Primo piano fotorealistico, obiettivo macro 70mm, di un dispositivo Organ-on-a-Chip funzionante. Si vedono cellule vive all'interno di canali microfluidici trasparenti (materiale COC). Luce laterale controllata, alta definizione, focus sulle cellule e sull'interfaccia materiale-liquido.

Organi-su-Chip: Occhio al Materiale! Se si ‘Mangia’ i Farmaci, Sono Guai!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona tantissimo e che sta rivoluzionando il modo in cui sviluppiamo nuovi farmaci: gli Organi-su-Chip (OOC). Immaginate di poter ricreare la fisiologia di un organo umano, come il fegato o l’intestino, su un piccolo chip microfluidico. Fantastico, vero? Questi dispositivi ci promettono di testare farmaci in modo più accurato rispetto ai modelli tradizionali (colture cellulari statiche o test su animali), avvicinandoci di più a come reagirebbe il nostro corpo e riducendo la necessità di sperimentazione animale.

Però, come in tutte le tecnologie emergenti, c’è qualche intoppo. Uno dei materiali più usati per costruire questi chip è il polidimetilsilossano, o più semplicemente PDMS. È gettonatissimo perché è trasparente, biocompatibile, facile da lavorare e persino elastico – pensate che permette di simulare lo stress meccanico sui tessuti, come avviene nei polmoni! Ha anche una buona permeabilità ai gas, utile per l’ossigenazione delle cellule.

Il Lato Oscuro del PDMS: Un Materiale un po’ “Ingordo”

Sembra perfetto, ma il PDMS ha un difetto non da poco: tende ad assorbire piccole molecole lipofile. Cosa significa? Che se state testando un farmaco un po’ “grasso” (lipofilo), il PDMS se lo “mangia”! Non si limita ad attaccarlo sulla superficie (adsorbimento), ma lo assorbe proprio nel suo volume (assorbimento), come una spugna.

Questo è un bel problema! Se il materiale del chip si pappa una parte del farmaco, la concentrazione che arriva alle cellule non è quella che pensavamo di somministrare. I dati farmacocinetici (come il corpo assorbe, distribuisce, metabolizza ed elimina un farmaco) e farmacodinamici (l’effetto del farmaco sul corpo) vengono distorti. Rischiamo di sottostimare l’efficacia o, peggio, la tossicità di un composto, prendendo decisioni sbagliate nello sviluppo di nuove terapie. Questo fenomeno è ben noto e preoccupa la comunità scientifica che lavora sugli OOC.

Nei sistemi microfluidici, poi, il rapporto tra superficie e volume è altissimo. Questo amplifica enormemente il problema dell’assorbimento rispetto a sistemi più grandi. Le proprietà della parete del canale diventano super importanti.

Alla Ricerca dell’Alternativa: Ecco il COC!

Per fortuna, la ricerca non si ferma e si cercano materiali alternativi. Uno dei candidati più promettenti è il copolimero di olefine cicliche, o COC. È un materiale termoplastico chimicamente stabile, con ottime proprietà ottiche (trasparente anche agli UV), adatto allo stampaggio a iniezione e, soprattutto, mostra un assorbimento molto più basso di piccole molecole rispetto al PDMS.

L’idea è che se un farmaco viene solo adsorbito sulla superficie (come tendenzialmente avviene con il COC), è più facile che venga rilasciato (“lavato via”) quando si cambia il mezzo di coltura. Se invece viene assorbito nel volume del materiale (come nel PDMS), può rimanere intrappolato e venire rilasciato lentamente nel tempo, magari causando contaminazioni incrociate tra esperimenti successivi o effetti indesiderati a lungo termine sulle cellule.

Immagine macro, obiettivo 90mm, di un chip microfluidico trasparente in PDMS. All'interno dei canali, piccole molecole colorate (simboleggianti farmaci) sono visibili attaccate alle pareti e parzialmente diffuse nel materiale stesso. Illuminazione controllata, alta definizione per mostrare l'interazione molecola-materiale.

La Nostra Indagine: PDMS vs COC sotto la Lente

Proprio per capire meglio queste differenze, abbiamo condotto uno studio comparativo. Abbiamo preso chip microfluidici identici nella geometria ma fatti uno in PDMS e l’altro in COC. Ci abbiamo messo dentro sette diversi composti farmaceutici, scelti per avere diverse caratteristiche chimico-fisiche, in particolare diversa lipofilia (il famoso logP, che misura quanto una molecola “ama” i grassi).

Abbiamo lasciato i farmaci a contatto con i materiali per 24 ore in condizioni controllate (37°C, 95% umidità), simulando un tipico esperimento su OOC. Dopodiché, abbiamo misurato quanto farmaco era rimasto nella soluzione usando una tecnica super sensibile chiamata cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata alla spettrometria di massa (HPLC-MS).

Cosa Abbiamo Scoperto? Il PDMS è un “Mangione”, Soprattutto di Grassi!

I risultati sono stati chiari. Per le molecole più lipofile, il PDMS ha mostrato un assorbimento massiccio. Prendiamo l’imipramina (IMI), un antidepressivo con un logP bello alto (4.80): partendo da una concentrazione di 100 µM, dopo 24 ore nel chip in PDMS ne abbiamo ritrovata solo 0.0384 µM! Praticamente scomparsa. Nello stesso esperimento con il chip in COC, la concentrazione era scesa a 31.5 µM. Ancora una perdita, ma decisamente minore. Stessa storia per la loperamide (LOP), un antidiarroico ancora più lipofilo (logP = 5.13): recupero del 5.3% in PDMS contro il 50.8% in COC.

Curiosamente, per molecole meno lipofile come la caffeina (CAF) o la primidone (PRI), le differenze tra PDMS e COC erano minime o non significative. Questo conferma che la lipofilia è un fattore chiave, ma non l’unico!

Abbiamo usato analisi statistiche multivariate (come la Redundancy Analysis – RDA) e correlazioni (Spearman) per capire quali proprietà molecolari influenzassero di più l’assorbimento. È emerso che:

  • Sia per PDMS che per COC, la lipofilia (logP) e il numero di legami ruotabili (RBC) (che indica la flessibilità della molecola) sono critici. Molecole più “grasse” e flessibili tendono ad essere assorbite di più.
  • Nel PDMS, anche l’area superficiale polare topologica (TPSA) gioca un ruolo importante. Molecole più polari sembrano recuperare meglio.
  • Nel COC, invece, contano di più il peso molecolare (MW) e il numero di accettori di legami idrogeno (HA).

Insomma, l’interazione farmaco-materiale è complessa e dipende da un mix di fattori!

Fotografia still life, obiettivo macro 100mm, che mostra affiancati due chip microfluidici, uno in PDMS opaco/nebuloso per l'assorbimento e uno in COC trasparente e pulito. Una pipetta sta aggiungendo un liquido colorato. Messa a fuoco precisa sui canali, illuminazione da laboratorio.

E Quando Proviamo a “Lavare Via” il Farmaco?

Dopo l’incubazione statica, abbiamo fatto un altro esperimento: il washout. Abbiamo fatto fluire acqua deionizzata nei canali per vedere quanto farmaco precedentemente assorbito veniva rilasciato nel tempo. Abbiamo scelto due farmaci: la primidone (PRI), che era stata poco assorbita da entrambi i materiali, e la loperamide (LOP), che invece era stata massicciamente assorbita dal PDMS.

Per la primidone, i profili di washout erano simili per PDMS e COC. Dopo le prime ore, la quantità rilasciata era minima, confermando la scarsa interazione con entrambi i materiali.

Per la loperamide, invece, le differenze erano enormi! Nei primi 5 ore di washout, la quantità totale di LOP recuperata dal chip in COC era quasi il doppio (71.5%) rispetto a quella recuperata dal chip in PDMS (37.8%). Anche nel lungo termine (tra 24 e 28 ore), il COC continuava a rilasciare più farmaco (18.4% contro il 2.8% del PDMS).

Questo ci dice una cosa fondamentale: il PDMS non solo assorbe tanto LOP, ma lo trattiene tenacemente nel suo volume (bulk absorption), rilasciandolo molto lentamente. Il COC, invece, sembra interagire più superficialmente (surface adsorption), permettendo un rilascio più facile e completo quando il farmaco non è più presente nella soluzione che fluisce.

Visualizzazione concettuale fotorealistica: un grafico che mostra due curve di rilascio di farmaci nel tempo, una bassa e lenta (PDMS) e una più alta e veloce (COC), sovrapposto a un'immagine sfocata di cellule coltivate in un dispositivo Organ-on-a-Chip. Profondità di campo, colori duotone blu e arancione.

Perché Tutto Questo è Importante per gli Organi-su-Chip?

Questi risultati hanno implicazioni enormi per chi usa gli OOC, specialmente per lo screening di farmaci e gli studi di tossicologia. Usare il PDMS con farmaci lipofili o molto flessibili può portare a:

  • Sottostima della concentrazione efficace: Se testo l’imipramina in PDMS, la concentrazione reale che vedono le cellule è bassissima (nell’ordine dei nanomolari), molto lontana dalle dosi terapeutiche (micromolari). I risultati sull’efficacia sarebbero totalmente inaffidabili.
  • Falsi negativi in tossicologia: Uno studio citato nel lavoro originale (Kemas et al.) ha mostrato che epatotossine lipofile davano tossicità in chip fatti con materiali a basso assorbimento, ma quasi nessuna tossicità in chip di PDMS. Questo è pericolosissimo, perché potremmo classificare come “sicuro” un farmaco che in realtà è tossico!
  • Rilascio lento e contaminazione: Il farmaco intrappolato nel PDMS può essere rilasciato lentamente, alterando esperimenti successivi o esponendo le cellule a concentrazioni residue indesiderate.

Il COC, con il suo minor assorbimento e rilascio più efficiente, sembra un’alternativa molto più affidabile per studi farmacocinetici e tossicologici accurati, specialmente quando si lavora con molecole “difficili”.

Certo, il PDMS ha ancora i suoi vantaggi in altre applicazioni, ma quando l’interazione farmaco-materiale è critica, dobbiamo essere consapevoli dei suoi limiti e considerare alternative come il COC. La scelta del materiale giusto è fondamentale per garantire che i nostri Organi-su-Chip ci diano le risposte affidabili di cui abbiamo bisogno per sviluppare farmaci migliori e più sicuri.

La ricerca continua, ovviamente! Serviranno altri studi per esplorare più composti, condizioni diverse (ad esempio, in presenza di cellule o fluidi biologici complessi) e per capire ancora meglio i meccanismi di desorbimento. Ma una cosa è certa: non possiamo ignorare l’impatto del materiale nei nostri esperimenti microfluidici!

Fonte: Springer

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