Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing, controlled lighting: una visualizzazione artistica di micropilastri di PEG trasparenti e lucidi, alcuni compressi e altri integri, che mostrano la loro resilienza ed elasticità. Sullo sfondo, una rappresentazione astratta di una rete polimerica interconnessa e omogenea, con punti luminosi che simboleggiano i legami. L'illuminazione è drammatica per enfatizzare la forza e la flessibilità.

PEG da Record: Mini-Pilastri Forti Come l’Acciaio, Elastici Come la Gomma!

Amici scienziati e curiosi di ogni sorta, preparatevi a rimanere a bocca aperta! Oggi vi racconto di una scoperta che ha del rivoluzionario, qualcosa che potrebbe cambiare il modo in cui pensiamo ai materiali polimerici, in particolare a uno dei nostri “vecchi amici”: il poli(etilene glicole), o PEG per gli intimi. Immaginate di poter prendere un materiale comune, noto per la sua versatilità e biocompatibilità, e trasformarlo in un campione di forza e resilienza su scala microscopica. Sembra fantascienza? Beh, tenetevi forte, perché è esattamente quello che siamo riusciti a fare!

Il Problema dei Polimeri: Forti ma Fragili?

Da sempre, la ricerca di materiali resistenti e leggeri è una specie di Sacro Graal. Metalli e ceramiche, quando li rimpiccioliamo a scale micro e nanometriche, mostrano comportamenti meccanici sorprendenti, diventando incredibilmente forti o addirittura più deformabili. Questo perché, a queste dimensioni, è più facile creare strutture di alta qualità, quasi prive di quei difetti che, nelle loro controparti più grandi, ne compromettono le prestazioni.

E i polimeri? Beh, sono più facili da fabbricare su piccola scala, ma finora non avevano mostrato miglioramenti meccanici così eclatanti. Spesso, quando si cerca di rendere un polimero molto reticolato (cioè con una fitta rete di legami interni che dovrebbe renderlo forte), si finisce per renderlo anche molto fragile. Questo accade a causa della formazione incontrollata di difetti durante la polimerizzazione: zone con reticolazione non omogenea, catene “penzolanti” (i cosiddetti dangling bonds) o anelli interni (loops) che agiscono come punti deboli, concentrando lo stress e portando a rotture premature.

Negli anni si sono cercate soluzioni, come la creazione di reti doppie o l’introduzione di reticolanti “sacrificali”, ma una strategia generalizzabile per ottenere reti polimeriche omogenee e quasi perfette, soprattutto per i polimeri comuni formati da polimerizzazione radicalica, era ancora un miraggio.

Ecco il PEG: Un Gigante Nascosto

Il nostro protagonista, il PEG, è un polimero amatissimo per la sua versatilità e biocompatibilità. Aggiungendo due gruppi diacrilato alle estremità (ottenendo il PEGDA), lo si può facilmente reticolare con la luce, trasformandolo in una rete polimerica. È infatti uno dei fotopolimeri più usati nella stampa 3D. Tuttavia, le strutture a base di PEG riportate finora avevano resistenze modeste, nell’ordine di qualche decina di megapascal, e quelle più “forti” erano tipicamente fragili.

Ma noi avevamo un’idea. E se potessimo usare una tecnica di stampa 3D ultra-precisa, la stampa a due fotoni, per controllare la formazione della rete polimerica a un livello mai visto prima? Questa tecnica costruisce strutture 3D punto per punto (o meglio, voxel per voxel) usando un laser. Finora, si era apprezzata soprattutto per l’alta precisione, ma noi abbiamo pensato: e se potessimo sfruttarla per creare una rete di legami incredibilmente omogenea?

Macro lens, 60mm, high detail, precise focusing, controlled lighting: un primo piano di un raggio laser focalizzato che polimerizza con precisione un minuscolo micropilastro trasparente di PEG su un substrato di vetro. L'ambiente circostante è un laboratorio pulito e high-tech, con strumenti scientifici sullo sfondo sfocato.

Abbiamo messo a punto una “ricetta” speciale per la nostra resina fotosensibile:

  • PEGDA400 (peso molecolare 400, >94% in peso) come monomero principale. La sua distanza relativamente lunga tra i gruppi vinilici favorisce la reticolazione intercatena piuttosto che la formazione di anelli interni.
  • DETC (7-dietilammino-3-tenoilcumarina, <2% in peso) come fotoiniziatore.
  • Una piccolissima quantità di PETA (pentaeritritolo triacrilato, <4% in peso) per migliorare la stampabilità.

Poi, abbiamo usato un laser a femtosecondi nel vicino infrarosso, molto potente e con alte velocità di scansione. L’idea era di generare radicali (le specie chimiche che danno il via alla polimerizzazione) in modo rapido e uniforme in ogni voxel, evitando la loro generazione non omogenea o il loro “intrappolamento”, problemi comuni nella polimerizzazione radicalica. Abbiamo ottimizzato i parametri di stampa per far reagire quasi tutti i doppi legami C=C, raggiungendo un grado di conversione vicino al 100%. L’obiettivo? Sopprimere la formazione di difetti e ottenere una rete super omogenea.

Risultati da Capogiro: Un PEG Mai Visto Prima!

Ebbene, i risultati hanno superato le nostre aspettative più rosee! I micropilastri di PEG che abbiamo stampato hanno mostrato una resistenza alla compressione ultra-elevata, fino a 2.34 GPa (e addirittura 2.68 GPa senza il PETA!), potendo sostenere una deformazione (strain) prossima al 70%. E la cosa più incredibile? Dopo essere stati schiacciati così tanto, recuperavano quasi il 100% della loro forma originale (in media il 97.2%, e circa il 90% per quelli senza PETA). Immaginate una gomma incredibilmente forte!

La tenacità (toughness) dei nostri micropilastri ha raggiunto i 310 MJ/m³. Per darvi un’idea, la resistenza alla compressione è da uno a tre ordini di grandezza superiore a quella delle strutture a base di PEG riportate in precedenza. E, cosa fondamentale, i nostri micropilastri si comportano come una gomma resiliente, non come una plastica fragile, sotto compressione.

Le analisi (Raman e Infrarosso a Trasformata di Fourier) hanno confermato che quasi tutti i doppi legami C=C (>95%) avevano reagito, suggerendo un grado di reticolazione elevatissimo (circa 1.5 punti di reticolazione per nanometro cubo!) e legami penzolanti trascurabili. La rete polimerica è risultata altamente omogenea. Quindi, questo straordinario miglioramento delle prestazioni meccaniche deriva proprio dalla soppressione dei difetti che normalmente affliggono le strutture più grandi di sistemi altamente reticolati.

Se confrontiamo i nostri micropilastri di PEG con altri materiali su microscala, come metalli, ceramiche o altri polimeri, vediamo che i nostri combinano i pregi delle gomme (grande deformabilità e recupero) e delle ceramiche (alta resistenza), espandendo lo spazio delle prestazioni dei materiali strutturali. Di solito, resistenza e compressibilità sono proprietà che si escludono a vicenda: o sei forte o sei deformabile. Noi abbiamo ottenuto entrambe!

Capire il Segreto: Esperimenti e Simulazioni

Per capire meglio, abbiamo condotto una serie di esperimenti di controllo. Ad esempio, abbiamo stampato micropilastri usando monomeri PEGDA con pesi molecolari diversi (PEGDA200, PEGDA400 e PEGDA700). Come previsto, il PEGDA200 (più corto) ha dato strutture più rigide ma che cedevano al 40% di compressione, mentre il PEGDA700 (più lungo) ha prodotto pilastri più morbidi e con un recupero peggiore. Questo conferma che possiamo “accordare” le proprietà meccaniche giocando con la formulazione.

I test di compressione in situ al microscopio elettronico a scansione (SEM) hanno mostrato che i micropilastri si deformano uniformemente. È interessante notare che, in ambiente SEM (vuoto, umidità zero), a volte osservavamo delle micro-rugosità superficiali e delle cricche. Pensiamo che questo sia dovuto al fatto che nel vuoto le molecole d’acqua assorbite sulla superficie (~6% in peso) vengono rimosse, rendendo la superficie più dura rispetto al nucleo. Questa differenza può ostacolare la propagazione delle cricche superficiali. Infatti, quando i test venivano fatti in condizioni ambientali (umidità ~60%), le cricche erano rarissime.

Telephoto zoom, 100-400mm, fast shutter speed, action tracking: un micropilastro di PEG mentre viene compresso da una punta di diamante piatta in un nanoindentatore. Si vede il pilastro che si deforma visibilmente ma senza rompersi, evidenziando la sua resilienza. Lo sfondo è tecnico, con parti metalliche dello strumento.

Abbiamo anche sottoposto i nostri micropilastri a test ciclici: 10 cicli di compressione al 50% di deformazione. Hanno mostrato un’elevata stabilità meccanica, con una ritenzione massima dello stress di circa il 90% e un recupero del 98% dopo 10 cicli. L’isteresi (l’energia dissipata in ogni ciclo) era molto bassa dopo il primo ciclo, segno di una grande efficienza elastica.

Per andare ancora più a fondo, abbiamo usato simulazioni di dinamica molecolare a grana grossa. Abbiamo creato un modello al computer che imitava i componenti della nostra fotoresist e le reazioni chimiche durante la polimerizzazione. Le curve di stress-deformazione simulate corrispondevano molto bene a quelle sperimentali! Questo suggerisce che i nostri micropilastri di PEG realizzano una rete con difetti trascurabili, raggiungendo sperimentalmente il comportamento meccanico teorico di una rete ideale.

Non Solo Pilastri: Micro-Nidi d’Ape Super Performanti

E non ci siamo fermati qui! Abbiamo stampato anche strutture a nido d’ape con una densità di 0.56 g/cm³ (densità relativa ~50%). Queste strutture hanno mostrato una risposta alla compressione non lineare, con un notevole indurimento a grandi deformazioni (fino al 60%!) senza cedimenti catastrofici. Hanno raggiunto uno stress massimo di 1.2 GPa con un assorbimento di energia vicino a 180 MJ/m³ (l’assorbimento specifico del nido d’ape è di 325 J/g) e un recupero del ~94% dopo lo scarico. Questa resistenza e tenacità sono molto superiori a quelle dei nidi d’ape polimerici precedentemente riportati con densità simili, e sono paragonabili ai detentori del record attuale, i micro-nidi d’ape di carbonio vetroso, che però sono tipicamente fragili.

Se guardiamo i diagrammi di Ashby (che mettono in relazione le proprietà dei materiali con la loro densità), vediamo che i nostri pilastri e nidi d’ape di PEG riempiono uno spazio precedentemente vuoto, offrendo combinazioni di prestazioni uniche.

Cosa Significa Tutto Questo? Prospettive Future

In sintesi, abbiamo stampato un micropilastro a base di PEG con una resistenza alla compressione che supera i 2 GPa, ordini di grandezza superiore a quanto visto prima per questo materiale. Questo micropilastro, altamente reticolato, può sostenere deformazioni fino al 70% e recupera quasi completamente la sua forma. Queste prestazioni straordinarie si ritrovano anche in strutture leggere a nido d’ape. Attribuiamo questa combinazione di alta resistenza e comportamento simile alla gomma alla reticolazione molto omogenea e alla soppressione della formazione di difetti, rese possibili dalla stampa a due fotoni.

Questo lavoro fornisce un approccio alternativo per migliorare le prestazioni meccaniche delle strutture reticolari a bassa densità. E non si limita al PEG: c’è un’ampia opportunità di stampare altre reti di alta qualità di altri materiali polimerici basati su questo semplice schema. Rispetto alle strutture di riferimento di metalli e ceramiche su piccola scala, le reti polimeriche offrono vantaggi come la facilità di fabbricazione e post-trattamento (ad esempio, gonfiaggio, riscaldamento) e la flessibilità di trasformarsi in altri tipi di materiali (come gli idrogel) e di integrarsi nei moderni microdispositivi.

Quindi, questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuove applicazioni per le strutture polimeriche su microscala: piccoli muscoli artificiali, ingegneria tissutale, elettronica flessibile, micro-attuatori. Inoltre, i recenti progressi nelle tecniche di stampa a due fotoni scalabili potrebbero aiutare a realizzare le reti polimeriche desiderate su scale più grandi. Il futuro dei polimeri ad alte prestazioni potrebbe essere… microscopico e incredibilmente forte!

Fonte: Springer

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