Perni Moncone in PEEK: Il Futuro High-Tech per Salvare i Tuoi Denti!
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi del futuro! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che potrebbe sembrare di nicchia, ma che in realtà tocca la salute e il sorriso di molti: i perni moncone. Sì, quelle piccole strutture che gli odontoiatri usano per ricostruire i denti gravemente danneggiati. E se vi dicessi che c’è un materiale, il PEEK, che sta rivoluzionando questo campo? Preparatevi, perché sto per portarvi in un viaggio affascinante nel mondo della biomeccanica dentale!
La Sfida del Perno Moncone Perfetto
Quando un dente è molto compromesso, magari dopo una devitalizzazione, spesso serve un “rinforzo” interno prima di poter mettere una corona. Questo rinforzo è il perno moncone. Per anni, i materiali più usati sono stati i metalli o le fibre di vetro/quarzo. Ma ognuno ha i suoi “ma”. I metalli, come la lega cromo-cobalto (CoCr), sono super resistenti, ma anche molto rigidi, molto più del dente stesso (la dentina). Questa differenza di rigidità può creare stress concentrati sulla radice, portando a volte a fratture irreparabili. Un vero incubo!
Dall’altra parte, i perni in fibra di composito rinforzato (FRC), come quelli in fibra di quarzo (QFRC), hanno una rigidità più simile alla dentina, il che è ottimo per distribuire meglio lo stress. Però, spesso sono prefabbricati e non si adattano perfettamente a tutte le forme dei canali radicolari. Questo significa dover a volte rimuovere più dentina sana del necessario o usare più cemento, aumentando il rischio di scementazione o frattura.
Insomma, la ricerca del materiale ideale è sempre stata un po’ una caccia al tesoro: deve essere forte, adattarsi bene, resistere alla fatica masticatoria e, soprattutto, avere un modulo elastico (una misura della rigidità, per capirci) vicino a quello della dentina (circa 18.6 GPa) per giocare “in squadra” con il dente, non contro di esso.
PEEK: Un Nome da Tenere d’Occhio
Ed è qui che entra in scena il Polietereterchetone, o PEEK per gli amici. È un polimero organico semicristallino che sembra uscito da un film di fantascienza: ha una resistenza meccanica notevole, è super resistente a sostanze chimiche e calore, non assorbe acqua ed è biocompatibile. E non è finita: ha un colore simile al dente e un modulo elastico basso (3-4 GPa), molto inferiore a metalli e ceramiche.
Ma la vera magia avviene quando lo “condiamo” con delle fibre. Immaginate di aggiungere il 30% di fibre di vetro (GFR-PEEK) o di carbonio (CFR-PEEK). Il modulo elastico sale rispettivamente a 12 GPa e 18 GPa, valori incredibilmente vicini a quelli della dentina! E, ovviamente, anche la resistenza meccanica ne beneficia. La cosa fantastica è che i perni moncone in PEEK e i suoi compositi possono essere realizzati su misura con tecnologie CAD/CAM (quelle che usano computer e fresatori di precisione), adattandosi perfettamente al canale radicolare. Addio problemi dei perni prefabbricati!
Studi precedenti avevano già suggerito che i perni in PEEK potessero reggere bene i carichi masticatori e distribuire meglio lo stress rispetto ai metalli. Ma la loro resistenza alla frattura sembrava inferiore. Così, ci siamo chiesti: e se rinforzassimo il PEEK con le fibre? Migliorerebbe la situazione? Per scoprirlo, è stato messo in piedi uno studio bello tosto, confrontando il PEEK e i suoi compositi rinforzati con materiali tradizionali.

Lo Studio: Mettiamo alla Prova i Materiali!
Per farla breve, abbiamo preso 120 premolari umani estratti (tranquilli, con tutti i consensi del caso e approvazione del comitato etico!), li abbiamo trattati endodonticamente (devitalizzati) e poi divisi in sei gruppi, ognuno con un diverso tipo di perno moncone (20 denti per gruppo):
- Gruppo 1: Perni prefabbricati in composito rinforzato con fibre di quarzo (QFRC) – un classico.
- Gruppo 2: Ceramica infiltrata da polimero (PIC) – un materiale estetico e moderno.
- Gruppo 3: Lega Cromo-Cobalto (CoCr) – il “vecchio leone” metallico.
- Gruppo 4: PEEK puro – il nostro protagonista.
