Platform Workers in Cina: Assicurazione Sanitaria a Intermittenza, Ecco Perché
Ragazzi, parliamoci chiaro: il mondo del lavoro sta cambiando a una velocità pazzesca, soprattutto con l’esplosione delle piattaforme digitali. Pensate ai rider che vi portano la cena, agli autisti che vi accompagnano in giro, a chi lavora online da casa… sono i cosiddetti platform workers, una fetta enorme e in crescita della forza lavoro, specialmente in posti come la Cina.
Ma vi siete mai chiesti come se la cavano con le cose fondamentali, tipo l’assicurazione sanitaria? Ho letto uno studio recente che mi ha fatto davvero riflettere sulla loro situazione in Cina, e le cose non sono così rosee come potrebbero sembrare. Nonostante il sistema sanitario cinese copra sulla carta il 95% della popolazione, per questi lavoratori mantenere una copertura continua (quella che gli esperti chiamano CPBMI, Continuous Participation in Basic Medical Insurance) è un vero percorso a ostacoli.
Il Cuore del Problema: Precarietà e Assicurazione
Il punto è che questi lavori sono spesso caratterizzati da turni flessibili (o massacranti), contratti ambigui (se ci sono!), luoghi di lavoro che cambiano continuamente e stipendi variabili. Tutto questo non solo li espone a maggiori rischi per la salute, ma rende anche difficile avere una partecipazione stabile e continuativa all’assicurazione sanitaria di base (la BMI).
In Cina, ci sono due schemi principali: uno per i lavoratori dipendenti “formali” (UEBMI) e uno per i lavoratori informali e i residenti urbani/rurali (URRBMI). Sembrerebbe una buona cosa avere opzioni, no? Eppure, lo studio che ho analizzato (condotto su 641 platform workers cinesi) rivela una realtà preoccupante:
- Solo il 38,7% aveva una copertura assicurativa di base al momento dell’indagine.
- Ben l’85,6% ha dichiarato di aver avuto interruzioni nella copertura!
Capite bene? La stragrande maggioranza di questi lavoratori, ad un certo punto, si è trovata scoperta. E questo è un problema enorme.
Tre Profili di Lavoratori (e le Loro Difficoltà Assicurative)
La cosa affascinante di questo studio è che non si è limitato a dire “le cose vanno male”. Ha usato una tecnica statistica chiamata Latent Class Analysis (LCA) per identificare dei veri e propri “profili” o “pattern” di comportamento assicurativo legati alle caratteristiche lavorative (CPBMI-OC). E ne sono emersi tre, piuttosto sorprendenti:
Classe 1: Ricchi, con contratto… ma senza copertura continua? (13,4% del campione)
Questo gruppo è pazzesco: guadagnano bene (oltre 8000 CNY al mese, che non è poco), spesso hanno un contratto formale (69,9%) e magari si sono trasferiti con la famiglia per lavoro (64%). Eppure… il 100% di loro ha interrotto la copertura assicurativa! Sembra un controsenso, vero? Avere un buon reddito e un contratto non basta a garantire la continuità. Forse le difficoltà burocratiche legate agli spostamenti o altri fattori nascosti giocano un ruolo chiave.
Classe 2: Stabili, reddito medio… ma l’assicurazione va e viene. (30,9% del campione)
Qui troviamo lavoratori con un reddito medio (tra 4000 e 8000 CNY), una residenza stabile (non si sono spostati per lavoro) e circa la metà ha un contratto formale (53,5%). Eppure, anche qui, il tasso di interruzione è altissimo: 90,9%! Questo suggerisce che la stabilità apparente non protegge dalle interruzioni. Magari mancano informazioni, o ci sono altri ostacoli che non emergono subito.
Classe 3: Pochi soldi, nessun contratto… ma più “fedeli” all’assicurazione? (55,7% del campione)
Questo è il gruppo più numeroso e, per certi versi, il più interessante. Sono lavoratori con redditi bassi (la maggioranza sotto gli 8000 CNY), quasi nessuno ha un contratto formale (99,4%!), spesso si spostano da soli per lavoro (alta mobilità individuale) e fanno lavori più “manuali” (consegne, trasporti). Contro ogni aspettativa, questo è il gruppo con la più alta continuità nella copertura assicurativa (il 21,8% non ha avuto interruzioni). Attenzione, è comunque un tasso basso, significa che quasi l’80% ha avuto interruzioni anche qui, ma è nettamente migliore degli altri due gruppi. Come mai? Lo vediamo tra poco.
Chi Rischia di Più di Perdere la Copertura (e Chi Meno)?
Analizzando i dati, i ricercatori hanno trovato alcuni fattori associati a una maggiore probabilità di interrompere la copertura:
- Essere donne: Purtroppo, sembra che le lavoratrici abbiano più difficoltà a mantenere la copertura continua. Forse per discriminazioni sul lavoro o per priorità familiari imposte dalla società?
