Immagine suggestiva di un serpente stilizzato la cui testa brilla di una luce simile a un diamante, ambientato in un paesaggio sudafricano al tramonto, stile fotorealistico ma evocativo, obiettivo 35mm, profondità di campo.

Le Pietre del Drago Africano: Vi Racconto i Miti sui Serpenti e l’Origine dei Diamanti in Sudafrica

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, tra miti antichi, serpenti misteriosi e… diamanti! Sì, avete capito bene. Parleremo di come, in Sudafrica, alcune culture indigene abbiano legato queste creature enigmatiche alla nascita delle pietre più preziose del mondo. Una storia incredibile che mescola geologia, folklore e un pizzico di paleontologia. Pronti a scoprire le “Pietre del Drago Africano”?

Normalmente, quando pensiamo a miti di serpenti o draghi che custodiscono tesori o portano gemme sulla testa, la nostra mente vola verso l’Eurasia o magari il Nord Africa. È raro trovare storie simili nell’Africa subsahariana. Eppure, grazie a delle note dimenticate, oggi abbiamo la prova che almeno due culture sudafricane, gli IsiXhosa e i San, avevano i loro “geomiti” (miti che spiegano fenomeni geologici) sui serpenti creatori di diamanti. Immaginatevi la scena: serpenti maestosi con una gemma scintillante incastonata sulla fronte! Queste leggende potrebbero addirittura aver alimentato la famosa corsa ai diamanti nel sud dell’Africa alla fine dell’Ottocento.

Un Tesoro Nascosto negli Appunti di un Naturalista

La nostra storia inizia grazie a un personaggio quasi da romanzo: Alfred ‘Gogga’ Brown (1834–1920). Un “eremita-naturalista” che viveva ad Aliwal North, nell’allora Colonia del Capo. Brown era un pioniere della paleontologia sudafricana, appassionato di rettili, sia fossili che moderni. Tra il 1867 e il 1920, riempì ben 21 volumi di appunti scritti a mano! Non solo osservazioni scientifiche su meteo, geologia, paleontologia, ma anche corrispondenze con le menti più brillanti del suo tempo e, cosa fondamentale per noi, racconti di folklore locale.

Questi quaderni, oggi conservati all’Iziko Museum of Natural History di Cape Town, sono una miniera d’oro. Hanno permesso scoperte recenti in campi diversissimi, dalla geomiologia alla paleoantropologia. E fu proprio nel 1871 che Brown dedicò due pagine a questi incredibili geomiti sudafricani sui serpenti e i diamanti. Pensate, queste note rappresentano la più antica testimonianza scritta di questi miti in Africa! Prima di questo, i racconti più vecchi risalivano solo agli anni ’20 del Novecento.

I Racconti dei Serpenti Diamantiferi

Brown riporta tre versioni principali di questo mito, tutte presentate come tentativi di spiegare l’origine dei diamanti, la cui scoperta stava scatenando vere e proprie “febbre dell’oro” (anzi, del diamante!) in quel periodo. Vediamole insieme:

  • Il Serpente Creatore (dal Free State): Un amico di Brown, un certo J.D. Lindsay Lenr. del Free State, gli raccontò una storia sentita da un vecchio schiavo della Colonia. Secondo questo racconto, esisteva un tempo una “razza” di serpenti che dominava l’Africa. Nella fronte di questi serpenti si formava una sostanza compatta e brillante come una stella. Poi, a causa di un cataclisma (caldo o freddo estremo), questi serpenti furono spazzati via, e la sostanza brillante si trasformò in pietra: il diamante! L’informatore aggiungeva che serpenti simili (della stessa “specie”) esistevano ancora sulla costa occidentale dell’Africa, venerati e temuti dalle popolazioni locali. Brown accenna a una “questione Zulu”, il che fa pensare che l’origine di questa versione potesse essere legata al popolo IsiZulu.
  • Il “Diamond Slang” degli IsiXhosa: La seconda versione parla del “Diamond Slang” (slang significa serpente in Afrikaans). Questo serpente portava un diamante sulla fronte. L’informatore è indicato come un “Amakosa”, cioè un membro della nazione IsiXhosa. Brown usa anche il termine “fingoes”, probabilmente in modo dispregiativo per riferirsi a popolazioni di origine Nguni, ma se si riferisse davvero al popolo amaMfengu, ciò supporterebbe l’ipotesi che il mito esistesse anche nel Kwazulu-Natal. Questi “fingoes”, portati via dagli Amakosa nel 1835, affermavano di aver visto grandi serpenti nell’interno con punti luminosi sulla fronte, e di venerarli.
  • Il “Col Slang” dei San e la Pietra Magica: La terza versione proviene da un “Hottentot”, termine obsoleto che poteva indicare i pastori Khoikhoi o i cacciatori-raccoglitori San. Dato che Brown viveva vicino ad aree popolate dai /Xam (un gruppo San), è probabile che l’informatore fosse San. Questo mito riguarda un serpente notturno chiamato “Col Slang”, nero con macchie bianche sulla testa, non velenoso, con una testa larga e piatta. Si diceva che portasse sulla testa una pietra luminosa, grande tra un pisello e un fagiolo, che usava come lanterna. La cosa curiosa? Il serpente si toglieva la pietra per bere e la rimetteva dopo. Se attaccato, la ingoiava. L’unico modo per prenderla era sorprenderlo mentre beveva. L’informatore San raccontò a Brown di possedere due di queste pietre, una angolare e una a forma di mezzaluna, e si rifiutò di venderle perché contenevano “grandi virtù”. Disse di averle ottenute sparando ai serpenti vicino all’acqua. È probabile che queste “pietre” non fossero diamanti, ma magari agate levigate dall’acqua, comuni lungo i fiumi Orange e Caledon.

