Kanamaluka Svelata: Viaggio nel Passato Sommerso delle Zone Umide della Tasmania
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, un po’ come fare i detective ambientali, ma su scala regionale. Ci tufferemo nella storia di un luogo incredibile in Tasmania, Australia: l’estuario di Kanamaluka, conosciuto anche come River Tamar. Perché è così speciale? Perché custodisce una storia di trasformazioni profonde, soprattutto nelle sue preziose zone umide tidali, quelle aree magiche tra terra e mare che brulicano di vita.
L’Enigma del Passato: Cosa C’era Prima?
Avete mai pensato a come apparivano i nostri paesaggi prima che l’uomo moderno iniziasse a modificarli pesantemente? Per Kanamaluka, uno dei primi luoghi di insediamento coloniale in Australia (parliamo del 1804!), questa domanda è cruciale. Le zone umide tidali sono state tra le prime a farne le spese, bonificate, riempite, trasformate in terreni agricoli, città, industrie. Ma quanto abbiamo perso esattamente? E come possiamo saperlo se le foto aeree dettagliate sono arrivate solo molto dopo l’inizio di questi cambiamenti?
Qui entra in gioco la nostra “missione investigativa”. Abbiamo sviluppato un approccio che ho trovato incredibilmente stimolante, chiamato AMCDA (Adaptive Multiple-Criteria Decision Analysis). Sembra complicato, ma l’idea di base è semplice: mettere insieme tanti pezzi del puzzle, come un vero detective. Abbiamo usato:
- Fonti storiche antichissime, addirittura mappe e schizzi del 1809!
- Indizi ambientali “nascosti” nel paesaggio: dati sull’elevazione (dove l’acqua poteva arrivare?), mappe geologiche (che tipo di terreno c’era?), modelli delle maree.
- Le primissime fotografie aeree disponibili, risalenti agli anni ’40 del secolo scorso.
Combinando tutte queste informazioni, caso per caso, zona per zona, siamo riusciti a ricostruire una mappa di come doveva apparire Kanamaluka prima dell’arrivo dei coloni europei e a confrontarla con la situazione attuale.
Una Scoperta Sorprendente (e un Po’ Amara)
E qui arriva la parte che mi ha davvero colpito. Abbiamo scoperto che, prima della colonizzazione, Kanamaluka ospitava la più grande distesa di zone umide tidali emerse di tutta la Tasmania: circa 2231 ettari! Un vero tesoro di biodiversità e servizi ecosistemici. Ma oggi? Ne rimane meno della metà. Abbiamo calcolato una perdita netta del 52%. Più di metà di questo ecosistema vitale è semplicemente scomparso.
Dove è Finito Tutto? Le Cause della Perdita
La maggior parte di questa perdita storica si concentra nella parte alta dell’estuario, proprio intorno alla città principale della regione, Launceston. Pensateci: circa 587 ettari dell’attuale impronta urbana e industriale di Launceston sono stati costruiti letteralmente sopra le antiche zone umide! Il sobborgo di Invermay, ad esempio, una volta era conosciuto come “The Swamp” (la palude). È impressionante realizzare come intere parti di città poggino su ecosistemi cancellati.
Ma non è solo colpa delle città. L’altra grande causa è stata la bonifica per l’agricoltura. Per secoli, in tutto il mondo, le zone umide sono state drenate con canali e protette dalle maree con argini (levees) per creare pascoli e campi coltivabili. Anche a Kanamaluka, questo processo ha contribuito significativamente alla perdita, specialmente nelle zone centrali e basse dell’estuario. Abbiamo identificato circa 471 ettari persi a causa dell’espansione agricola, spesso su terreni privati dove ancora oggi si pratica il pascolo. Un esempio lampante è l’area di Middle Point, dove vaste aree di foresta palustre a Melaleuca (una specie chiave di queste zone) sono state abbattute, lasciando solo frammenti di quello che era un ecosistema florido.
Non Solo Perdite: Piccoli Segnali di Resilienza e Nuove Sfide
Nonostante la perdita massiccia, la natura a volte trova il modo di resistere o adattarsi. Abbiamo registrato anche un piccolo aumento dell’estensione delle zone umide in alcune aree, circa 122 ettari in totale. La maggior parte di questo “guadagno” è avvenuta nella Tamar Conservation Area, dove le zone umide sembrano essersi espanse verso il mare, colonizzando le piane fangose. È un segnale piccolo, ma importante, che dimostra la dinamicità di questi ambienti.
Tuttavia, c’è un’altra ombra che si allunga su Kanamaluka: la presenza massiccia di una specie invasiva, la Spartina anglica. Introdotta deliberatamente nel 1949 (ironia della sorte, forse per “stabilizzare” i fanghi), questa pianta ha colonizzato vaste aree, formando densi tappeti che soffocano la vegetazione nativa. Ne abbiamo mappati ben 391 ettari! La sua presenza complica ulteriormente il quadro ecologico e rende difficili eventuali interventi di controllo, anche perché i sedimenti intrappolati potrebbero contenere inquinanti accumulati nel tempo in questo estuario storicamente trafficato.
Perché Tutta Questa Fatica? A Cosa Serve Sapere?
Vi chiederete: a cosa serve scavare così a fondo nel passato? Beh, per me è fondamentale per diverse ragioni:
- Stabilire una Linea di Partenza (Baseline): Senza sapere cosa c’era prima, come possiamo definire obiettivi realistici per la conservazione e il restauro? Ora abbiamo una misura quantitativa di ciò che è stato perso.
- Creare una “Mappa del Tesoro” per il Restauro: Il nostro lavoro non è solo una constatazione di perdite, ma una vera e propria “mud map” (mappa del fango, in senso buono!), che identifica le aree dove un tempo c’erano zone umide. Questo aiuta a capire dove potremmo intervenire per ripristinare, almeno in parte, questi ecosistemi.
- Combattere l'”Amnesia Ecologica”: Spesso ci abituiamo al paesaggio che vediamo oggi, dimenticando come fosse un tempo. Mostrare l’entità della perdita storica può aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica e ottenere il supporto necessario per progetti di conservazione e restauro. È più facile convincere le persone a proteggere o ripristinare qualcosa se capiscono davvero cosa è andato perduto.
- Monitoraggio e Pianificazione: La nostra mappatura dettagliata, sia storica che attuale, fornisce uno strumento prezioso per monitorare i cambiamenti futuri (speriamo positivi, grazie ai restauri!) e per informare la pianificazione territoriale, assicurando che anche le piccole zone umide residue, spesso trascurate ma importantissime, vengano protette.
Il lavoro fatto a Kanamaluka dimostra che, anche quando le informazioni sembrano scarse o frammentate, combinando diverse fonti di “prove” (storiche, ambientali, fotografiche) con un approccio flessibile e un po’ di “fiuto investigativo”, possiamo ricostruire storie ambientali complesse.
Guardare al Futuro, Imparando dal Passato
La storia di Kanamaluka è un monito potente: mostra quanto velocemente e profondamente possiamo alterare i nostri paesaggi, spesso senza renderci pienamente conto del valore di ciò che perdiamo. Ma è anche una storia di speranza. Capire il passato ci dà gli strumenti per pianificare un futuro migliore. Progetti di restauro, come quello già in corso lungo il fiume North Esk, possono iniziare a invertire la tendenza, riportando vita dove era stata cancellata.
Il nostro studio fornisce quella base storica essenziale, quella “memoria” dell’ecosistema, che può guidare questi sforzi. Spero che questo viaggio nel passato sommerso di Kanamaluka vi abbia affascinato quanto ha affascinato me, e che ci ricordi l’importanza di guardare sotto la superficie del presente per comprendere davvero i luoghi che abitiamo e per proteggere i tesori naturali che ancora rimangono.
Fonte: Springer