Piccola Pesca, Grandi Sogni: Come i Pescatori Kenioti Stanno Ridisegnando lo Sviluppo Sostenibile
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante lungo le coste del Kenya, per parlare di qualcosa che spesso passa inosservato ma che ha un impatto enorme sulla vita di milioni di persone e sul futuro del nostro pianeta: la piccola pesca artigianale (Small-Scale Fisheries – SSFs). Vi siete mai chiesti quale ruolo possano giocare questi piccoli pescatori nel grande schema degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) che le Nazioni Unite si sono prefissate di raggiungere entro il 2030? Beh, preparatevi a rimanere sorpresi!
Spesso, quando pensiamo alla pesca, ci vengono in mente grandi pescherecci industriali. Ma la realtà, soprattutto nei paesi costieri in via di sviluppo come il Kenya, è fatta in gran parte di pescatori artigianali. Parliamo di uomini e donne che usano piccole imbarcazioni, a volte addirittura pescano a piedi vicino alla riva, usando tecniche tradizionali tramandate di generazione in generazione. Queste attività non sono solo un lavoro, ma rappresentano il cuore pulsante delle economie locali, offrendo cibo nutriente e a buon mercato, occupazione e sostenendo culture millenarie.
La Realtà Kenyota: Un Mosaico Vitale
Lungo la costa keniota, la pesca è linfa vitale. Pensate che questo settore supporta direttamente pescatori, commercianti, trasformatori – e qui le donne giocano un ruolo chiave, spesso dominando la fase post-raccolta. Le SSFs keniote, con le loro pratiche tradizionali, generano circa 7.95 milioni di dollari all’anno e rappresentano l’80% delle catture costiere totali (parliamo di 24.000 tonnellate!). Coinvolgono oltre 14.000 pescatori con più di 3.000 piccole imbarcazioni sparse in 213 punti di sbarco. Per l’80% delle famiglie rurali costiere, la pesca significa reddito e proteine animali.
Questi pescatori operano principalmente nelle acque costiere, tra barriere coralline, mangrovie e praterie di posidonia. Le catture fluttuano molto, con picchi tra gennaio e marzo, durante il monsone di nord-est. Nonostante la loro importanza cruciale, c’è una cronica mancanza di dati e informazioni dettagliate sulle SSFs. La loro diversità, la complessità delle strutture sociali e spaziali, l’accesso spesso libero alle risorse rendono difficile valutarle e, di conseguenza, inserirle adeguatamente nelle politiche nazionali. Spesso, vengono viste più come un problema di sostenibilità che come una risorsa preziosa.
Gli SDGs e la Sfida della Piccola Pesca
Nel 2015, il mondo si è dato 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) da raggiungere entro il 2030. Salute, benessere, uguaglianza di genere, ambiente, giustizia… un’agenda ambiziosa. Ma a che punto siamo? Il rapporto 2023 ci dice che siamo in ritardo sulla tabella di marcia globale. Il Kenya, in particolare, si colloca al 123° posto su 166 paesi valutati. Sebbene stia facendo progressi su alcuni obiettivi (come il 12 – Consumo e Produzione Responsabili e il 13 – Azione per il Clima), arranca su molti altri, inclusi quelli fondamentali come SDG 1 (Sconfiggere la Povertà) e SDG 2 (Sconfiggere la Fame).
E qui entra in gioco la piccola pesca. L’obiettivo SDG 14.b mira esplicitamente a “Fornire l’accesso alle risorse marine e ai mercati ai pescatori artigianali su piccola scala”. È un riconoscimento importante, perché le SSFs hanno un potenziale enorme per contribuire a molti più obiettivi rispetto alla pesca industriale su larga scala. Come abbiamo visto, forniscono cibo (SDG 2), reddito (SDG 1) e impiegano più donne (SDG 5). Eppure, troppo spesso vengono ignorate nelle discussioni sugli SDGs.
