Miniere Rinnovabili: L’Acqua che Accumula Energia Salverà la Transizione? Uno Sguardo a Polonia e Grecia
Ragazzi, parliamoci chiaro: l’energia rinnovabile è il futuro, ma ha un piccolo “difetto”. Sole e vento non sono sempre disponibili quando ci servono. Che fare quando il sole tramonta o il vento cala, ma noi abbiamo bisogno di accendere la luce o caricare lo smartphone? Serve un modo per immagazzinare l’energia prodotta quando c’è abbondanza, per usarla quando scarseggia. Ed è qui che entro in gioco io, o meglio, la tecnologia di cui voglio parlarvi oggi: l’accumulo idroelettrico a pompaggio (PHS, dall’inglese Pumped Hydropower Storage).
Cos’è il PHS e perché le vecchie miniere?
Immaginate una gigantesca batteria ad acqua. Il PHS funziona creando due bacini d’acqua a quote diverse: uno in alto e uno in basso. Quando c’è surplus di energia (tipo a mezzogiorno con tanto sole), si usa quell’energia per pompare l’acqua dal bacino inferiore a quello superiore. Quando invece serve energia, si fa scendere l’acqua da quello superiore a quello inferiore, facendola passare attraverso delle turbine che generano elettricità. Semplice ed efficiente!
Ora, dove trovare lo spazio per questi enormi bacini, specialmente in Europa dove il territorio è già molto utilizzato? Qui arriva l’idea geniale: usare le ex miniere di lignite a cielo aperto! L’Europa ne sta chiudendo parecchie con la transizione energetica, e questi “buchi” giganteschi sono perfetti per diventare il bacino inferiore. Spesso c’è già l’infrastruttura elettrica e stradale, e l’impatto ambientale della costruzione è minore rispetto a creare un sito da zero. Fantastico, no?
Il “Ma” della Situazione: La Qualità dell’Acqua
C’è sempre un “ma”. Riempire queste vecchie cave con acqua solleva una questione importante: la qualità dell’acqua. Vedete, le rocce e i sedimenti smossi durante l’estrazione mineraria, specialmente quelli depositati nelle discariche interne alla miniera, possono contenere minerali come la pirite (un solfuro di ferro). Quando la pirite viene a contatto con l’aria e poi con l’acqua, si ossida. Questo processo rilascia acido (ioni idrogeno) e solfati nell’acqua. In alcuni casi estremi, si possono formare laghi minerari super acidi (pH bassissimo, tipo aceto o peggio!) e carichi di solfati, che non sono proprio il massimo per l’ambiente e possono anche corrodere le infrastrutture dell’impianto PHS (turbine, tubature…).
Quindi, prima di trasformare una miniera in una super-batteria, dobbiamo capire: cosa succederà all’acqua? Diventerà un cocktail chimico pericoloso o rimarrà abbastanza “pulita”?
La Nostra Indagine: Polonia e Grecia sotto la Lente
Per rispondere a questa domanda, abbiamo preso in esame due siti molto interessanti in Europa, entrambi ex regioni carbonifere in piena transizione: il complesso minerario di Szczerców-Bełchatów in Polonia e la miniera di Kardia in Grecia. Sono due casi studio perfetti perché molto diversi tra loro per dimensioni, geologia e gestione delle acque.
Come abbiamo fatto? Non siamo andati lì con secchiello e paletta (beh, non solo!). Abbiamo usato un sofisticato modello computerizzato (un “reaction path modelling framework”, per i più tecnici) che simula come la chimica dell’acqua (pH, concentrazione di solfati, ferro, ecc.) evolverebbe nel tempo, considerando tutti i fattori: il tipo di rocce, l’acqua piovana, le acque sotterranee, e ovviamente il continuo sali-scendi dell’acqua dovuto al pompaggio del PHS. Abbiamo simulato anni di funzionamento per vedere se le cose peggiorano, migliorano o si stabilizzano.
Risultati dalla Grecia (Kardia): Buone Notizie con un Avvertimento
Partiamo dalla Grecia, dalla miniera di Kardia. Qui l’idea è di creare un sistema PHS relativamente “piccolo” e, cosa importante, praticamente sigillato rispetto alle acque sotterranee circostanti. Il bacino inferiore sarà circondato da rocce poco permeabili e argini artificiali.
Le nostre simulazioni per Kardia sono state piuttosto rassicuranti.
- Il pH dell’acqua, dopo un leggero calo iniziale, si stabilizza su valori neutri o leggermente alcalini (intorno a 7.5). Niente laghi acidi qui! Perché? Per fortuna, le rocce e i sedimenti locali sono ricchi di carbonati (come la calcite), che funzionano come un “antiacido” naturale, neutralizzando l’acidità prodotta dall’eventuale ossidazione della pirite.
- Le concentrazioni di solfati, pur potendo essere un po’ elevate all’inizio (a causa del dilavamento iniziale dei sedimenti), tendono a diminuire o stabilizzarsi su livelli gestibili (intorno ai 300 mg/L), soprattutto se si usasse acqua sotterranea per diluire quella nel bacino.
- Il ferro? Praticamente assente in forma disciolta, perché le condizioni ossidanti dell’acqua (dovute al continuo movimento) lo fanno precipitare rapidamente come idrossido insolubile (una specie di “ruggine”).
Il “ma” della situazione a Kardia sembra essere l’acqua piovana e di scorrimento superficiale (surface run-off). Quest’acqua, scorrendo sui versanti della miniera e sulle discariche, potrebbe raccogliere solfati e sedimenti fini (che a loro volta possono rilasciare sostanze) e portarli nel bacino inferiore. I nostri test di laboratorio hanno mostrato che alcuni sedimenti della discarica hanno un potenziale di rilascio di solfati non trascurabile.
La soluzione? Probabilmente gestire meglio il deflusso superficiale, magari con canali di drenaggio, o addirittura pensare a sigillare artificialmente il bacino, visto che le dimensioni non sono proibitive.
Risultati dalla Polonia (Szczerców-Bełchatów): La Forza della Diluizione
Passiamo alla Polonia. Qui parliamo di numeri da capogiro! Il bacino inferiore previsto nella miniera di Szczerców-Bełchatów sarebbe enorme: quasi 1.8 miliardi di metri cubi d’acqua! È talmente grande che il livello dell’acqua cambierebbe solo di 25 cm durante un ciclo completo di pompaggio.
Questa vastità, unita al fatto che il sistema polacco sarebbe “aperto” (cioè in contatto con le falde acquifere circostanti), cambia completamente le carte in tavola.
- L’impatto dell’oscillazione del livello dell’acqua causata dal PHS diventa trascurabile. Quel piccolo cambiamento di pressione non è sufficiente a “spremere” quantità significative di acqua contaminata dai sedimenti circostanti.
- Il fattore dominante qui è l’afflusso costante di acque sotterranee. Queste acque, oltre a diluire enormemente qualsiasi contaminante, sono ricche di bicarbonati, fornendo una capacità tampone (l’effetto “antiacido”) più che sufficiente a mantenere il pH su valori neutri o leggermente alcalini (tra 7.8 e 8.2 nelle nostre simulazioni), anche negli scenari peggiori di ossidazione della pirite.
- Le concentrazioni di solfati dipendono ovviamente da quanta pirite si ossida nei sedimenti della discarica interna, sui versanti della cava o nel materiale usato per rimodellare il fondo. Negli scenari più pessimistici, potrebbero teoricamente raggiungere valori alti (fino a 1000 mg/L dopo molti anni), ma realisticamente, l’enorme diluizione e il flusso continuo di acqua sotterranea manterranno le concentrazioni molto più basse (probabilmente sotto i 400 mg/L, con una media intorno ai 290 mg/L).
- Anche qui, il ferro disciolto non sarebbe un problema grazie alle condizioni ossidanti.
Una potenziale complicazione in un lago così grande e profondo potrebbe essere la stratificazione termica: la formazione di strati d’acqua a temperature diverse, con quello più profondo che potrebbe diventare povero di ossigeno (anossico). Questo potrebbe influenzare la chimica del ferro e dello zolfo sul fondo, ma è un aspetto che richiede ulteriori studi specifici sull’impatto idrodinamico del PHS sulla stratificazione.
Tirando le Somme: Un Futuro Acquatico per le Miniere?
Quindi, cosa abbiamo imparato da questo viaggio virtuale nelle future batterie ad acqua di Grecia e Polonia? La conclusione principale è che, nonostante le potenziali insidie legate alla chimica delle miniere, l’impatto dell’operazione PHS sulla qualità dell’acqua sembra essere gestibile e probabilmente trascurabile in entrambi i siti, anche se per ragioni diverse.
A Kardia (Grecia), la chiave è il sistema “chiuso” e la buona capacità tampone delle rocce locali, ma bisogna stare attenti al dilavamento superficiale. A Szczerców-Bełchatów (Polonia), è la vastità del lago e la continua diluizione/tamponamento da parte delle acque sotterranee a fare la differenza.
Questo studio ci dice che trasformare le ex miniere di lignite in impianti PHS è una strada promettente dal punto di vista idrochimico. Certo, ogni sito è una storia a sé e richiede analisi specifiche. Bisogna considerare attentamente la geologia locale, la gestione delle acque (sigillare o non sigillare?), il controllo dell’erosione e, nei casi di laghi molto grandi, anche gli effetti sulla stratificazione.
Ma la prospettiva è affascinante: dare nuova vita a luoghi segnati dall’estrazione del carbone, trasformandoli in pezzi cruciali del puzzle della transizione energetica. Un bel modo per chiudere un capitolo e aprirne uno nuovo, più sostenibile, usando la forza… dell’acqua!
Fonte: Springer