- Gruppo 5: PEEK rinforzato con il 30% di fibre di vetro (GFR-PEEK).
- Gruppo 6: PEEK rinforzato con il 30% di fibre di carbonio (CFR-PEEK).
Prima di passare ai test “fisici”, abbiamo fatto un’analisi agli elementi finiti (FEA). È una simulazione al computer potentissima che ci mostra come si distribuisce lo stress all’interno del dente e del perno quando viene applicata una forza, come quella della masticazione. Poi, ogni gruppo è stato diviso a metà: 10 denti per il test di carico statico (una forza applicata fino a rottura) e 10 per il test di carico a fatica (cicli ripetuti di carico per simulare la masticazione nel tempo).
Risultati dell’Analisi agli Elementi Finiti (FEA): Come si Comporta lo Stress?
L’FEA ci ha dato subito indicazioni interessanti. I gruppi con PEEK, GFR-PEEK e CFR-PEEK hanno mostrato picchi di stress massimi più bassi e una distribuzione dello stress migliore rispetto al gruppo CoCr (metallo). Questo è un segnale importantissimo: meno stress concentrato significa minor rischio di danneggiare la radice!
Nel dettaglio, per quanto riguarda la radice, non c’erano differenze enormi tra i gruppi, ma il PEEK puro sembrava generare lo stress maggiore sulla dentina, mentre il CoCr il minore (ma attenzione, questo non dice tutto!). Sui perni stessi, il CoCr subiva lo stress più alto, seguito da QFRC, CFR-PEEK, GFR-PEEK, PIC e infine PEEK. Per lo strato di cemento adesivo, quello che tiene il perno attaccato al dente, lo stress era più alto per il QFRC, mentre per PIC, PEEK e i suoi compositi i valori erano simili e più bassi di quelli del CoCr.
La distribuzione dello stress era cruciale: nel CoCr, lo stress si concentrava a metà del perno. Nei gruppi PIC e PEEK, si concentrava nel terzo cervicale (la parte più vicina alla corona). Nei gruppi QFRC, GFR-PEEK e CFR-PEEK, la distribuzione era più uniforme, sempre principalmente nel terzo cervicale ma anche un po’ più in basso. Questa distribuzione più “gentile” dello stress da parte del PEEK e dei suoi compositi è un grande punto a loro favore.
Test di Carico Statico: Chi Resiste di Più?
Passiamo ai test pratici. Nel test di carico statico, abbiamo misurato la forza necessaria per rompere il sistema dente-perno-corona (SFL). I risultati?
- I gruppi PEEK e QFRC non erano statisticamente diversi tra loro, ed entrambi avevano valori di SFL più bassi degli altri.
- GFR-PEEK e CFR-PEEK non differivano tra loro, ma entrambi erano significativamente più resistenti del PEEK puro. I loro valori si avvicinavano a quelli del CoCr e del PIC!
- Il CoCr, come previsto, ha mostrato una resistenza statica molto alta.
Tutti i perni, inclusi quelli in PEEK e compositi, hanno comunque resistito a forze ben superiori a quelle normali della masticazione (che si aggirano tra i 200 e i 360 Newton nella zona posteriore). Ma la vera domanda è: come si rompono?
Ed ecco la sorpresa più bella: nei gruppi PEEK, GFR-PEEK, CFR-PEEK, QFRC e PIC, la percentuale di rotture riparabili (ad esempio, scementazione del perno o frattura della corona/moncone) era molto più alta di quelle irreparabili (fratture della radice). Nel gruppo CoCr, invece, era l’esatto contrario: l’80% delle rotture erano catastrofiche, spesso fratture verticali della radice! Il PEEK puro non ha avuto nessuna rottura irreparabile, il GFR-PEEK solo il 10% e il CFR-PEEK il 20%. Questo è un vantaggio enorme, perché una rottura riparabile significa poter salvare il dente, mentre una irreparabile spesso porta all’estrazione.

Test di Carico a Fatica: La Prova del Tempo
La masticazione non è un singolo evento forte, ma milioni di piccoli carichi ripetuti. Per simulare questo, abbiamo usato un test di fatica “a gradini”, aumentando progressivamente il carico. Tutti i campioni alla fine si sono rotti prima di raggiungere il massimo di 1.4 milioni di cicli a 1000 N (una forza enorme!).
