Veduta grandangolare, con obiettivo da 18mm, di un sito di raccolta in una foresta di abete rosso, con tronchi ordinatamente accatastati in primo piano e un harvester visibile a mezzopiano, con alcuni cimali sparsi; messa a fuoco nitida su tutta l'immagine, lunga esposizione per ammorbidire leggermente il fogliame in movimento, trasmettendo la scala delle operazioni.

Cimali d’Abete Rosso: Quanto Legname Lasciamo Davvero nel Bosco Dopo il Taglio?

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in una riflessione che, lo ammetto, mi ha tenuto sveglio più di una notte. Parliamo di boschi, di alberi maestosi come l’abete rosso (Picea abies L., per i più tecnici tra noi) e di come, a volte, una parte del loro prezioso legno rischi di rimanere… beh, diciamo “dimenticata” sul campo dopo il taglio. Sì, avete capito bene: mi riferisco a quei cimali, le parti alte degli alberi, che spesso non finiscono nei conteggi ufficiali del legname raccolto.

Magari vi starete chiedendo: “Ma è davvero un problema così grande?”. Beh, pensateci un attimo. Ogni pezzetto di legno non contabilizzato è una potenziale perdita economica, ma anche un’informazione mancante per capire davvero quanta biomassa stiamo prelevando e come potremmo gestire le nostre foreste in modo ancora più efficiente e sostenibile. È un po’ come fare la spesa e, una volta a casa, accorgersi di aver lasciato qualche prodotto sul nastro della cassa!

Il Mistero dei Cimali Perduti: Cosa Dice la Scienza?

Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha cercato di fare luce proprio su questo aspetto, analizzando i dati di ben 41.948 fusti di abete rosso. Un lavoraccio, ve lo assicuro, ma fondamentale! L’obiettivo era semplice ma cruciale: capire quanto legname, sotto forma di cimali, viene effettivamente lasciato sul sito di raccolta quando si usano le moderne macchine operatrici, le cosiddette “harvester”, con il metodo del “taglio a misura” (CTL – Cut-to-Length). Questo metodo prevede che l’albero venga abbattuto, sramato e sezionato in tronchi direttamente nel bosco.

I ricercatori hanno confrontato i dati di inventario forestale standard (che ci dicono quanto legno dovrebbe esserci) con i registri operativi delle harvester (che ci dicono quanto legno è stato effettivamente processato). E qui le cose si fanno interessanti.

Piccoli Alberi, Grandi Sorprese (e Viceversa)

Sapete qual è stata una delle scoperte più curiose? Per gli alberi più giovani e sottili, quelli con un diametro a petto d’uomo (DBH, un modo standard per misurare il tronco a 1,3 metri da terra) fino a circa 17 cm, si è verificato un fenomeno inaspettato: un surplus operativo di legname! Sì, avete letto bene: le macchine hanno estratto tra lo 0,153% e il 2,50% di legno in più rispetto a quanto previsto dai registri ufficiali. Sembra quasi un piccolo “bonus” inaspettato.

Come mai? Una possibile spiegazione è che per questi alberi più piccoli, le harvester riescono a processare il fusto fino a diametri minimi molto ridotti, magari per produrre legna da cellulosa o per energia, dove i requisiti sul diametro del cimale sono meno stringenti (a volte si arriva anche a 4-5 cm invece dei classici 7 cm considerati come limite per il legname da opera in alcune normative, come quella Ceca citata nello studio).

Ma la medaglia, come spesso accade, ha due facce. Quando si passa ad analizzare gli alberi più grandi e maturi, quelli con diametri superiori, la situazione si inverte. Il surplus si riduce progressivamente fino a trasformarsi in una perdita. Per i fusti con diametro tra 33,1 e 35 cm, ad esempio, la perdita di legname nel cimale ha raggiunto lo 0,454% del volume raccolto. Non sembra tantissimo? Beh, se pensate ai milioni di metri cubi di abete rosso raccolti ogni anno, anche uno “zero virgola” può tradursi in volumi considerevoli!

Complessivamente, lo studio ha calcolato che il volume di legname lasciato sul sito dopo la raccolta con metodo CTL ammonta allo 0,111%. Sembra poco, ma se consideriamo la produzione annuale di abete rosso con metodo CTL nella sola Repubblica Ceca (circa 11,3 milioni di m³), stiamo parlando di circa 108.000 m³ di legname all’anno che potrebbero sfuggire ai conteggi! È come se una piccola foresta venisse “dimenticata” ogni anno.

Primo piano macro, con obiettivo da 90mm, di un cimale di abete rosso appena tagliato e lasciato sul suolo della foresta, circondato da cippato e aghi verdi; immagine ad alto dettaglio con messa a fuoco precisa e illuminazione naturale controllata che filtra dalla chioma degli alberi.

Harvester Intelligenti: Amici o Nemici della Precisione?

Le harvester moderne sono macchine incredibilmente sofisticate, dotate di sistemi di misurazione e ottimizzazione del taglio (come quelli conformi allo standard StanForD). Questi sistemi permettono all’operatore, o al sistema stesso, di decidere il punto ottimale di taglio per massimizzare il valore del legname, basandosi su matrici di prezzo che tengono conto delle richieste del mercato per i diversi assortimenti (tronchi da sega, legna da cellulosa, ecc.).

Questa flessibilità è un’arma a doppio taglio. Da un lato, permette di recuperare più materiale da alberi piccoli o di qualità inferiore, trasformando in surplus quello che altrimenti sarebbe scarto. Dall’altro, se le impostazioni o le decisioni operative portano a tagliare i cimali degli alberi più grossi a un diametro superiore a quello minimo teorico (i famosi 7 cm), ecco che si genera una perdita rispetto al potenziale inventariato.

Lo studio ha anche analizzato se il modello specifico di harvester avesse un impatto significativo. Ebbene sì, il modello di macchina è risultato essere un fattore rilevante, ma il suo effetto sulla perdita o sul surplus di legname era molto limitato rispetto all’influenza preponderante del diametro del fusto. Questo ci dice che, sebbene la tecnologia sia importante, le caratteristiche dell’albero stesso giocano un ruolo primario.

È fondamentale sottolineare che non stiamo parlando solo di “errori”. Le perdite nel processo di stima del volume sono una componente quasi inseparabile delle operazioni forestali. Possono derivare da:

  • Danni al fusto durante l’abbattimento.
  • Errori involontari durante la produzione.
  • Differenze metodologiche tra la misurazione in inventario e quella al momento del taglio.
  • L’incapacità fisica delle tecnologie di estrarre tutto il legname desiderato.
  • Una gestione inefficiente della catena di approvvigionamento.

I cimali rientrano spesso nelle ultime due categorie.

Non Solo Numeri: Implicazioni Pratiche e Sguardi al Futuro

Ma allora, cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Innanzitutto, la consapevolezza che le perdite di legname nei cimali, seppur variabili, sono una realtà. E questo ha implicazioni dirette sull’efficienza economica delle operazioni forestali. Migliorare l’accuratezza nella registrazione delle dimensioni dei cimali potrebbe portare a calcoli di resa più precisi e, di conseguenza, a migliori risultati economici.

In secondo luogo, i risultati suggeriscono che potrebbero essere necessari degli aggiustamenti nei metodi di misurazione automatica delle macchine per ridurre queste discrepanze. Pensiamo a impostazioni più raffinate delle matrici di prezzo nelle harvester, che tengano conto in modo ancora più preciso del valore potenziale anche delle porzioni terminali del fusto.

Certo, c’è anche un altro lato della medaglia da considerare. Lasciare una certa quantità di residui legnosi (cimali, rami) sul suolo forestale può avere benefici ecologici: migliora la fertilità del suolo, aiuta a prevenire l’erosione, fornisce habitat per la biodiversità e contribuisce al ciclo dei nutrienti. Si tratta quindi di trovare un equilibrio tra la massimizzazione del prelievo legnoso e la conservazione della salute dell’ecosistema forestale. Conoscere esattamente quanto residuo viene prodotto può aiutare i proprietari forestali a prendere decisioni più informate per ottimizzare l’uso della biomassa, raggiungendo sia obiettivi economici che ambientali.

Lo studio si è concentrato sull’abete rosso, una specie cruciale per l’industria del legno europea, e in particolare sulle perdite nei cimali, colmando una lacuna nella ricerca. È un primo passo importante. In futuro, sarebbe fantastico estendere queste analisi ad altre specie arboree economicamente importanti e magari condurre un’analisi di mercato per capire quanto sia economicamente vantaggioso “recuperare” questi volumi “perduti”.

Scatto d'azione con teleobiettivo zoom da 200mm di una moderna testa abbattitrice che processa un tronco di abete rosso in una foresta illuminata da chiazze di sole, scattata con alta velocità dell'otturatore e tracciamento del movimento, mostrando segatura che vola e i bracci meccanici al lavoro, con profondità di campo che sfoca gli alberi sullo sfondo.

La prossima volta che passeggerete in un bosco dove è avvenuto un taglio, magari guarderete quei cimali lasciati a terra con un occhio diverso, pensando a tutta la scienza e l’economia che si nascondono dietro a un “semplice” pezzo di legno. E chissà, forse questo ci aiuterà a valorizzare ancora di più questa risorsa straordinaria che sono le nostre foreste.

Fonte: Springer

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