Colmare il Vuoto: Uno Studio Approfondito in Kenya
Proprio per far luce su questo potenziale nascosto e affrontare la carenza di dati, è nato il progetto Fish2Sustainability (F2S). L’obiettivo? Valutare il contributo di diverse attività di piccola pesca in Kenya agli SDGs. E per farlo, abbiamo utilizzato un quadro metodologico innovativo, sviluppato da Bitoun et al. (2023), che ci permette di analizzare in modo strutturato e standardizzato le molteplici sfaccettature di questo legame.
Abbiamo preso in esame dieci diverse tipologie di pesca rappresentative della costa keniota: quella al pesce gatto d’estuario, con le nasse, al polpo, con reti da posta, all’aragosta, con lenze a mano, con reti a circuizione (ring net), ai gamberetti, al cetriolo di mare e ai piccoli pelagici. La scelta si è basata sulla loro importanza economica, sulla localizzazione e sulla scala.
Come abbiamo raccolto i dati? Attraverso un approccio multi-stakeholder e metodi misti. Abbiamo coinvolto esperti, comunità locali, pescatori, ONG, scienziati, amministratori della pesca e decisori politici. L’idea era di mettere insieme le conoscenze di tutti per avere un quadro il più completo possibile. Il cuore del metodo è stato un processo di “expert elicitation”: abbiamo chiesto agli esperti di valutare 43 variabili collegate a 32 target specifici di 12 SDGs, usando una scala da 1 (situazione meno desiderabile) a 5 (situazione più desiderabile).
Cosa Abbiamo Scoperto? Luci e Ombre della Piccola Pesca Kenyota
I risultati sono stati incredibilmente variegati, un vero mosaico di contributi. Vi do qualche assaggio:
- Performance Stellari: La pesca ai piccoli pelagici e quella ai gamberetti sono emerse come le più performanti in generale, mostrando contributi positivi su un numero maggiore di SDGs. La pesca ai piccoli pelagici, ad esempio, brilla negli obiettivi legati alla povertà (SDG 1), alla fame (SDG 2), all’uguaglianza di genere (SDG 5) e alla riduzione delle disuguaglianze (SDG 10). Questo ha senso, dato che fornisce pesce nutriente e accessibile e coinvolge molte donne nella filiera post-raccolta. La pesca ai gamberetti eccelle soprattutto per la salute e il benessere (SDG 3) e per il consumo responsabile (SDG 12).
- Performance Miste: Altre attività, come la pesca con le nasse (una pratica tradizionale molto diffusa e sostenibile) e quella al cetriolo di mare (importante per l’export), mostrano buoni risultati su alcuni fronti (es. SDG 1, 3, 12 per le nasse; SDG 10, 11 per il cetriolo di mare) ma meno su altri. La pesca all’aragosta, pur essendo economicamente rilevante (SDG 10), mostra contributi molto disomogenei, con punteggi bassissimi per l’uguaglianza di genere (SDG 5).
- Sfide Maggiori: La pesca con lenze a mano e quella al polpo sembrano contribuire meno agli SDGs in generale. Questo potrebbe dipendere da fattori come la stagionalità, risorse finanziarie limitate, accesso ai mercati e prezzi bassi.
Analizzando le variabili specifiche, abbiamo notato alcuni pattern interessanti. Ad esempio, gli aspetti legati alla salute degli ecosistemi (SDG 14) e alla gestione della pesca spesso ottengono punteggi bassi, indicando sfide nella sostenibilità ambientale e nella regolamentazione. Al contrario, l’impatto degli attrezzi da pesca sull’ambiente è spesso valutato positivamente, suggerendo l’uso di tecniche a basso impatto.
Un altro punto cruciale è la dinamica di genere (SDG 5). Sebbene il coinvolgimento degli uomini sia costantemente alto, quello delle donne varia molto. In alcune pesche (come quella con reti da posta, ai piccoli pelagici, al cetriolo di mare) le donne sono molto coinvolte e hanno accesso alle risorse, ma la loro partecipazione ai processi decisionali è ancora limitata in molti casi. Esistono anche strutture di potere, come quella legata alla proprietà delle imbarcazioni (principalmente maschile), che possono creare dipendenza e ostacolare la crescita economica (SDG 8).
