Diverse provette contenenti embrioni in un laboratorio di fertilità, con una scienziata di origine asiatica che le osserva al microscopio. Macro lens, 100mm, high detail, controlled lighting, focus preciso sugli embrioni.

PGT-A negli USA: La Genetica della Fertilità Svela Disparità Inattese tra Etnie

Ciao a tutti, appassionati di scienza e scoperte! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che tocca le corde della tecnologia medica, dell’equità nell’accesso alle cure e, diciamocelo, anche di sogni e speranze: la procreazione medicalmente assistita (PMA) e, più nello specifico, il test genetico preimpianto per aneuploidia (PGT-A).

Avete mai sentito parlare del PGT-A? In parole povere, è una tecnologia che ci permette di dare una sbirciatina agli embrioni prima che vengano trasferiti nell’utero durante i cicli di fecondazione assistita (ART, acronimo inglese che userò spesso). L’idea è quella di selezionare gli embrioni “euploidi”, cioè con il numero giusto di cromosomi, per aumentare le chance di successo, specialmente per le donne sopra i 35 anni, quando il rischio di anomalie cromosomiche aumenta.

Ma chi usa davvero questa tecnologia negli Stati Uniti? E ci sono differenze tra i vari gruppi etnici? Beh, preparatevi, perché uno studio recente pubblicato su Reproductive Biology and Endocrinology, basato sui dati del SART CORS (il database della Society for Assisted Reproductive Technology) tra il 2014 e il 2020, ci svela un quadro affascinante e, per certi versi, preoccupante.

Un Trend in Crescita, Ma Non Per Tutti Uguale

Immaginate un po’: l’uso del PGT-A è schizzato alle stelle! Parliamo di un aumento dall’11,5% al 49,0% in soli sette anni (dal 2014 al 2020). Un vero boom, che dimostra come questa tecnica stia diventando sempre più centrale nelle pratiche di fertilità. Questo, di per sé, potrebbe sembrare una buona notizia, indicando un maggiore accesso a tecnologie avanzate.

Ma (c’è sempre un ‘ma’, vero?) questa crescita non è stata uguale per tutte. Ed è qui che la faccenda si fa interessante e ci costringe a riflettere.

Le Cifre Parlano Chiaro: Etnie a Confronto

Lo studio ha analizzato un numero enorme di cicli di ART, oltre 438.000 per la precisione, suddividendo le pazienti per etnia. Ecco cosa ci dicono i numeri, e tenetevi forte:

  • Donne Bianche: il 33% ha utilizzato il PGT-A. Le prendiamo come nostro punto di riferimento per i confronti.
  • Donne Asiatiche: qui la sorpresa! Ben il 44% ha optato per il PGT-A. Anzi, rispetto alle donne bianche, hanno una probabilità maggiore del 41% di usarlo! Davvero notevole.
  • Donne Ispaniche: il 31% ha fatto ricorso al test, con una probabilità inferiore del 16% rispetto alle donne bianche.
  • Donne Nere: solo il 24% ha utilizzato il PGT-A. Questo significa che hanno avuto il 35% di probabilità in meno di accedere a questa tecnologia rispetto alle donne bianche.

Questi dati, amici, sono stati confermati anche dopo aver ‘aggiustato’ le statistiche per fattori come età, indice di massa corporea (BMI) e ormone antimulleriano (AMH). Quindi, l’etnia sembra giocare un ruolo indipendente nel determinare chi utilizza il PGT-A. E questo, capite bene, solleva un bel po’ di domande.

Le donne appartenenti ai gruppi Nativo Hawaiano/Altre Isole del Pacifico (NH/OP) e Nativo Americano/Nativo dell’Alaska (AI/AN) rappresentavano una percentuale molto piccola del campione (0,2% ciascuna), ma anche per loro si sono osservate tendenze specifiche, con un utilizzo del PGT-A comunque superiore a quello delle donne Nere.

Un laboratorio di fertilità high-tech, con microscopi e attrezzature per l'analisi genetica degli embrioni. Luce controllata, focus preciso su una piastra di Petri contenente embrioni. Macro lens, 80mm, high detail.

Ma Perché Queste Differenze Così Marcate?

Qui le cose si fanno complesse. Non c’è una risposta unica, ma diverse ipotesi plausibili che i ricercatori hanno avanzato.

Innanzitutto, il costo. Il PGT-A non è una passeggiata per il portafoglio: parliamo di cifre che possono variare dai 3.000 ai 12.000 dollari, a seconda del numero di embrioni da analizzare e della localizzazione geografica della clinica. E indovinate un po’? Spesso le assicurazioni sanitarie o i mandati statali per la FIVET negli USA non coprono queste spese aggiuntive. Questo può essere una barriera enorme, specialmente per le minoranze e le popolazioni con minori risorse economiche. È facile immaginare come un costo extra così importante possa scoraggiare molte coppie.

Un’altra possibile spiegazione, un po’ più scomoda da ammettere, potrebbe essere un bias da parte dei medici o del sistema sanitario. Magari non tutte le pazienti ricevono lo stesso tipo di consulenza approfondita sui benefici potenziali e sui limiti del PGT-A. È possibile che ci siano preconcetti, consci o inconsci, che influenzano le raccomandazioni fornite.

