Fiumi Sotto Stress: Le Piene Improvvise Trasportano Gran Parte dell’Inquinamento Annuo!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero colpito, riguardante la salute dei nostri fiumi. Spesso pensiamo all’inquinamento come a un flusso costante, magari legato agli scarichi industriali o all’agricoltura. Ma vi siete mai chiesti cosa succede quando il fiume si “arrabbia”, quando le sue acque si gonfiano a dismisura dopo giorni di pioggia intensa? Beh, ho scoperto qualcosa di affascinante e un po’ preoccupante studiando una ricerca condotta sui fiumi della Nuova Zelanda.
Il Flusso Nascosto dell’Inquinamento
Immaginate un fiume che scorre tranquillo per la maggior parte dell’anno. Raccogliamo campioni d’acqua regolarmente, magari una volta al mese, per controllarne la qualità. Misuriamo nutrienti come l’azoto (N) e il fosforo (P), che in eccesso possono causare la crescita smodata di alghe, e batteri come l’Escherichia coli (E. coli), un indicatore di contaminazione fecale. Tutto sembra più o meno sotto controllo.
Poi, arriva la piena. Giorni di pioggia battente, magari lo scioglimento improvviso della neve. Il fiume si trasforma in un torrente impetuoso, l’acqua diventa torbida. Cosa succede in quei momenti? Lo studio neozelandese ha analizzato dati raccolti per ben 15 anni su centinaia di siti (da 310 a 325, a seconda dell’inquinante) e i risultati sono stati sorprendenti. Hanno scoperto che una porzione enorme del carico inquinante annuale – parliamo di nitrato-azoto, azoto totale, fosforo totale ed E. coli – viene trasportata proprio durante questi eventi di piena, definiti come i giorni in cui la portata del fiume è nel 10% più alto dei valori registrati (il 90° percentile, per i tecnici).
Pensate un po’: questi eventi, che magari durano solo pochi giorni all’anno, sono responsabili di una fetta che va dal 51% al 74% del trasporto totale annuo di questi contaminanti, basandosi sui dati mensili a lungo termine! Hanno anche usato dati ad altissima frequenza (ogni 30 minuti!) su 24 siti per avere un quadro ancora più preciso, e anche lì i numeri sono importanti: il 48% del nitrato-azoto e il 63% del fosforo totale viaggiano durante le piene.
Perché le Piene sono così Impattanti?
Ma come mai succede questo? È abbastanza intuitivo se ci pensiamo. Durante le piene, l’acqua che scorre via trascina con sé tutto quello che trova sul suo cammino.
- Dilavamento dei terreni: Soprattutto nelle aree agricole, la pioggia intensa lava via fertilizzanti, pesticidi e deiezioni animali accumulate sul suolo.
- Erosione: La forza dell’acqua erode le sponde e il letto del fiume, trasportando sedimenti a cui spesso sono legati inquinanti come il fosforo.
- Drenaggio artificiale: In molte aree agricole, i sistemi di drenaggio accelerano il deflusso dell’acqua (e degli inquinanti) verso i fiumi durante le piogge.
- Pendenza: Bacini con pendenze elevate tendono ad avere risposte idrologiche più “veloci” e intense (flashy hydrology), amplificando il fenomeno.
Al contrario, in aree con terreni molto porosi (come quelli vulcanici presenti in alcune zone della Nuova Zelanda) o con molta vegetazione nativa, l’acqua tende a infiltrarsi di più nel sottosuolo, stabilizzando i flussi e riducendo il contributo delle piene al trasporto di inquinanti. Lo studio ha infatti notato percentuali più basse in queste aree.
Il Problema del Monitoraggio: Vediamo Davvero Tutto?
Qui arriva un punto cruciale. Se gran parte dell’inquinamento passa in pochi, intensi eventi, siamo sicuri che il nostro campionamento mensile riesca a catturare la reale entità del problema? Lo studio ha confrontato le stime del carico inquinante annuale ottenute dai dati mensili con quelle (considerate più vicine alla realtà, la “true yield”) derivate dai dati ad alta frequenza. Il risultato? L’incertezza media nella stima basata su campioni mensili è del 29% per il nitrato-azoto e addirittura del 52% per il fosforo totale!
Questa è un’incertezza enorme! Pensate alle politiche ambientali: spesso si fissano obiettivi di riduzione dell’inquinamento, magari del 10%, 20% o 30% in un certo numero di anni. Ma se il nostro metodo di misurazione ha un’incertezza intrinseca così alta, come possiamo sapere se stiamo davvero raggiungendo quegli obiettivi? Rischiamo di non vedere i miglioramenti reali o, peggio, di pensare che le cose vadano bene quando non è così.
Lo studio suggerisce che per ridurre l’incertezza sotto il 10%, sarebbe necessario un campionamento giornaliero, specialmente nei bacini con un’alta percentuale di terreni agricoli, dove il fenomeno delle piene è più marcato.
Mappe Interattive e Monitoraggio Intelligente
Una delle cose più interessanti prodotte da questa ricerca è una mappa interattiva della Nuova Zelanda. Questa mappa non solo mostra i carichi inquinanti nei siti monitorati, ma predice anche, per tutti i fiumi di una certa dimensione (ordine 4 o superiore), la percentuale del carico annuo totale che è probabilmente associata agli eventi di piena. Questo è uno strumento potentissimo! Permette a chi gestisce le risorse idriche di capire *dove* le piene sono un fattore critico e, quindi, dove concentrare gli sforzi di mitigazione (ad esempio, creando fasce tampone lungo i fiumi, bacini di sedimentazione) e dove intensificare il monitoraggio.
Non si tratta di mettere sensori ad alta frequenza ovunque – sarebbe costosissimo e forse non necessario. Ma grazie a queste mappe, si può adottare un approccio più mirato: potenziare il monitoraggio, magari passando a campionamenti più frequenti o installando sensori automatici, proprio in quei bacini identificati come più vulnerabili al trasporto di inquinanti durante le piene.
Cosa Possiamo Imparare?
Questa ricerca neozelandese, secondo me, ci lancia un messaggio importante che va oltre i confini di quel paese. Ci dice che per capire e gestire davvero l’inquinamento dei nostri fiumi, dobbiamo guardare oltre la media. Dobbiamo prestare attenzione agli eventi estremi, a quelle piene improvvise che, in pochi giorni, possono trasportare una quantità enorme di sostanze indesiderate.
Il monitoraggio “standard”, basato su campionamenti poco frequenti, rischia di darci un quadro incompleto e potenzialmente fuorviante. Se vogliamo proteggere efficacemente i nostri corsi d’acqua e verificare l’efficacia delle misure che adottiamo, dobbiamo ripensare le nostre strategie di monitoraggio, rendendole più intelligenti e, dove serve, più intense. Solo così potremo avere la certezza di lavorare nella giusta direzione per fiumi più sani e puliti.
Insomma, la prossima volta che vedrete un fiume in piena, pensate non solo alla forza della natura, ma anche a quel “carico nascosto” che sta trasportando verso valle. È un aspetto fondamentale per la salute dei nostri ecosistemi acquatici.
Fonte: Springer