Pioggia Quotidiana: Il Termostato Segreto delle Ondate di Caldo Umido Tropicali
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta diventando sempre più scottante, in tutti i sensi: le ondate di caldo umido. Sappiamo tutti quanto possa essere opprimente l’afa, quella sensazione di calore appiccicoso che ti toglie il respiro. Ecco, immaginate questa sensazione portata all’estremo, specialmente nelle regioni tropicali e subtropicali del nostro pianeta. È un rischio crescente per la salute di uomini e animali, e sta mettendo a dura prova anche le nostre economie.
Ma cosa scatena queste ondate di caldo umido?
Mentre sappiamo abbastanza sulle ondate di calore “secco” (quelle dominate solo dall’alta temperatura), capire cosa succede quando si aggiunge un’elevata umidità è una sfida ancora aperta e urgente. Ed è qui che entra in gioco una scoperta affascinante che voglio condividere con voi: la variabilità quotidiana della pioggia gioca un ruolo da protagonista nel controllare queste ondate di caldo umido. Sembra controintuitivo, vero? Pioggia uguale fresco? Non sempre, e soprattutto non in queste zone del mondo.
Il punto cruciale, che emerge da studi recenti come quello su cui si basa questo articolo, è che l’effetto della pioggia dipende dallo “stato” in cui si trova la superficie terrestre in quel momento. Possiamo immaginarla come una spugna: a volte è assetata d’acqua, altre volte è satura e non riesce ad assorbirne più.
Due scenari opposti: Limitati dall’umidità vs. Limitati dall’energia
Pensate alle zone aride o semi-aride dei tropici. Qui, la terra è spesso secca, “assetata”. In questi ambienti, che definiamo limitati dall’umidità, un aumento delle piogge, anche leggere, può scatenare un’ondata di caldo umido. Perché? Perché l’acqua caduta evapora rapidamente dalla superficie calda, pompando umidità nell’aria già calda. L’effetto combinato fa schizzare alle stelle la percezione del calore, quella che misuriamo con un parametro chiamato temperatura di bulbo umido (Twb). Quindi, in queste zone, le ondate di afa sono più probabili durante o subito dopo piogge significative.
Ora spostiamoci nelle regioni più umide, come le foreste pluviali equatoriali. Qui, di acqua al suolo ce n’è in abbondanza. Il fattore limitante per l’evaporazione non è l’acqua, ma l’energia solare necessaria per farla evaporare. Chiamiamo questi ambienti limitati dall’energia. In queste condizioni, succede l’esatto contrario: le ondate di caldo umido sono più probabili dopo un periodo di assenza di pioggia, diciamo per due o più giorni. La mancanza di nuvole permette al sole di picchiare più forte, fornendo l’energia necessaria per far evaporare l’umidità già presente al suolo e nell’aria, portando a condizioni di afa estrema.
Capire i meccanismi: Il ruolo dell’evaporazione e non solo
Questa distinzione tra ambienti limitati dall’energia e dall’umidità è fondamentale. Per capirla meglio, gli scienziati usano indici come l’Ecosystem Limitation Index (ELI), che misura proprio quale fattore – umidità del suolo o radiazione solare – stia controllando maggiormente l’evaporazione in un dato momento e luogo.
Analizzando i dati (in particolare quelli del set di dati ERA5 e le misurazioni satellitari delle piogge GPM-IMERG), si sono potuti identificare tre “regimi” principali che legano pioggia e ondate di caldo umido nei tropici e subtropici:
- Regime 1 (Limitato dall’umidità, più probabile con Alta Pioggia): Corrisponde alle zone aride/semi-aride. Qui, la pioggia recente (nei due giorni precedenti l’ondata) è il “grilletto”. Aumenta l’umidità del suolo, l’evaporazione schizza alle stelle (flusso di calore latente), l’aria si satura di vapore acqueo. Paradossalmente, la temperatura dell’aria (quella del termometro classico) può anche diminuire leggermente, ma l’aumento dell’umidità è così forte da far impennare la Twb e la sensazione di afa.