Un primo piano macro di un diamante grezzo scintillante appoggiato su una roccia scura, illuminazione controllata per evidenziare le inclusioni, lente macro 100mm, alta definizione.

Echi Eurasici e Radici Locali

È affascinante notare come questi miti sudafricani ricordino le credenze europee sulle “Pietre del Drago” (Draconites), gemme che si diceva potessero essere estratte dalla testa dei draghi. In Europa, queste pietre, come le “Pietre di Serpente”, erano usate come antidoti contro i veleni. Anche la pietra del “Col Slang” sudafricano, come abbiamo visto, possedeva “grandi virtù”, probabilmente curative o portafortuna, un tema ricorrente anche in versioni successive del mito raccolte tra i Khoisan.

Questa somiglianza potrebbe far pensare a un’influenza europea. Tuttavia, è più probabile che miti su un Serpente d’Acqua (Watersnake) con una macchia brillante o una stella sulla fronte esistessero già prima dell’arrivo dei coloni. Lo suggerisce l’ampia diffusione geografica e culturale di questo motivo tra diverse popolazioni (Nama, Khoikhoi, !Korana, /Xam, Hai||om, Griqua, Herero, Damara, IsiXhosa, e forse IsiZulu/amaMfengu) in Namibia, Botswana e Sudafrica. Inoltre, esiste un’interpretazione di un’antica pittura rupestre a Fouriesburg (Sudafrica) che mostrerebbe proprio un serpente con una stella, forse una rappresentazione pittorica del mito, databile a prima del 1860, quindi ancora più antica delle note di Brown!

Certo, è innegabile che elementi occidentali si siano poi mescolati. Il motivo specifico del diamante potrebbe essere stato aggiunto proprio durante le corse ai diamanti di fine ‘800, come modo per dare un senso a quella scoperta improvvisa e ricchissima. Interessante notare come, nel XX secolo, il motivo del diamante sia quasi scomparso, tornando a parlare di pietre generiche, luci o stelle, per poi riapparire occasionalmente, ma con una svolta: in alcune versioni più tarde, è il serpente ad acquisire il diamante da un minatore, invertendo la logica originale!

Fotografia di un serpente africano non velenoso (come un serpente domestico marrone) tra le rocce in un paesaggio arido sudafricano, teleobiettivo 200mm, luce naturale del tardo pomeriggio, messa a fuoco precisa sul serpente.

E se fossero Fossili? Un’Ipotesi Alternativa

Ma la storia non finisce qui. C’è un’altra interpretazione, proposta dalla studiosa Adrienne Mayor. Lei suggerisce che storie simili, come quelle dei draghi portatori di gemme in India, potrebbero essere state ispirate dalla scoperta di fossili. Immaginatevi teschi fossili la cui cavità cranica si è riempita di cristalli brillanti, come la calcite. Il Sudafrica è ricchissimo di fossili – lo stesso Alfred Brown ne era un grande scopritore! E sì, esistono fossili con cristalli al loro interno, persino nel famoso cranio del Bambino di Taung (Australopithecus africanus).

Questa idea è intrigante. Ricordate la prima versione del mito riportata da Brown? Parlava di una specie di serpente estinta. E sappiamo che per alcuni gruppi San, il Serpente d’Acqua era considerato una creatura del passato. Potrebbe essere che la scoperta di fossili abbia ispirato o rafforzato queste credenze? Sappiamo che le comunità locali del Karoo hanno una conoscenza indigena dei fossili. Un racconto Nama del 1987 parla di una vertebra di “Grande Serpente” così pesante da non poter essere sollevata… forse una vertebra fossile?

Quindi, questi miti sui serpenti e i diamanti sono chiaramente “geomiti” legati alla scoperta delle gemme, nati nel contesto delle corse ai diamanti. Ma l’ipotesi che possano avere anche (o alternativamente) radici nella scoperta di fossili è affascinante, perché aprirebbe un’ulteriore finestra sulla “paleontologia indigena” del Sudafrica.

Fotografia macro di un fossile di cranio parzialmente esposto nel terreno, con cristalli di calcite visibili all'interno della cavità cranica, lente macro 90mm, luce laterale per creare ombre e dettaglio, alta definizione.

Insomma, le Pietre del Drago Africano ci mostrano come le culture umane cerchino spiegazioni per i misteri del mondo naturale, intrecciando osservazione, folklore e, forse, anche antiche scoperte paleontologiche. Un patrimonio di storie che meritava di essere riscoperto e raccontato!

Fonte: Springer

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