Porti dell’Africa Occidentale: Chi Brilla Davvero nella Corsa all’Efficienza?
Ciao a tutti! Oggi vi porto in un viaggio affascinante nel cuore pulsante del commercio globale, ma da una prospettiva un po’ diversa: quella dei porti container dell’Africa Occidentale. Sapete, il trasporto marittimo è la linfa vitale dell’economia mondiale, e l’efficienza dei porti è cruciale. Un porto che funziona bene significa merci che viaggiano veloci, costi logistici ridotti e, in definitiva, un’economia più competitiva.
L’Africa Occidentale, con le sue coste estese e una popolazione in crescita, sta diventando un attore sempre più importante sulla scena commerciale globale. I volumi di container movimentati sono in aumento, segno che la regione è un mercato dinamico e attraente per gli investitori. Ma c’è un “ma”. Nonostante questa crescita, i porti dell’Africa Occidentale si trovano spesso ad affrontare sfide legate all’efficienza e alla produttività.
La Sfida: Efficienza e Produttività Sotto la Lente
Quando parliamo di “performance” di un porto, cosa intendiamo esattamente? Beh, principalmente due cose: efficienza e produttività. Spesso usati come sinonimi, in realtà non lo sono. L’efficienza riguarda il *come* si usano le risorse (banchine, gru, personale, spazio) per ottenere un certo risultato (movimentare container). La produttività, invece, è più legata al rapporto tra input e output, spesso misurata nel tempo per vedere i miglioramenti.
Immaginate un porto come una grande macchina: l’efficienza è quanto bene funzionano i singoli ingranaggi, la produttività è quanti prodotti finiti escono dalla macchina in un dato tempo. Capire come misurare e migliorare questi aspetti è fondamentale per qualsiasi porto che voglia attrarre più navi e generare più valore.
Ed è qui che entra in gioco uno studio interessante che ho analizzato. Ha messo sotto la lente sei porti chiave dell’Africa Occidentale – Apapa (Nigeria), Tema (Ghana), Lome (Togo), Abidjan (Costa d’Avorio), Cotonou (Benin) e Dakar (Senegal) – per un periodo bello lungo, dal 2010 al 2022. L’obiettivo? Capire come se la sono cavata in termini di efficienza operativa e produttività.
Gli Strumenti del Mestiere: DEA-SBM e MPI
Per fare questa analisi, i ricercatori hanno usato due strumenti piuttosto potenti, anche se i nomi possono sembrare complicati: il modello DEA-SBM (Data Envelopment Analysis – Slack-Based Measure) e l’Indice di Produttività Malmquist (MPI).
Tranquilli, non vi annoierò con le formule matematiche! In parole povere:
- Il DEA-SBM è come dare i voti ai porti (da 0 a 1, dove 1 è il massimo) su quanto bene usano le loro risorse (input come lunghezza della banchina, numero di gru, area del terminal) per gestire il traffico di container (l’output). Un punteggio sotto 1 significa che c’è margine di miglioramento, magari si usano troppe risorse per quello che si ottiene.
- L’MPI, invece, guarda al cambiamento della produttività nel tempo. Ci dice se un porto è migliorato o peggiorato rispetto all’anno precedente e, soprattutto, *perché*. Scompone il cambiamento in diverse parti: miglioramenti nell’efficienza tecnica (usare meglio le risorse attuali), progresso tecnologico (adottare nuove tecnologie o processi), e cambiamenti nell’efficienza di scala (operare alla dimensione ottimale).
Insomma, una vera e propria radiografia delle performance portuali!
Chi Sale e Chi Scende: I Risultati sull’Efficienza
Allora, cosa è emerso da questa analisi? Beh, il quadro è piuttosto variegato.
Alcuni porti hanno dimostrato di saper raggiungere l’eccellenza, almeno in certi periodi. Tema (Ghana), Lome (Togo) e Abidjan (Costa d’Avorio) hanno toccato il punteggio massimo di efficienza (1.000) in diversi anni tra il 2010 e il 2022. Bravi loro! Questo significa che, in quei momenti, stavano sfruttando al meglio le loro risorse.
Altri porti, invece, hanno mostrato più difficoltà a raggiungere e mantenere livelli ottimali. Apapa (Nigeria), Cotonou (Benin) e Dakar (Senegal) hanno avuto performance più altalenanti. Prendiamo Apapa: partito da un misero 0.191 nel 2010, ha avuto picchi e ricadute, raggiungendo il top solo nel 2021 per poi ridiscendere leggermente. Cotonou e Dakar hanno avuto percorsi simili, con momenti di miglioramento ma anche cali significativi.
La cosa interessante è che, anche per i porti “virtuosi”, mantenere l’efficienza massima nel tempo è stata una sfida. Ci sono state fluttuazioni per tutti. Questo ci dice che l’efficienza portuale non è qualcosa di statico, ma dipende da tanti fattori che cambiano continuamente.
In media, comunque, i punteggi di efficienza operativa si sono attestati tra 0.6 e 0.8. Cosa significa? Che, in generale, c’è ancora un uso eccessivo di risorse o una certa incoerenza nelle operazioni. In pratica, si potrebbe fare di più con meno, o comunque usare meglio quello che si ha. C’è spazio per ottimizzare!
La Produttività ai Raggi X: Il Ruolo della Tecnologia
Passiamo ora alla produttività, analizzata con l’indice Malmquist. Qui la storia si fa ancora più interessante perché capiamo *cosa* ha guidato i cambiamenti.
La buona notizia è che la maggior parte dei porti ha visto miglioramenti nella Produttività Totale dei Fattori (TFP) nel periodo considerato. E i motori principali di questa crescita sono stati due: i miglioramenti nell’efficienza tecnica (cioè imparare a usare meglio le risorse esistenti) e, soprattutto, il progresso tecnologico.
Porti come Tema, Cotonou e Apapa hanno mostrato aumenti significativi della TFP, spesso trainati proprio dall’adozione di nuove tecnologie o processi più avanzati. Tema, in particolare, spicca con un aumento medio annuo della TFP del 5.40%, dovuto in gran parte proprio al fattore tecnologico. Apapa (+3.20%), Lome (+2.0%), Cotonou (+3.70%) e Dakar (+3.10%) hanno seguito con buoni tassi di crescita.
C’è però un’eccezione: Abidjan. Nonostante i buoni punteggi di efficienza in alcuni anni, la sua produttività totale dei fattori ha mostrato un leggero declino nel periodo. Questo ci ricorda che efficienza e produttività, pur essendo collegate, non sono la stessa cosa. Si può essere efficienti nell’uso delle risorse ma faticare ad aumentare la produttività complessiva, magari per fattori esterni o limiti infrastrutturali.
In media, nella regione, l’efficienza tecnica è migliorata (+3.2%), così come l’efficienza di scala (+2.0%) e quella “pura” (+1.2%). Il progresso tecnologico, invece, ha avuto un impatto medio leggermente negativo (-0.7%), ma questo dato medio nasconde le grandi differenze tra chi ha investito e chi meno. Complessivamente, la TFP media è cresciuta del 2.5% annuo. Non male, ma si può fare di più, soprattutto considerando le discrepanze tra i vari porti.
Cosa Ci Insegna Tutto Questo? Raccomandazioni per il Futuro
Questa analisi comparativa ci lascia con alcuni spunti importanti.
Primo: l’efficienza e la produttività nei porti dell’Africa Occidentale sono dinamiche e variabili. Non ci si può sedere sugli allori.
Secondo: la tecnologia gioca un ruolo sempre più cruciale. Chi investe in automazione, digitalizzazione e infrastrutture moderne ha una marcia in più.
Terzo: c’è bisogno di un approccio strategico e coordinato.
Lo studio suggerisce alcune azioni chiave per migliorare la situazione:
- Migliorare l’efficienza tecnica: Investire nella formazione del personale e adottare tecnologie avanzate per la gestione portuale.
- Investire in tecnologia: Puntare su automazione, digitalizzazione e infrastrutture all’avanguardia per ottimizzare le operazioni.
- Ridurre sprechi e inefficienze: Valutare attentamente l’uso delle risorse e implementare iniziative per ridurre gli sprechi.
- Collaborare e monitorare: Promuovere la condivisione di conoscenze tra i porti della regione e stabilire sistemi robusti per monitorare regolarmente le performance e aggiustare il tiro.
Insomma, la strada per rendere i porti dell’Africa Occidentale ancora più competitivi e motori di sviluppo economico è tracciata. Richiede visione, investimenti mirati e una volontà costante di migliorarsi. I dati ci dicono che il potenziale c’è, ora bisogna coglierlo appieno! Spero che questo viaggio nel mondo dell’efficienza portuale vi sia piaciuto!
Fonte: Springer