All’inizio, il CoCr sembrava il campione di resistenza, durando di più. Tuttavia, man mano che la fatica progrediva, le probabilità di sopravvivenza dei gruppi PEEK, GFR-PEEK e CFR-PEEK si avvicinavano molto a quelle del CoCr! I gruppi QFRC e PIC, invece, hanno mostrato una sopravvivenza inferiore. Il CFR-PEEK ha mostrato il tempo di sopravvivenza più lungo (50.000 cicli sotto carichi crescenti), mentre QFRC e PIC il più breve (35.000 cicli). CoCr, PEEK e GFR-PEEK si sono attestati tra i 40.000 e i 42.000 cicli.
Anche qui, le modalità di rottura sono state illuminanti. Nel test a fatica, le rotture irreparabili sono state: QFRC (0%), PIC (0%), CoCr (60%!), PEEK (0%), GFR-PEEK (10%), CFR-PEEK (20%). Ancora una volta, il CoCr si è distinto per l’alta incidenza di danni gravi, mentre PEEK e i suoi compositi (insieme a QFRC e PIC) hanno mostrato prevalentemente rotture gestibili.
Perché il PEEK e i Suoi Compositi Sono Così Promettenti?
Mettiamo insieme i pezzi. Il PEEK ha un modulo elastico più basso della dentina, ma una buona resistenza flessionale. Questo, come visto nell’FEA, porta a una minor concentrazione di stress e a una sua migliore distribuzione rispetto a materiali più rigidi come il CoCr. Quando rinforziamo il PEEK con fibre di vetro o carbonio, il suo modulo elastico si avvicina moltissimo a quello della dentina, mantenendo questa favorevole distribuzione dello stress.
Nei test statici, GFR-PEEK e CFR-PEEK hanno mostrato carichi di rottura simili al CoCr, ma con un’incidenza drasticamente inferiore di fratture irreparabili. Questo è il punto chiave! Preferisco di gran lunga un perno che si scementa (riparabile) piuttosto che uno che mi spacca la radice (spesso, dente da buttare).
Anche il QFRC, pur avendo un modulo elastico più alto del PEEK (ma inferiore al CoCr), ha mostrato una modalità di rottura più favorevole del metallo. Tuttavia, l’alta concentrazione di stress sullo strato di cemento nel gruppo QFRC, vista nell’FEA, potrebbe spiegare perché la scementazione del perno è un problema comune con questi materiali.
Il PIC si è comportato bene, con risultati simili ai gruppi PEEK in termini di concentrazione di stress e modalità di rottura, e un buon carico di rottura statico. La sua combinazione di ceramica e resina sembra offrire un buon equilibrio.
Un aspetto fondamentale è l’adesione. Il PEEK è un materiale un po’ “pigro” ad attaccarsi. Nello studio, abbiamo usato sabbiatura e un primer specifico (Visio.link) per migliorare l’adesione ai cementi resinosi, e sembra aver funzionato bene, dato che le rotture erano prevalentemente fratture cervicali della radice (comunque considerate più riparabili delle fratture a metà o in fondo alla radice, o verticali) piuttosto che diffusi distacchi del perno.
Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questo studio, amici miei, ci dice che i perni moncone customizzati, realizzati in PEEK e, soprattutto, nei suoi compositi rinforzati con fibre (GFR-PEEK e CFR-PEEK), hanno mostrato prestazioni biomeccaniche davvero superiori. Non solo hanno una buona resistenza, paragonabile in alcuni casi a quella del metallo, ma soprattutto hanno una modalità di rottura molto più favorevole. Riducono il rischio di quelle fratture radicolari catastrofiche che sono l’incubo di ogni dentista e paziente.
La capacità di distribuire meglio lo stress e di avere un modulo elastico simile alla dentina li rende candidati ideali per restaurare denti con grosse perdite di sostanza. Certo, questo è uno studio in vitro, cioè in laboratorio. Serviranno studi clinici randomizzati su pazienti per confermare questi risultati promettenti nel mondo reale. E sarebbe interessante vedere come si comportano in situazioni con diverse quantità di radice residua.
Ma la strada sembra tracciata: il PEEK e i suoi “fratelli” rinforzati potrebbero davvero rappresentare un passo avanti significativo per salvare i denti in modo più sicuro ed efficace. Una piccola rivoluzione high-tech che avviene proprio dentro la nostra bocca!
Fonte: Springer