E perché le donne asiatiche lo usano di più? Lo studio suggerisce che potrebbero essere più preoccupate per l’aneuploidia embrionale, forse a causa di una maggiore incidenza di diagnosi di ‘riserva ovarica diminuita’ (DOR) in questo gruppo (35,5% contro il 27% delle donne bianche). Inoltre, ricerche precedenti indicano che le donne asiatiche potrebbero essere meno frenate da barriere economiche per accedere alla ART e, di conseguenza, al PGT-A. Alcuni studi suggeriscono anche un possibile interesse culturale verso informazioni aggiuntive sull’embrione, sebbene lo studio attuale abbia escluso i cicli PGT-A usati per la selezione del sesso.

L’Età Conta, Eccome!

Un altro dato interessante emerso è che, indipendentemente dall’etnia, le donne con 35 anni o più hanno una probabilità del 71% maggiore di usare il PGT-A rispetto alle più giovani. Questo ha senso, visto che il rischio di aneuploidia aumenta significativamente con l’età materna e il PGT-A è spesso consigliato in questi casi per migliorare i tassi di gravidanza e ridurre gli aborti spontanei.

E qui c’è un altro incrocio interessante con l’etnia: lo studio ha rivelato che le donne nere (68,1% sopra i 35 anni al primo ciclo) e ispaniche tendevano ad essere più grandi al momento del loro primo ciclo di ART rispetto alle donne bianche (54,3% sopra i 35). Nonostante questo, e nonostante il PGT-A sia spesso raccomandato per le donne più mature, il loro tasso di utilizzo rimane più basso. Questo paradosso è particolarmente degno di nota.

Un Barlume di Speranza? Il Caso delle Donne Nere

Nonostante il tasso di utilizzo complessivamente più basso, c’è un dato che fa riflettere e che, forse, offre un piccolo barlume di speranza. Le donne nere hanno mostrato l’aumento percentuale più alto nell’uso del PGT-A nel periodo studiato: un incremento di ben 5,7 volte dal 2014 (6,8%) al 2020 (38,8%). Anche le donne ispaniche hanno visto un aumento di 5 volte (da 9,4% a 46,8%).

Questo suggerisce che, sebbene in ritardo e partendo da livelli più bassi, queste comunità stanno progressivamente accedendo di più a questa tecnologia. Tuttavia, il gap rispetto alle altre etnie persiste, indicando che l’accesso alla cura della fertilità in sé (visto che sono già in un percorso di ART) non è l’unico ostacolo per l’utilizzo del PGT-A. Devono esserci altri fattori in gioco.

Diverse donne di varie etnie in una sala d'attesa di una clinica della fertilità, alcune appaiono pensierose, altre speranzose. Luce soffusa, profondità di campo. Prime lens, 35mm, duotone seppia e blu.

Cosa Ci Dice (e Non Ci Dice) Questo Studio

Come ogni ricerca scientifica che si rispetti, anche questa ha i suoi limiti. Ad esempio, una percentuale significativa di dati sull’etnia (circa il 35% del campione iniziale) mancava nel database SART CORS, il che potrebbe introdurre dei bias e influenzare i risultati. Inoltre, il database non specificava il metodo esatto di PGT-A utilizzato (ad esempio, NGS, microarray), che è evoluto nel tempo, diventando più preciso negli ultimi anni dello studio.

Ma la forza di questo studio risiede nell’ampio campione, proveniente da un database nazionale validato, e nel periodo di osservazione di sette anni. Questo ci dà una visione piuttosto robusta e rappresentativa di ciò che accade negli Stati Uniti, permettendo un confronto tra sei diversi gruppi razziali ed etnici, un’analisi più inclusiva rispetto alla semplice classificazione “Bianco vs Non-Bianco” spesso usata in studi più piccoli.

Cosa ci aspetta? Sicuramente servono ulteriori studi per capire le cause profonde di queste disparità. È cruciale indagare se queste differenze nell’utilizzo del PGT-A si traducono in differenze negli esiti clinici (come tassi di nati vivi o aborti) per le donne delle minoranze. Sarebbe anche utile capire se il PGT-A sia più o meno benefico per specifici sottogruppi di donne, al di là dell’età.

Un Cammino Ancora Lungo Verso l’Equità

Insomma, amici, la scienza della riproduzione fa passi da gigante, offrendo strumenti sempre più sofisticati per aiutare le persone a realizzare il sogno di una famiglia. Tuttavia, questo studio ci ricorda in modo potente che l’accesso all’innovazione e i percorsi di cura non sono uguali per tutti. Le disparità razziali ed etniche nell’utilizzo del PGT-A negli Stati Uniti sono un campanello d’allarme che non possiamo ignorare.

È fondamentale capire meglio queste dinamiche, affrontare le barriere economiche, educative e i possibili bias sistemici, per garantire che tutte le donne, indipendentemente dalla loro origine o dal colore della pelle, possano beneficiare appieno dei progressi medici nel campo della fertilità. La strada verso una vera equità nella salute riproduttiva è ancora lunga, ma studi come questo ci aiutano a illuminare il cammino.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *