Un medico pediatra in camice bianco sorride rassicurante mentre tiene in braccio un neonato avvolto in una copertina, in un ambulatorio pediatrico colorato e accogliente. Obiettivo prime da 50mm, luce calda e soffusa, effetto bokeh sullo sfondo per enfatizzare il legame medico-paziente e la cura per l'RSV.

RSV: Cosa Sanno Davvero i Nostri Pediatri? Uno Sguardo dalla Croazia che Ci Fa Riflettere

Amici, parliamoci chiaro: avete mai sentito parlare del Virus Respiratorio Sinciziale, o più semplicemente RSV? Se avete figli piccoli, probabilmente sì, e magari con un brivido lungo la schiena. Questo virus è un vero osso duro, una delle principali cause di infezioni respiratorie nei bambini, soprattutto nei più piccini, e non scherza nemmeno con gli anziani. Pensate che nel 2019, a livello globale, ha causato qualcosa come 33 milioni di infezioni delle basse vie respiratorie e oltre 100.000 decessi in bimbi sotto i 5 anni. Numeri da capogiro, che ci fanno capire quanto sia cruciale affrontarlo con le armi giuste.

Ecco, proprio su questo fronte, mi sono imbattuto in uno studio croato davvero interessante, pubblicato su Springer Nature, che ha voluto vederci chiaro su cosa sanno, come la pensano e come si comportano i pediatri e gli specializzandi in pediatria della Croazia riguardo all’RSV e, soprattutto, alla sua prevenzione. E vi dirò, i risultati sono uno spunto di riflessione niente male anche per noi qui in Italia.

Ma cosa sanno e pensano i medici che sono in prima linea?

Lo studio, condotto tra giugno e agosto 2023, ha coinvolto 196 membri dell’Associazione Pediatrica Croata attraverso un questionario online. L’obiettivo era proprio quello di “tastare il polso” della situazione. Ebbene, la prima cosa che salta all’occhio è che, in termini di conoscenze generali sull’RSV, non ci sono grosse differenze tra i pediatri più esperti e gli specializzandi. Entrambi i gruppi hanno dimostrato un livello di preparazione simile. Questo, secondo i ricercatori, potrebbe essere dovuto al fatto che, specialmente dopo la pandemia di COVID-19 che ha scombussolato la stagionalità di molti virus respiratori, c’è stata una maggiore attenzione e aggiornamento su questi temi. Conferenze, seminari, articoli scientifici: i medici si tengono informati, e questo è un bene!

Interessante notare come studi precedenti, ad esempio in Italia, avessero a volte mostrato un gap di conoscenze maggiore a favore dei medici con più anni di carriera, probabilmente per la maggiore esperienza clinica accumulata. Ma qui, in Croazia, sembra che l’educazione continua e la recente attenzione mediatica e scientifica abbiano livellato il campo.

Percezione del rischio: una questione di esperienza?

Qui le cose si fanno più sfumate. Sebbene entrambi i gruppi riconoscano l’RSV come una minaccia critica per i neonati e i bambini piccoli, i pediatri con più esperienza tendono a percepire un rischio più elevato di RSV anche negli adulti (OR = 4.89, il che significa quasi 5 volte di più!). Gli specializzandi, invece, sembrano avere un focus più stretto sulla popolazione pediatrica, in particolare sui lattanti. Questo ha senso: i pediatri più navigati, nel corso della loro carriera, hanno probabilmente visto una gamma più ampia di casi e complicazioni, anche in fasce d’età diverse o in contesti familiari più ampi. La loro percezione del rischio è, per così dire, più “olistica”. Per gli anziani, la percezione del rischio era più alta tra i pediatri, sebbene la differenza non fosse statisticamente significativa.

Questo dato è importante perché l’RSV, come accennavo, non è un problema solo dei bambini. Anche gli adulti, e soprattutto gli anziani o chi ha altre patologie, possono andare incontro a forme severe. Una maggiore consapevolezza da parte di tutti i medici è fondamentale.

Un medico pediatra che esamina attentamente un neonato in un ambulatorio moderno e luminoso, utilizzando uno stetoscopio. L'immagine è scattata con un obiettivo prime da 35mm, con una buona profondità di campo che mette a fuoco sia il medico che il bambino, trasmettendo cura e professionalità. Illuminazione naturale soffusa.

Per fortuna, da qualche anno abbiamo armi più affilate. Per oltre vent’anni, l’unica opzione di immunizzazione passiva è stata il palivizumab, un anticorpo monoclonale (mAb) che ha dimostrato di ridurre la gravità dell’infezione, ma il cui costo elevato lo ha riservato principalmente ai neonati ad alto rischio (prematuri, con cardiopatie o malattie polmonari croniche). Recentemente, però, il panorama è cambiato radicalmente!

Nel 2023, sono arrivate due importantissime novità approvate dalla FDA americana (e poi anche in Europa):

  • Nirsevimab (Beyfortus™): un altro anticorpo monoclonale, ma con un’emivita più lunga, che permette una protezione per l’intera stagione RSV con una singola dose intramuscolare. È raccomandato per tutti i neonati sani sotto gli 8 mesi che entrano nella loro prima stagione RSV, e per quelli tra 8 e 19 mesi ad alto rischio. Gli studi hanno mostrato un’efficacia impressionante nel ridurre i ricoveri, tra il 70% e il 90% a seconda degli studi e delle popolazioni!
  • Il vaccino materno contro l’RSV (Abrysvo™): somministrato alle mamme in gravidanza, protegge il neonato fin dalla nascita grazie al passaggio degli anticorpi. Anche qui, i risultati sono molto promettenti, con un’efficacia dell’81.8% contro le infezioni gravi delle basse vie respiratorie nei primi 90 giorni di vita del bambino.

E non dimentichiamo gli adulti! Sono stati approvati anche vaccini per gli over 60 (Arexvy™, Abrysvo™ e più recentemente mRESVIA), e l’uso di Arexvy™ è stato esteso anche alla fascia 50-59 anni. Insomma, la scienza ha fatto passi da gigante!

Atteggiamenti verso la prevenzione: un coro (quasi) unanime

Tornando allo studio croato, la buona notizia è che la maggioranza dei partecipanti, sia pediatri che specializzandi, ha mostrato un atteggiamento largamente favorevole verso i vaccini e gli anticorpi monoclonali per la prevenzione dell’RSV. Non ci sono state differenze significative tra i due gruppi su questo punto: circa il 71-76% era d’accordo o totalmente d’accordo sull’uso degli mAb, e percentuali simili (67-70%) supportavano la vaccinazione come misura preventiva efficace. Un dato molto positivo, perché i medici sono i primi ambasciatori della prevenzione!

La stragrande maggioranza (83.6% dei pediatri e 90% degli specializzandi) era pienamente d’accordo sul ruolo degli mAb nel prevenire le complicazioni. C’era un po’ più di variabilità, invece, sul ruolo degli mAb nel prevenire l’infezione “naturale” in sé, ma comunque con una maggioranza favorevole.

Cosa influenza le opinioni dei medici?

Qui lo studio croato ci regala altre perle. È emerso che l’esperienza pregressa nell’uso degli anticorpi monoclonali (come il palivizumab) è un fattore chiave: chi li aveva già utilizzati era più propenso ad avere un atteggiamento positivo sia verso gli mAb stessi (OR = 2.10) sia verso la vaccinazione (OR = 1.89). Come dire: toccare con mano l’efficacia di uno strumento preventivo ti rende più aperto e fiducioso anche verso altre strategie.

Sono state notate anche interessanti differenze regionali. I medici della Croazia Adriatica, per esempio, mostravano un atteggiamento più favorevole all’uso degli mAb rispetto a quelli della Croazia Pannonica (OR = 3.82). Questo fa eco a studi italiani dove, ad esempio, nelle isole maggiori come Sicilia e Sardegna si riportava un uso più frequente di mAb. Forse diverse incidenze della malattia, o diverse politiche sanitarie locali, o network professionali più o meno sensibili al tema possono giocare un ruolo.

Infine, un dato curioso: il genere. I medici maschi sembravano più propensi a riconoscere l’efficacia degli mAb nel prevenire le infezioni da RSV (OR = 3.07) e anche ad averli prescritti più spesso (OR = 2.53). Un dato che, ammetto, mi ha sorpreso e che meriterebbe ulteriori approfondimenti, anche perché ricerche italiane avevano talvolta indicato una maggiore conoscenza o attitudine positiva nelle pediatre.

Un gruppo diversificato di medici, uomini e donne, in camice bianco, che discutono animatamente attorno a un tavolo in una sala conferenze moderna, con grafici relativi a dati sanitari proiettati su uno schermo alle loro spalle. Obiettivo zoom 24-70mm, luce da ufficio ben bilanciata, espressioni concentrate ma collaborative, per rappresentare il dibattito scientifico e la formazione continua.

Perché tutto questo è importante?

Capire cosa sanno i medici, come percepiscono i rischi e quali sono i loro atteggiamenti è cruciale. Sono loro che devono informare i genitori, costruire un rapporto di fiducia e promuovere le strategie preventive. Se un medico è convinto dell’importanza e dell’efficacia di un vaccino o di un mAb, sarà molto più persuasivo. E, come dimostra uno studio tedesco citato nella ricerca, i genitori si fidano del loro pediatra: l’84% non aveva mai rifiutato una vaccinazione raccomandata e il 91% si fidava delle informazioni ricevute.

Questi risultati, quindi, sono oro colato perché ci dicono dove bisogna insistere con la formazione e l’aggiornamento. Magari con strategie educative mirate, come l’apprendimento basato su casi clinici, per colmare eventuali lacune, soprattutto per quei medici che hanno meno esperienza diretta con i casi gravi di RSV. Sottolineare la gravità dell’RSV e il ruolo essenziale delle nuove strategie preventive è fondamentale.

Limiti e prospettive future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti: il campione, seppur rappresentativo per la Croazia, è relativamente piccolo e potrebbe non essere generalizzabile ad altri contesti. Sarebbe bello vedere ricerche simili su campioni più ampi, magari coinvolgendo anche altri paesi e altre figure sanitarie, come i medici di famiglia.

In conclusione, però, lo studio croato ci lascia con un messaggio di cauto ottimismo. I pediatri e gli specializzandi sono generalmente ben disposti verso le nuove armi contro l’RSV. C’è una buona base di conoscenze, ma si può sempre migliorare, soprattutto nella percezione del rischio in tutte le fasce d’età e nel superare eventuali barriere legate all’esperienza pregressa o a fattori regionali. La formazione continua, focalizzata sull’epidemiologia in evoluzione dell’RSV, sulle sue manifestazioni cliniche e sulle strategie preventive, è la chiave per garantire che i nostri bambini (e non solo loro!) siano protetti al meglio. E noi, come pazienti o genitori, facciamo la nostra parte: informiamoci e fidiamoci della scienza e dei professionisti che la applicano ogni giorno!

Fonte: Springer Nature

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *