Suggestiva immagine del Parc del Falgar al tramonto, con le zone umide restaurate che riflettono il cielo. Obiettivo grandangolare 15mm, lunga esposizione per acqua liscia e colori caldi, catturando la bellezza e la funzione ecologica dello spazio peri-urbano.

Zone Umide Peri-urbane: Cosa Ne Pensa Davvero la Gente? Un Caso Studio Affascinante in Catalogna

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante alla scoperta di un tema che mi sta molto a cuore: come noi cittadini percepiamo i benefici che la natura ci offre, specialmente quando si tratta di ambienti preziosi come le zone umide, spesso incastonate proprio ai margini delle nostre città. Avete mai pensato a quanto siano importanti questi luoghi? Non sono solo “paludi”, ma veri e propri ecosistemi vitali che lavorano silenziosamente per noi.

Recentemente, ho avuto la fortuna di approfondire uno studio specifico condotto in Catalogna, Spagna, che si è concentrato proprio su questo: capire cosa pensa la gente dei servizi ecosistemici – ovvero tutti quei benefici che otteniamo dalla natura, come acqua pulita, aria respirabile, spazi per rilassarci o imparare – offerti da un parco peri-urbano con zone umide restaurate. Parliamo del Parc del Falgar, un esempio brillante di come le Soluzioni Basate sulla Natura (NBS – Nature-Based Solutions) possano trasformare un’area e migliorare la nostra qualità di vita.

Perché è importante? Beh, la biodiversità dei fiumi e delle zone umide nel Mediterraneo (e non solo) è in grave declino. Pensate che in Catalogna si parla di una perdita del 92% della biodiversità fluviale tra il 1970 e il 2014! È un campanello d’allarme fortissimo. Iniziative come il ripristino di zone umide sono cruciali, non solo per la natura stessa, ma anche per noi. Ma per far sì che questi progetti abbiano successo a lungo termine, è fondamentale capire come vengono percepiti e vissuti dalle persone che li frequentano.

Il Cuore Verde della Catalogna: Parc del Falgar

Immaginate un’area di circa 170.000 metri quadrati, un tempo occupata da industrie e terreni agricoli incolti, trasformata in un parco pubblico inaugurato nel 2019. Questo è il Parc del Falgar i la Verneda (che per semplicità chiameremo Parc del Falgar), situato vicino al fiume Congost, nel comune di Les Franqueses del Vallès.

La vera magia del parco, però, sta nel suo sistema fluviale artificiale: un ruscello, due zone umide e un laghetto poco profondo, progettati come una vera e propria “catena di depurazione” naturale. L’acqua, proveniente anche da impianti di trattamento vicini, scorre attraverso questo sistema. Le piante specifiche, come le alofite (tolleranti al sale) e le canne comuni (Phragmites australis), aiutano a trattenere e trasformare nutrienti come ammonio, metalli pesanti e persino microbi come l’E. coli. È un esempio fantastico di NBS che migliora la qualità dell’acqua e crea habitat per animali acquatici e terrestri. Il parco fa anche parte della rete Natura 2000, un’iniziativa europea per proteggere habitat e biodiversità vulnerabili. Oltre a questo, ci sono aree gioco, attrezzature per esercizi, percorsi per camminare e andare in bicicletta, e persino un’area designata per il birdwatching. Un vero gioiello peri-urbano!

Ascoltare la Voce della Gente: Come Abbiamo Indagato?

Per capire cosa pensassero davvero i visitatori del Parc del Falgar e dei suoi servizi ecosistemici, abbiamo usato un approccio in due fasi. Prima di tutto, siamo andati sul campo, in giorni e orari diversi, per intercettare i frequentatori del parco. Abbiamo proposto loro un questionario.

La prima parte usava la famosa scala Likert a 5 livelli (da “sono fortemente in disaccordo” a “sono fortemente d’accordo”) per valutare le loro opinioni su 25 affermazioni riguardanti il parco in generale, i servizi ecosistemici culturali (come il relax, l’estetica, le attività ricreative) e quelli di regolazione (come la qualità dell’acqua, gli odori, la manutenzione della vegetazione).

La seconda parte era un questionario socio-demografico a scelta multipla. Volevamo capire se caratteristiche come l’età, il genere, il livello di istruzione, il reddito, la frequenza delle visite, la vicinanza della propria abitazione alla natura, o l’interesse per il volontariato ambientale potessero influenzare le percezioni. Abbiamo raccolto 92 risposte valide.

Ma non ci siamo fermati qui! Abbiamo anche realizzato 5 interviste semi-strutturate con attori locali chiave: persone provenienti da agenzie municipali, università e istituti scientifici, tutti coinvolti a vario titolo con il parco. Questo ci ha permesso di approfondire i risultati del sondaggio e discutere possibili proposte di gestione per migliorare la consapevolezza dei servizi ecosistemici.

Veduta panoramica del Parc del Falgar in Catalogna, con le zone umide restaurate in primo piano e sentieri frequentati da visitatori. Obiettivo grandangolare 10-24mm, luce naturale morbida del tardo pomeriggio, messa a fuoco nitida, per catturare l'ampiezza del paesaggio peri-urbano.

Cosa Pensano Davvero le Persone? I Risultati Chiave

Allora, cosa è emerso da questa indagine? I risultati sono davvero interessanti e, per certi versi, sorprendenti!

In generale, le persone hanno una percezione positiva del Parc del Falgar. Si sentono sicure (media 4.26 su 5) e pensano che le regole del parco siano rispettate (media 4.26). Un dato che mi ha colpito molto è l’altissimo accordo sull’importanza della partecipazione pubblica per migliorare la qualità del parco (media 4.52). Questo dimostra una forte consapevolezza del ruolo della comunità.

Parlando dei servizi culturali, è emerso chiaramente che le zone umide sono percepite come un luogo di relax (media 4.08). Fantastico! Tuttavia, la conoscenza specifica delle specie di uccelli o alberi presenti nel parco sembra essere minore (media 3.05), così come l’uso delle zone umide per il birdwatching (media 3.72). Anche l’interazione sociale con altri visitatori e la connessione con la storia del paesaggio hanno ottenuto punteggi medi (intorno a 3.3).

Riguardo ai servizi di regolazione, le persone tendono a non pensare che l’acqua delle zone umide sia di cattiva qualità (media 2.41, quindi disaccordo) o che le zone umide abbiano un cattivo odore (media 2.45, disaccordo). Questo è un ottimo segnale, perché significa che i potenziali “disservizi” (come cattivi odori o percezione di incuria) non sembrano essere un problema rilevante qui. C’era invece più indifferenza riguardo alla necessità di manutenzione della vegetazione attorno alle zone umide (media 3.37).

Ma la parte più succosa arriva quando incrociamo questi dati con i profili socio-demografici. Qui le differenze si fanno sentire!

  • Età: L’età è un fattore chiave! Le persone più anziane hanno mostrato una maggiore consapevolezza della biodiversità del parco (specie animali, habitat), del progetto di restauro stesso e del miglioramento paesaggistico dovuto alle zone umide. Sembra che l’esperienza accumulata e forse una maggiore frequentazione nel tempo giochino un ruolo importante. I più giovani, invece, sembravano meno consapevoli di questi aspetti, ma magari più focalizzati su altri usi del parco.
  • Reddito e Vicinanza alla Natura: Chi vive in aree residenziali con più verde circostante e chi ha un reddito più alto tende ad essere più consapevole dei servizi culturali, in particolare delle opportunità per sport e tempo libero offerte dal parco. Chi vive più a contatto con la natura sembra anche apprezzare di più l’estetica delle zone umide.
  • Istruzione: Le persone con un livello di istruzione universitario tendevano a essere meno infastidite da potenziali disagi (come odori o difficoltà nel camminare attorno alle zone umide) e apprezzavano di più l’estetica delle zone umide rispetto a chi aveva indicato “altro” come livello di istruzione.
  • Vivere con Bambini: Chi vive con bambini sotto i 18 anni sembrava dare meno importanza simbolica o rilassante alle zone umide, ma valorizzava di più l’interazione sociale nel parco. Comprensibile, forse le priorità si spostano verso le aree gioco e le attività familiari.
  • Status Lavorativo: I pensionati, ad esempio, erano più consapevoli degli habitat forniti dalle zone umide e del progetto di restauro rispetto a studenti o persone in cerca di lavoro, ma meno consapevoli delle attività per bambini.
  • Frequenza delle Visite: Chi visita il parco più spesso tende a percepire maggiormente il miglioramento del paesaggio grazie alle zone umide. L’abitudine e l’osservazione continua fanno la differenza!

Ritratto di un gruppo eterogeneo di visitatori del parco (età diverse, famiglie, singoli) che interagiscono vicino a un pannello informativo sulle zone umide. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo media per mantenere a fuoco sia le persone che l'ambiente circostante, luce diurna.

