Caldo Umido Infernale? Colpa (Anche) delle Piante! La Scienza Rivela un Legame Inaspettato
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero affascinato e, lo ammetto, un po’ preoccupato. Parliamo di caldo estremo, quello afoso, appiccicoso, che ti toglie il respiro. Sappiamo tutti che il cambiamento climatico sta peggiorando le cose, con ondate di calore sempre più intense e frequenti. Ma se vi dicessi che una parte del problema, in particolare per quanto riguarda il caldo umido, potrebbe derivare da un attore inaspettato: le nostre amiche piante?
Sembra strano, vero? Siamo abituati a pensare alle piante come alle nostre alleate contro il riscaldamento globale, assorbono CO2, rilasciano ossigeno, rinfrescano l’ambiente con l’ombra e l’evaporazione… Eppure, una nuova ricerca sta mettendo in luce un meccanismo più complesso e, per certi versi, controintuitivo.
Il Caldo Uccide, e l’Umidità Complica le Cose
Prima di addentrarci nel ruolo delle piante, facciamo un passo indietro. Il caldo estremo non è solo fastidioso, è pericoloso. Ogni anno, centinaia di migliaia di persone muoiono a causa di temperature non ottimali, e gran parte di queste morti sono legate al caldo eccessivo, esacerbato dal cambiamento climatico. Le popolazioni più vulnerabili, come anziani, bambini e chi lavora all’aperto, sono le più colpite.
Ma non è solo la temperatura dell’aria a contare. L’umidità gioca un ruolo cruciale. Il nostro corpo si raffredda principalmente attraverso la sudorazione: l’evaporazione del sudore dalla pelle sottrae calore. Ma se l’aria è già satura di vapore acqueo (alta umidità relativa), l’evaporazione è molto più lenta e difficile. Il sudore rimane sulla pelle, il corpo non riesce a raffreddarsi efficacemente e rischiamo il colpo di calore.
Per quantificare questo effetto combinato di caldo e umidità, si usa spesso l’Indice di Calore (Heat Index – HI). È una misura che ci dice “quanto caldo percepiamo” realmente, ed è un indicatore molto più affidabile del semplice termometro per valutare il rischio per la salute umana.
La Sorpresa: Le Piante Giocano un Ruolo Attivo
Ed eccoci al punto cruciale. Cosa c’entrano le piante con l’indice di calore? C’entrano a causa della CO2. Sappiamo che le concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera stanno aumentando a dismisura a causa delle attività umane. Questo aumento ha due effetti principali sul clima:
- Effetto Radiativo: La CO2 è un gas serra, intrappola calore nell’atmosfera e causa il riscaldamento globale. Questo è l’effetto più noto.
- Effetto Fisiologico sulle Piante: Questo è meno discusso, ma altrettanto importante. Le piante “respirano” attraverso piccoli pori sulle foglie chiamati stomi. Attraverso gli stomi assorbono la CO2 per la fotosintesi, ma perdono anche acqua sotto forma di vapore (traspirazione). Quando la concentrazione di CO2 nell’aria è molto alta, le piante non hanno bisogno di tenere gli stomi spalancati per assorbirne a sufficienza. Quindi, tendono a chiuderli parzialmente.
E qui sta il “trucco”: chiudendo gli stomi, le piante riducono la traspirazione. Meno acqua evapora dalle foglie, il che significa meno “raffreddamento evaporativo” locale (quello che in fisica chiamano calore latente). Di conseguenza, una maggiore quantità dell’energia solare che colpisce la superficie viene convertita in calore sensibile, quello che fa aumentare la temperatura dell’aria vicino al suolo.
In pratica, la risposta fisiologica delle piante all’eccesso di CO2 può portare a un aumento della temperatura locale e a una diminuzione dell’umidità vicino alla superficie, perché meno vapore acqueo viene rilasciato nell’aria dalle piante stesse.

Cosa Dicono i Modelli Climatici? Isoliamo l’Effetto Pianta
Ora, la domanda è: questo effetto fisiologico delle piante quanto incide davvero sul caldo umido estremo che percepiamo? E come interagisce con l’effetto serra generale?
Per capirlo, gli scienziati utilizzano complessi modelli climatici computerizzati (come quelli del progetto CMIP6). Hanno realizzato degli esperimenti “ideali” molto intelligenti. Immaginate di far girare un modello climatico in cui la CO2 aumenta, ma *solo* le piante “vedono” questo aumento (per i loro processi fisiologici), mentre l’atmosfera continua a “vedere” i livelli di CO2 pre-industriali per quanto riguarda l’effetto serra. In questo modo, si può isolare l’impatto *esclusivo* della risposta fisiologica delle piante (chiamiamo questa simulazione PHYS). Poi si confronta con simulazioni in cui solo l’effetto radiativo aumenta (RAD) o entrambi aumentano (FULL).
I risultati sono stati sorprendenti. Analizzando la media di diversi modelli (il cosiddetto Multi-Model Mean – MMM), si è visto che l’effetto fisiologico delle piante (simulazione PHYS) da solo contribuisce ad aumentare sia la temperatura media che l’indice di calore su quasi tutte le terre emerse! Le regioni più colpite sembrano essere le alte latitudini settentrionali (Nord America, Siberia) e parti del Sud America.
Anche se la riduzione della traspirazione tende a diminuire l’umidità locale, l’aumento della temperatura (dovuto al maggior calore sensibile) ha un’influenza maggiore sull’indice di calore finale. In altre parole, l’effetto “riscaldante” della ridotta evaporazione vegetale supera l’effetto “asciugante”, portando a un peggioramento complessivo delle condizioni di caldo umido percepito.
Non Tutte le Piante (e i Modelli) Reagiscono Uguali: Il Ruolo del LAI
Ovviamente, la faccenda non è così semplice. C’è un altro fattore da considerare: la cosiddetta “fertilizzazione da CO2”. Con più CO2 disponibile, alcune piante possono crescere di più, aumentando la loro area fogliare totale (Leaf Area Index – LAI). Un LAI maggiore significa più superficie fogliare da cui l’acqua piovana può evaporare direttamente (evaporazione dalla chioma o “canopy evaporation”).
Questo aumento dell’evaporazione dalla chioma può, in parte, compensare la riduzione della traspirazione dovuta alla chiusura degli stomi. L’effetto netto sull’evapotraspirazione totale (ET = traspirazione + evaporazione dalla chioma + evaporazione dal suolo) dipende quindi da quale dei due effetti prevale.
E qui entrano in gioco le differenze tra i modelli climatici. Alcuni modelli simulano un grande aumento del LAI in risposta alla CO2, e quindi una compensazione maggiore; altri simulano un aumento minore del LAI e quindi una riduzione più drastica dell’evapotraspirazione totale.
Un esempio lampante viene dal confronto tra due versioni dello stesso modello, il CESM (Community Earth System Model). La versione 1 (CESM1) simula un basso aumento di LAI e una forte riduzione dell’ET, portando a un riscaldamento fisiologico più marcato. La versione 2 (CESM2), che include meccanismi più recenti per la crescita e la fisiologia delle piante (come il modello di Medlyn per gli stomi), simula un aumento di LAI molto maggiore; questo porta a un’alta evaporazione dalla chioma che compensa in parte la riduzione della traspirazione, risultando in una diminuzione complessiva dell’ET meno severa e un impatto leggermente minore sull’aumento di temperatura e HI dovuto alla sola fisiologia.
Queste differenze sottolineano quanto sia cruciale rappresentare accuratamente la dinamica della vegetazione nei modelli climatici per prevedere correttamente gli estremi di calore futuri.

L’Impatto Concreto: Più Giorni di Caldo Pericoloso
Finora abbiamo parlato di medie e percentili. Ma cosa significa tutto questo in termini pratici, per la nostra vita quotidiana? Gli scienziati hanno anche analizzato come cambia il numero di giorni all’anno in cui l’indice di calore supera le soglie di pericolo definite dal National Weather Service (NWS) statunitense (Caution, Extreme Caution, Danger, Extreme Danger).
Anche considerando solo l’effetto fisiologico delle piante (simulazione PHYS), i risultati sono preoccupanti. In alcune regioni tropicali, questo effetto da solo può aggiungere fino a 100 giorni all’anno classificati come “Caution” o peggio! Pensateci: quasi un terzo dell’anno in più con condizioni potenzialmente rischiose per la salute, solo a causa di come le piante reagiscono all’aumento di CO2.
Ovviamente, l’effetto radiativo (il normale effetto serra) ha un impatto molto maggiore, aggiungendo centinaia di giorni pericolosi in molte aree. Ma l’effetto fisiologico delle piante non è trascurabile, anzi, si somma all’effetto serra, amplificando ulteriormente il rischio.
Questo è particolarmente rilevante per le regioni tropicali e subtropicali, spesso densamente popolate e con molte nazioni in via di sviluppo che potrebbero avere meno risorse per adattarsi a queste condizioni estreme.
Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questa ricerca ci lascia con alcuni messaggi chiave:
- Il cambiamento climatico è complesso: le risposte degli ecosistemi, come quelle delle piante, possono avere effetti a cascata inaspettati sul clima stesso.
- Le piante non sono solo “vittime” passive del cambiamento climatico, ma la loro risposta fisiologica all’aumento di CO2 contribuisce attivamente a peggiorare gli estremi di caldo umido.
- L’aumento della temperatura causato dalla ridotta traspirazione sembra avere un impatto maggiore sull’indice di calore rispetto alla concomitante riduzione dell’umidità locale.
- C’è ancora incertezza su come i diversi modelli rappresentano questi processi vegetali (crescita LAI, traspirazione, evaporazione). Migliorare questi aspetti nei modelli è fondamentale per proiezioni climatiche più accurate.
- Anche se l’effetto serra rimane il motore principale del riscaldamento, non possiamo ignorare il contributo aggiuntivo, e significativo, della fisiologia vegetale all’aumento del rischio legato al caldo umido.
Insomma, la prossima volta che sentirete parlare di ondate di calore afoso, ricordatevi che la storia è più intricata di quanto sembri. Anche le piante, nel loro tentativo di adattarsi a un mondo con più CO2, stanno involontariamente giocando un ruolo in questo scenario sempre più… caldo! È un’ulteriore dimostrazione di quanto sia urgente ridurre le nostre emissioni di gas serra per limitare tutti questi impatti interconnessi.

Fonte: Springer