- Avere un’istruzione superiore: Sorprendente! Ci si aspetterebbe il contrario. Forse chi è più istruito è più consapevole dei limiti del sistema (come le difficoltà di rimborso tra regioni diverse) e sceglie di interrompere se l’assicurazione disponibile (spesso la URRBMI) non sembra valerne la pena.
- Avere una migliore salute auto-percepita: Chi si sente bene potrebbe sottovalutare l’importanza di una copertura continua.
- Avere un’assicurazione integrativa: Chi ha già una copertura supplementare (privata o piani come Huiminbao) potrebbe sentirsi meno vincolato a mantenere attiva quella di base.
- Avere un collegamento tra piattaforma e iscrizione all’assicurazione (questo fattore riduceva la probabilità di essere nella Classe 2 rispetto alla Classe 1, forse indicando una percezione negativa delle responsabilità del datore di lavoro).
Al contrario, alcuni fattori sembravano favorire la continuità (soprattutto nella Classe 3):
- Avere lo status di residente urbano (hukou urbano): Chi vive in città affronta costi sanitari potenzialmente più alti, incentivando la partecipazione all’assicurazione per ridurre il carico economico.
- Essere iscritti all’URRBMI: Ecco la chiave per la Classe 3! L’URRBMI, pur offrendo benefici minori rispetto all’UEBMI, ha premi annuali molto più bassi e sussidiati dal governo. Questo la rende l’opzione più accessibile per i lavoratori a basso reddito e senza contratto, permettendo loro di mantenere una certa continuità.
- Non avere un’assicurazione integrativa: Chi non ha altre coperture si affida di più a quella di base, come l’URRBMI, che diventa una rete di sicurezza fondamentale.
Ma Perché Succede Tutto Questo? Il Nodo della Questione
Quello che emerge da questo studio è un quadro complesso. La flessibilità offerta dal sistema assicurativo cinese (poter scegliere tra UEBMI e URRBMI) si scontra con la realtà dei platform workers.
L’UEBMI sarebbe l’opzione migliore in termini di benefici, ma è troppo costosa senza un contributo significativo del datore di lavoro, cosa che spesso manca a causa delle relazioni lavorative ambigue tipiche della gig economy.
L’URRBMI diventa quindi l’ancora di salvezza per molti, specialmente per quelli della Classe 3 (basso reddito, senza contratto, mobili). È più economica e accessibile, ma offre coperture limitate e può avere problemi con i rimborsi se ci si sposta tra regioni diverse (un problema enorme per chi è mobile!).
Inoltre, il sistema di gestione “localizzata” dell’assicurazione in Cina crea barriere significative per chi si sposta frequentemente per lavoro. Iscriversi o ottenere rimborsi fuori dalla propria area di residenza registrata può essere un incubo burocratico.
Pensateci: anche chi guadagna bene e ha un contratto (Classe 1) interrompe la copertura al 100%! Questo ci dice che non è solo una questione di soldi o di contratto formale. Ci sono problemi strutturali nel sistema che rendono difficile, se non impossibile, per questi lavoratori mantenere una protezione sanitaria continua e affidabile.
Cosa Possiamo Imparare?
Questo studio cinese ci lancia un messaggio forte, che probabilmente risuona anche in altre parti del mondo dove la gig economy è in crescita. La copertura sanitaria per i platform workers è bassa e, soprattutto, molto discontinua. Le soluzioni “taglia unica” non funzionano perché i lavoratori non sono tutti uguali: hanno redditi diversi, contratti diversi, livelli di mobilità diversi e, come abbiamo visto, pattern assicurativi diversi.
C’è un bisogno urgente di riforme. I politici dovrebbero:
- Semplificare le procedure di iscrizione e rimborso tra regioni diverse.
- Chiarire lo status legale e le responsabilità dei datori di lavoro (le piattaforme) riguardo ai contributi assicurativi (specialmente per l’UEBMI). Magari creando status di iscrizione specifici per i PWNFEs.
- Rendere i sistemi assicurativi di base (come l’URRBMI) più inclusivi e adatti alle esigenze specifiche di questa forza lavoro flessibile e mobile, magari migliorando i benefici senza aumentarne troppo i costi.
- Disegnare interventi mirati per i diversi profili di lavoratori identificati, affrontando le barriere specifiche che ciascun gruppo incontra.
Insomma, la sfida è grande. Bisogna garantire che chi lavora in queste nuove forme di impiego non sia lasciato indietro quando si tratta di un diritto fondamentale come la salute. È una questione di equità e di sostenibilità sociale per il futuro del lavoro.
Fonte: Springer