Guardando al Quadro Generale: Il Contributo Complessivo
Mettendo insieme i dati di tutte le dieci attività studiate, emerge un quadro incoraggiante ma con ampi margini di miglioramento. Le SSFs keniote mostrano un forte contributo complessivo verso diversi SDGs, in particolare:
- SDG 1 (Sconfiggere la Povertà): Quasi tutte le attività contribuiscono significativamente, confermando il ruolo chiave della pesca nel fornire reddito.
- SDG 3 (Salute e Benessere): Molte attività mostrano buoni risultati.
- SDG 10 (Ridurre le Disuguaglianze): Contributi notevoli, soprattutto per l’aumento del reddito sopra la soglia di povertà.
- SDG 12 (Consumo e Produzione Responsabili): Buone performance grazie a basso spreco, sistemi di commercializzazione locale efficaci e attrezzi selettivi.
- SDG 16 (Pace, Giustizia e Istituzioni Solide): Contributi elevati, forse grazie ai forti legami sociali nelle comunità di pescatori che facilitano l’implementazione di regole comuni.
I contributi sono moderati per SDG 2 (Fame Zero), SDG 5 (Uguaglianza di Genere), SDG 11 (Città e Comunità Sostenibili) e SDG 14 (Vita Sott’acqua). Qui c’è chiaramente spazio per migliorare. Ad esempio, il fatto che alcune pesche contribuiscano più a SDG 1 che a SDG 2 potrebbe indicare che il pesce di maggior valore viene venduto per ottenere reddito piuttosto che consumato direttamente, un trade-off comune.
Dove invece arranchiamo di più è su SDG 9 (Industria, Innovazione e Infrastrutture) e SDG 17 (Partnership per gli Obiettivi). Questo non sorprende: la piccola pesca è spesso caratterizzata da bassi investimenti in tecnologia e infrastrutture. Inoltre, l’accesso ai mercati internazionali è limitato per la maggior parte dei prodotti (con eccezioni come cetrioli di mare, aragoste e polpi), e la mobilitazione di risorse finanziarie esterne (prestiti, investimenti) per il settore è scarsa.
Riflessioni Finali e Prossimi Passi
Questo studio, il primo nel suo genere in Kenya a usare questo approccio, ci offre una diagnosi preziosa. Ci mostra che la piccola pesca non è solo un settore economico, ma un vero motore potenziale per lo sviluppo sostenibile, capace di toccare molteplici dimensioni del benessere umano e ambientale.
Certo, ci sono dei limiti. La percezione degli stakeholder può essere influenzata da vari fattori, la complessità degli SDGs non è sempre facile da comunicare, e alcuni dati sono sensibili. Inoltre, valutare rispetto a standard globali potrebbe non catturare appieno le realtà locali. Il nostro strumento di valutazione può e deve essere ulteriormente affinato e adattato ai contesti specifici.
Ma il messaggio chiave è chiaro: le SSFs keniote sono una risorsa fondamentale per raggiungere gli SDGs. Per sbloccare appieno questo potenziale, però, servono azioni concrete:
- Migliorare la raccolta dati e la condivisione delle informazioni.
- Riconoscere e supportare il ruolo delle SSFs nelle politiche nazionali.
- Potenziare l’accesso ai mercati, anche quelli internazionali, garantendo standard equi.
- Investire in infrastrutture e tecnologie appropriate.
- Promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne lungo tutta la filiera.
- Aumentare la consapevolezza sugli SDGs tra gli attori della pesca.
- Rafforzare la gestione sostenibile delle risorse ittiche (SDG 14), che è la base di tutto.
Il nostro viaggio tra i pescatori kenioti ci insegna che le soluzioni per le grandi sfide globali possono trovarsi anche nelle realtà più piccole e locali. Sostenere la piccola pesca significa investire non solo in economie più resilienti e società più eque, ma anche nella salute del nostro oceano. È una sfida complessa, ma i “grandi sogni” che nascono dalle piccole barche keniote meritano tutto il nostro supporto.
Fonte: Springer