Oltre i Numeri: Le Voci degli Esperti e le Sfide Future

Le interviste con gli esperti locali hanno aggiunto profondità a questi risultati, aprendo una finestra sulle sfide e le opportunità per la gestione del parco e la comunicazione dei suoi benefici.

Una parola chiave emersa è collaborazione. Tutti concordano che per promuovere la consapevolezza dei servizi ecosistemici serve uno sforzo coordinato tra scuole, enti pubblici, partner privati, ONG e la stessa municipalità. L’idea è creare una sorta di “governance condivisa” per la valorizzazione del parco. Ad esempio, coinvolgere le scuole potrebbe attivare un circolo virtuoso di apprendimento tra studenti e genitori.

Un’altra proposta interessante è stata quella della citizen science (scienza partecipata). Immaginate i visitatori che contribuiscono a monitorare il parco, magari segnalando fioriture algali o avvistamenti di specie particolari. Questo potrebbe aumentare il coinvolgimento e l’apprendimento. Tuttavia, sono emersi anche dubbi: la società è pronta? Le persone hanno le competenze necessarie? Servono formazione e strumenti adeguati.

E qui si apre un dibattito affascinante: come comunicare al meglio i benefici, specialmente quelli meno visibili come la depurazione dell’acqua? C’è chi spinge per un approccio più tecnologico, magari usando schermi interattivi nella “aula natura” del parco per visualizzare i processi microbiologici invisibili a occhio nudo. D’altro canto, c’è chi teme che troppa tecnologia distolga dall’esperienza diretta della natura e preferisce metodi più tradizionali e tangibili:

  • Visite guidate, magari condotte proprio dai residenti più anziani che hanno visto la trasformazione del parco e possono raccontarne la storia e l’evoluzione.
  • Attività pratiche come cacce al tesoro naturalistiche o concorsi fotografici.
  • Segnaletica informativa ben fatta e storytelling.

Probabilmente, la soluzione migliore sta in un mix equilibrato. L’aula natura potrebbe diventare uno spazio multifunzionale, capace di ospitare sia attività digitali che workshop pratici, incontri, mostre, adattandosi alle diverse preferenze di apprendimento e ai diversi gruppi di età.

Un altro punto cruciale è l’accessibilità, non solo fisica (sentieri comodi, ecc.) ma anche psicologica (sentirsi sicuri, a proprio agio) ed economica. Sebbene il reddito sembri influenzare la percezione di alcuni servizi (come quelli ricreativi), gli intervistati hanno sottolineato che l’interesse per la natura non dipende solo dal portafoglio, ma anche da fattori culturali e personali. È importante garantire che tutti, indipendentemente dal background socio-economico, possano accedere e beneficiare di questi spazi.

Dettaglio macro di una pianta acquatica (es. Phragmites australis) nelle zone umide del Parc del Falgar, con gocce d'acqua sulle foglie. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare la texture e il ruolo della pianta nella purificazione dell'acqua.

Imparare dalla Natura (e dalle Persone): Riflessioni Finali

Cosa ci portiamo a casa da questo studio? Prima di tutto, la conferma che capire le percezioni pubbliche è assolutamente fondamentale per gestire al meglio spazi naturali restaurati come il Parc del Falgar. Non basta creare un bel progetto ecologico, bisogna che le persone lo capiscano, lo apprezzino e se ne sentano parte.

Abbiamo visto che fattori come l’età, il reddito, la vicinanza alla natura e la frequenza delle visite influenzano notevolmente come percepiamo e valorizziamo i diversi servizi ecosistemici. Le persone più anziane portano con sé una memoria storica e un’attenzione alla biodiversità preziose, mentre chi vive più immerso nel verde o ha più risorse può essere più orientato verso i benefici ricreativi.

La sfida per i gestori è quella di trovare strategie di comunicazione e coinvolgimento che siano inclusive e adattive, capaci di parlare a pubblici diversi con preferenze di apprendimento differenti. Non esiste una ricetta unica. Bisogna bilanciare approcci tradizionali e innovativi, esperienze dirette e supporti digitali, coinvolgendo attivamente la comunità locale, dagli studenti ai pensionati.

In fondo, questi parchi peri-urbani e le loro zone umide sono tesori preziosi. Non solo migliorano la qualità ambientale delle nostre città, ma offrono spazi vitali per il nostro benessere fisico e mentale. Ascoltare cosa ne pensa la gente è il primo passo per assicurarci che continuino a prosperare, a beneficio sia della natura che di tutti noi.

Spero che questo tuffo nel Parc del Falgar vi sia piaciuto e vi abbia fatto riflettere sull’importanza di questi spazi e sul nostro rapporto con essi!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *