Immagine fotorealistica di diverse piante medicinali africane (foglie verdi brillanti, cortecce scure e radici nodose) artisticamente disposte su una superficie di legno antico e scuro. La scena è illuminata da una luce naturale morbida che filtra da una finestra laterale, creando ombre delicate. Obiettivo macro 90mm, alta definizione delle texture delle piante, messa a fuoco selettiva su una foglia particolare, atmosfera calda, terrosa e leggermente misteriosa che evoca la medicina tradizionale.

Tubercolosi in Congo: Le Piante Segrete dei Guaritori Tradizionali Svelano il Loro Potere (e i Loro Rischi)

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, nel cuore dell’Africa, precisamente a Lubumbashi, nella Repubblica Democratica del Congo. Parleremo di un nemico subdolo e ancora troppo diffuso: la tubercolosi (TB). Pensate che nel 2024 è stata la malattia infettiva più letale al mondo! E la RD Congo è uno degli otto paesi che, da soli, contano circa due terzi dei casi globali. Un problema enorme, aggravato dalla difficoltà di accesso alle cure mediche moderne e ai farmaci antitubercolari.

Ma qui entra in gioco qualcosa di antico e potente: la medicina tradizionale. Sapete, l’80% della popolazione mondiale si affida ancora, in qualche misura, a queste pratiche. E in Africa, dove le risorse sanitarie sono spesso scarse, le piante medicinali sono una risorsa fondamentale. Proprio per questo, mi sono immerso in uno studio incredibile che ha cercato di capire quali piante usano i guaritori tradizionali del Katanga (la regione di Lubumbashi) contro la tubercolosi e le malattie respiratorie.

La Ricerca sul Campo: A Caccia di Saperi Ancestrali

Immaginatevi di andare a parlare con i depositari di questa conoscenza: i guaritori tradizionali. Non è stato facile trovarli, non esiste un elenco aggiornato! Abbiamo usato una tecnica chiamata “campionamento a palla di neve”: inizi con qualcuno e poi chiedi a lui di indicarti altri colleghi. Un passaparola prezioso.

Abbiamo intervistato 47 persone, per lo più uomini (quasi il 90%!), con un’età media intorno ai 48 anni. La cosa affascinante è che la maggior parte di loro (l’87%) ha imparato l’arte della guarigione tramandandola di generazione in generazione, all’interno della famiglia. Un sapere che si trasmette come un’eredità preziosa. Appartenevano a diverse etnie, con i Luba come gruppo più rappresentato.

Cosa abbiamo scoperto? Un vero tesoro botanico! Sono state registrate 47 specie di piante utilizzate per trattare la TB e problemi respiratori, e siamo riusciti a raccoglierne e identificarne scientificamente 38, appartenenti a 23 famiglie botaniche diverse. La famiglia più gettonata? Le Fabaceae (le leguminose, per intenderci), con ben il 16% delle specie.

Le Piante della Tradizione: Nomi, Parti Usate e Preparazioni

Durante le interviste, abbiamo raccolto informazioni dettagliate:

  • Nomi locali delle piante
  • Parti utilizzate (foglie, radici, corteccia…)
  • Metodi di preparazione (decotti, macerazioni…)
  • Vie di somministrazione (orale, inalazione…)
  • Altre malattie trattate con le stesse piante

Le parti più usate sono risultate le foglie (fresche o secche, 44%), seguite dalle radici (32,6%) e dai fusti/cortecce (22,4%). Il metodo di preparazione preferito è il decotto (oltre il 60%), che consiste nel far bollire la pianta in acqua. La via di somministrazione principale? Quella orale (80%). Curiosità: a volte aggiungono sale, come nel caso di Phyllanthus muellerianus e Albizia adianthifolia.

Tra le piante più citate dai guaritori ci sono state:

  • Piliostigma thonningii
  • Pavetta Schamunniana
  • Diplorhynchus condylocarpon
  • Albizia adianthifolia

È interessante notare che queste piante non vengono usate solo per la tubercolosi, ma anche per un sacco di altri disturbi: problemi digestivi, urogenitali, metabolici… Questo ci dice quanto sia versatile la farmacia della natura!

Ritratto fotografico di un guaritore tradizionale anziano del Congo, forse del gruppo etnico Luba, seduto all'ombra di un albero. Indossa abiti tradizionali colorati e tiene in mano un fascio di erbe medicinali essiccate. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo della vegetazione lussureggiante, luce naturale calda del tardo pomeriggio, espressione saggia e serena, toni duotone seppia e ocra.

Dalla Tradizione al Laboratorio: La Prova Scientifica

Ok, la tradizione è affascinante, ma la scienza vuole vederci chiaro. Funzionano davvero queste piante contro il batterio della tubercolosi (o meglio, contro i suoi “cugini” usati nei test di laboratorio)? Abbiamo preso 17 delle piante raccolte e preparato degli estratti, principalmente usando metanolo (un solvente che estrae molti composti).

Il primo test è stato fatto su un micobatterio non patogeno, il Mycobacterium smegmatis, più facile e sicuro da maneggiare. Ebbene, 11 estratti su 17 hanno mostrato attività, cioè hanno inibito la crescita di questo batterio a concentrazioni variabili (da 13 a 250 microgrammi per millilitro, µg/mL).

I tre estratti più potenti contro M. smegmatis sono stati quelli di:

  • Zanthoxylum chalybeum (radici del fusto): MIC (Concentrazione Minima Inibente) di soli 13 µg/mL!
  • Parinari curatellifolia (foglie): MIC di 54 µg/mL.
  • Terminalia mollis: MIC di 89 µg/mL.

Questi 11 estratti promettenti sono stati poi testati su un micobatterio più “vicino” a quello della TB umana, il Mycobacterium bovis BCG (quello usato anche per il vaccino). Qui, 6 estratti hanno confermato la loro attività. I più efficaci sono stati ancora una volta Zanthoxylum chalybeum e Parinari curatellifolia, con una MIC99 (la concentrazione che inibisce il 99% della crescita) intorno a 62.5 µg/mL.

Il Rovescio della Medaglia: La Citotossicità

C’è un “ma”, ed è importante. Un buon farmaco deve colpire il nemico (il batterio) senza fare troppi danni a noi (le nostre cellule). Abbiamo quindi testato la citotossicità degli estratti più potenti (quelli di Z. chalybeum e P. curatellifolia) su cellule umane in coltura (linea cellulare SiHa).

Purtroppo, questi estratti metanolici si sono rivelati abbastanza tossici anche per le nostre cellule. Abbiamo calcolato un “indice di selettività” (SI), che confronta la tossicità per le cellule umane con l’attività contro i batteri. Un SI basso (inferiore a 1) significa che l’estratto è più tossico per le nostre cellule che attivo contro i batteri. E i nostri due campioni avevano SI molto bassi (0.45 per Z. chalybeum e 0.16 per P. curatellifolia). Questo è un campanello d’allarme!

Abbiamo provato a fare anche degli estratti acquosi (simili ai decotti tradizionali) delle stesse due piante. Risultato? Erano molto meno tossici per le cellule umane, ma purtroppo anche molto meno attivi contro i micobatteri. L’estratto acquoso di P. curatellifolia ha mostrato un’attività debole (MIC = 250 µg/mL) e quello di Z. chalybeum quasi nessuna (MIC > 250 µg/mL). Questo suggerisce che i composti attivi potrebbero non essere molto solubili in acqua, o che il calore del decotto li degradi.

Fotografia macro di foglie essiccate e corteccia di Zanthoxylum chalybeum disposte su una superficie di pietra grezza. Obiettivo macro 90mm, alta definizione dei dettagli della texture legnosa e delle nervature fogliari, illuminazione laterale controllata per creare ombre profonde, messa a fuoco precisa su una porzione della corteccia, colori naturali e terrosi.

Scoperte Inedite e Prospettive Future

Nonostante la questione della tossicità, che richiede molta cautela, questo studio è importantissimo. È il primo del suo genere a Lubumbashi su questo tema! E ha portato alla luce l’attività antimicobatterica di alcune piante per la prima volta in assoluto:

  • Terminalia mollis
  • Phyllanthus muellerianus
  • Ochna afzelii
  • Rothmannia engleriana

Questo apre strade interessantissime per la ricerca futura. Cosa dobbiamo fare ora?

  1. Identificare i composti chimici responsabili dell’attività antimicobatterica in queste piante (soprattutto quelle nuove e quelle più attive).
  2. Studiare a fondo la tossicità, non solo degli estratti grezzi ma anche dei singoli composti isolati.
  3. Capire se le preparazioni tradizionali (spesso miscele di più piante) abbiano un profilo di efficacia e sicurezza diverso dagli estratti di singole piante testati in laboratorio.
  4. Cercare composti che siano potenti contro i micobatteri ma sicuri per l’uomo, magari con meccanismi d’azione nuovi, utili anche contro la TB resistente ai farmaci.

Insomma, la saggezza dei guaritori tradizionali del Congo ci ha indicato delle piste preziose. Ora tocca alla scienza raccogliere questa eredità, studiarla con rigore e cautela, per vedere se da queste piante possa nascere un aiuto concreto e sicuro nella lotta contro la tubercolosi. Un lavoro ancora lungo, ma pieno di speranza!

Still life in un laboratorio di ricerca: una piastra di Petri con colonie di Mycobacterium bovis BCG coltivate su terreno 7H11, accanto a provette contenenti estratti vegetali colorati e una pipetta. Obiettivo macro 60mm, messa a fuoco precisa sulle colonie batteriche, illuminazione da laboratorio chiara e uniforme, alta definizione dei dettagli, sfondo sfocato con altre attrezzature da laboratorio.

Fonte: Springer

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