- Regime 2 (Limitato dall’energia, più probabile con Bassa Pioggia): Tipico delle zone molto umide. Qui, serve una pausa dalle piogge. Due o più giorni senza precipitazioni significative permettono a più radiazione solare di raggiungere il suolo. Questo surplus di energia fa evaporare l’abbondante umidità già presente, aumentando sia la temperatura dell’aria che l’umidità specifica, portando a valori di Twb molto elevati.
- Regime 3 (Un caso “ibrido”): Ci sono poi zone che, pur essendo classificate come limitate dall’energia (secondo l’ELI), mostrano una sensibilità sia all’energia che all’umidità. In queste aree, le ondate di caldo umido tendono a verificarsi con livelli di pioggia vicini alla norma. Sembra che qui serva un equilibrio: un po’ di pioggia nei giorni precedenti per garantire umidità al suolo, seguito da un aumento della radiazione solare (magari per una diminuzione temporanea della nuvolosità) per fornire l’energia necessaria all’evaporazione.
Ondate Estreme: Stessa afa, percorsi diversi
La cosa interessante è che, quando andiamo a vedere le ondate di caldo umido *più estreme* (quelle con i valori di Twb più alti in assoluto), le condizioni finali raggiunte sono simili tra i tre regimi, spesso attestandosi su valori medi giornalieri di Twb tra 27°C e 28°C (ricordiamo che già sopra i 31°C la situazione diventa critica per la salute, e il limite teorico di sopravvivenza è intorno ai 35°C di Twb).
Tuttavia, il *percorso* per arrivare a quell’estremo è molto diverso:
- Nel Regime 1 (secco), si parte da un clima caldo ma arido. Serve un enorme aumento dell’umidità relativa per raggiungere l’afa estrema.
- Nel Regime 2 (umido), si parte da un clima già umido ma più fresco. Qui serve un forte aumento della temperatura, accompagnato da un ulteriore aumento dell’umidità, per toccare i picchi.
Questo significa che la natura della minaccia per la salute cambia a seconda della regione. Le popolazioni potrebbero essere adattate diversamente a estremi di temperatura o di umidità, e la loro vulnerabilità potrebbe dipendere dal fatto che l’evento sia estremo in termini assoluti (valori di Twb altissimi) o anomali (un grande scostamento dalla norma locale).
Perché tutto questo è importante? Sistemi di allerta e futuro
Capire questi meccanismi è fondamentale per diverse ragioni. Innanzitutto, ci aiuta a migliorare i sistemi di allerta precoce. Sapere che in certe regioni un’ondata di afa è probabile dopo la pioggia, e in altre dopo un periodo secco, permette di prevedere questi eventi con maggiore anticipo. E la buona notizia è che possiamo monitorare pioggia e umidità del suolo usando i dati satellitari, strumenti preziosissimi soprattutto in aree con poche stazioni meteo a terra.
Certo, la ricerca non si ferma qui. Bisogna considerare le limitazioni dei modelli e dei dati (come ERA5), studiare meglio i processi che avvengono su scale temporali più brevi (orarie, non solo giornaliere), e capire come fattori climatici su larga scala (come El Niño – ENSO) predispongano certe aree a queste ondate.
E poi c’è il grande tema dei cambiamenti climatici. Le proiezioni indicano che molte regioni potrebbero passare da uno stato limitato dall’energia a uno limitato dall’umidità. Questo, unito ai cambiamenti previsti nei regimi delle piogge, rende la risposta futura delle ondate di caldo umido al riscaldamento globale particolarmente complessa e variabile da regione a regione.
Insomma, la prossima volta che sentirete parlare di afa tropicale, pensate a questo legame sorprendente con la pioggia. Non è solo una questione di sole cocente, ma un delicato (e pericoloso) equilibrio tra energia, acqua e i processi che avvengono proprio sotto i nostri piedi e nell’aria che respiriamo. Capirlo meglio è un passo cruciale per proteggerci da un futuro sempre più caldo e umido.
Fonte: Springer