazienti con capsulite adesiva, con miglioramenti notevoli anche nel recupero del movimento, specialmente nelle rotazioni.
Perché la PNF Sembra Funzionare Meglio?
I ricercatori ipotizzano che i meccanismi dietro questo successo siano legati proprio alle caratteristiche uniche della PNF:
- Effetto Antidolorifico: La PNF potrebbe attivare meccanismi di “gate control”, bloccando i segnali di dolore a livello spinale.
- Miglioramento Neuromuscolare: Le tecniche PNF, come l'”hold-relax”, inducono un rilassamento muscolare riflesso (inibizione autogena) e migliorano l’eccitabilità neuromuscolare, permettendo un recupero più rapido del movimento.
- Approccio Funzionale: I pattern diagonali della PNF coinvolgono più muscoli in modo coordinato, mimando movimenti funzionali e migliorando il controllo motorio e la stabilità scapolare, che è fondamentale per una buona meccanica della spalla.
- Possibile Aumento del Flusso Sanguigno: Come accennato, la PNF potrebbe migliorare la circolazione locale, favorendo i processi di guarigione.
Rispetto agli esercizi più “semplici” come quelli pendolari o con la carrucola (che sono comunque utili per il dolore e la mobilità di base), la PNF offre un approccio più completo che lavora sul controllo neuromuscolare, sulla stabilità e sulla funzionalità globale.
Limiti dello Studio e Prospettive Future
Come ogni studio scientifico, anche questo ha i suoi limiti. È stato condotto in un unico centro in Bangladesh, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutte le popolazioni. I terapisti non potevano essere “ciechi” rispetto al trattamento che somministravano (anche se i valutatori lo erano). Inoltre, non c’è stato un follow-up a lungo termine per vedere se i benefici si mantengono nel tempo.
Tuttavia, i risultati sono decisamente promettenti! Indicano che la PNF è uno strumento potente nell’arsenale del fisioterapista per combattere la spalla congelata. Serviranno sicuramente altri studi, magari multicentrici e con follow-up più lunghi, per confermare questi risultati su scala più ampia e capire ancora meglio come ottimizzare l’uso della PNF.
In Conclusione
Se soffrite di spalla congelata o conoscete qualcuno che ne soffre, parlatene con il vostro medico o fisioterapista. Questo studio aggiunge un tassello importante, suggerendo che la PNF potrebbe offrire vantaggi significativi rispetto agli approcci più tradizionali, soprattutto in termini di riduzione del dolore e recupero funzionale. È una tecnica che merita attenzione e che potrebbe davvero fare la differenza nel percorso di recupero. La ricerca continua, ma i segnali sono incoraggianti!
Fonte: Springer
